La utilizzano solo in 450mila, un terzo
del previsto. I sindacati: troppo complicata e farraginosa
Il flop della social card
la usano solo in 450 mila
La Cisl denuncia: "Molti anziani tagliati fuori". Sicilia in testa nell’utilizzo
di VLADIMIRO POLCHI *
SOCIAL card, un anno dopo: com’è andata a finire? A 12 mesi dal suo lancio, la carta acquisti ha raggiunto meno della metà dei "bisognosi" previsti dal ministero dell’Economia: 627mila le richieste accolte e solo 450mila i beneficiari attuali, di fronte a una previsione governativa di un milione e 300mila persone.
Cosa non ha funzionato? "Requisiti troppo stretti e procedure farraginose", rispondono i sindacati. La carta acquisti è come un normale bancomat, utilizzabile "per il sostegno della spesa alimentare, sanitaria e il pagamento delle bollette della luce e del gas". Con una particolarità: le spese, invece d’essere addebitate al titolare, vengono saldate direttamente dallo Stato. Quanto vale? 40 euro al mese, caricati bimestralmente. Istituita il 25 giugno 2008 con decreto legge 112/2008 e attuata con una serie di decreti ministeriali, la social card parte ufficialmente il primo dicembre 2008: due giorni dopo, alle ore 9.43 viene effettuato il primo acquisto tramite carta. Chi ne può fare richiesta? Pensionati e coppie con figli al di sotto dei tre anni, in stato di "bisogno assoluto". Rigidi i requisiti d’accesso: avere un reddito inferiore a 6mila euro l’anno o a 8mila se si ha un’età pari o superiore a 70 anni; avere un Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) inferiore a 6mila euro; non essere intestatario di più di una utenza elettrica e del gas; non essere proprietario di più di un autoveicolo; non detenere una quota superiore al 10% di immobili non a uso abitativo (per intenderci: non si può possedere un garage, un orto o una cantina). Nel febbraio 2009, i limiti di reddito sono stati adeguati al tasso di inflazione.
Alla fine, quanti "fortunati" hanno vinto una carta acquisti? Il 26 novembre 2008, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, annunciava che i richiedenti sarebbero stati 1 milione 300mila. Negli stessi giorni venivano inviate 780mila lettere ad altrettanti possibili beneficiari. Non solo. Secondo Tremonti, a regime la social card sarebbe costata allo Stato 450 milioni di euro. Soldi pubblici? Anche, ma non solo, visto che tra Eni e Enel le donazioni hanno toccato quota 250milioni di euro.
I problemi iniziali avevano riguardato la scarsità dei negozi convenzionati e il ritardo nelle ricariche, tanto che a metà gennaio 2009, una carta su tre risultava senza credito. E oggi, a circa un anno dal lancio, come è andata a finire? I numeri ufficiali forniti ieri dal ministero dell’Economia parlano chiaro: 830mila sono le richieste ricevute, 627mila quelle accolte. Di queste, 364mila sono domande di pensionati ultrasessantacinquenni e 263mila di genitori con figli al di sotto dei tre anni. I beneficiari attuali della carta sono però solo 450mila (ben al di sotto del milione e 300mila attesi dal ministero dell’Economia), i soldi caricati sulle carte sono stati finora 306milioni e di questi sono stati spesi 240milioni, per un totale di nove milioni e mezzo di acquisti effettuati.
Gran parte delle carte sono andate al Sud Italia, con la Sicilia a farla da campione. "Alcune regioni sono state fortemente penalizzate - criticano dalla Cisl Veneto - perché molti nostri anziani pur bisognosi per il solo possesso di un misero oro o di una cantina sono stati tagliati fuori". La Cisl sottolinea che su 180mila pensionati veneti con limiti di reddito sotto i seimila euro, nella regione a gennaio erano state rilasciate solo 12mila carte, contro le 100mila attivate in Campania (dove i pensionati aventi diritto sarebbero 140mila).
"Il fatto che la carta non abbia funzionato dimostra che avevamo ragione nel dire che non era lo strumento adatto - sostiene Carla Cantone, segretaria generale del Spi-Cgil - mettere i soldi direttamente nelle pensioni degli anziani avrebbe almeno garantito il raggiungimento della platea prevista dal governo. Platea che per noi rimane comunque troppo ristretta rispetto all’effettivo numero di pensionati poveri. Uno strumento caritatevole come la social card si è dimostrato inefficace e oneroso. Inefficace, per i numeri che si attestano sotto al 50% delle previsioni; oneroso perché la carta ha degli alti costi di gestione e perché il credito viene sospeso ogniqualvolta un pensionato non rinnova il certificato Isee, che ha scadenza annuale. Non a caso - conclude la Cantone - a noi risultano molte carte vuote, unendosi così al danno la beffa".
© la Repubblica, 21 novembre 2009