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FILOSOFIA. IL PENSIERO DELLA COSTITUZIONE E LA COSTITUZIONE DEL PENSIERO

MA DOVE SONO I FILOSOFI ITALIANI OGGI?! POCO CORAGGIOSI A SERVIRSI DELLA PROPRIA INTELLIGENZA E A PENSARE BENE "DIO", "IO" E "L’ITALIA", CHI PIÙ CHI MENO, TUTTI VIVONO DENTRO LA PIÙ GRANDE BOLLA SPECULATIVA DELLA STORIA FILOSOFICA E POLITICA ITALIANA, NEL REGNO DI "FORZA ITALIA"!!! Un’inchiesta e una mappa di Francesco Tomatis - a cura di Federico La Sala

Costituzione, art. 54 - Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge
lunedì 22 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
Non basta dire come fanno i francesi che la loro nazione è stata colta alla sprovvista. Non si perdona a una nazione, come non si perdona a una donna, il momento di debolezza in cui il primo avventuriero ha potuto farle violenza. Con queste spiegazioni l’enigma non viene risolto, ma soltanto formulato in modo diverso. Rimane da spiegare come una nazione dì 36 milioni di abitanti abbia potuto essere colta alla sprovvista da tre cavalieri di industria e ridotta in schiavitù senza far (...)

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> MA DOVE SONO I FILOSOFI ITALIANI OGGI?! --- Le "Politiche della filosofia. Istituzioni, soggetti, discorsi, pratiche" e il rapporto il tra "dentro e il "fuori" (di Michele Spanò).

martedì 5 aprile 2016

SCHEDA EDITORIALE:

Politiche della filosofia

Istituzioni, soggetti, discorsi, pratiche

a cura di Pierpaolo Cesaroni e Sandro Chignola

Derive Approdi, Pagine 224, 2016, € 17.00

      • La filosofia «politica» è da sempre sospesa in un limbo fra il campo della filosofia e quello della scienza politica: qual è il suo statuto? quale il suo canone? come si differenzia da una storia delle politiche o da una teoria politica? esiste una specificità italiana nel praticarla?
        -  Per dare risposta a tali questioni, è necessario operare un radicale spostamento di prospettiva: passare dalla «filosofia politica» a una «politica della filosofia». Perché la filosofia, checché se ne dica, è anzitutto una pratica: una pratica del sapere che produce significati, discorsi, forme di verità e falsità, istituzioni e da qui effetti sull’ambito sociale e della vita politica.
        -  Per questo occorre anzitutto interrogare l’istituzione all’interno della quale avviene l’insegnamento di questa disciplina e che è la sede di validazione dei saperi filosofici: l’Università.
        -  Si scopre allora che l’Università non è affatto un luogo neutro di trasmissione del sapere filosofico, né è sempre stata la sede nella quale veniva praticata la filosofia. Si tratta tutto sommato di un’invenzione recente, la quale ha effetti di potere sui filosofi stessi e sulla pratica del pensiero. Effetti non positivi quando l’Università diventa un’istituzione del neoliberismo. Per questo alla filosofia oggi spetta il compito di fare politica.

Indice

-  Politiche della filosofia di P. Cesaroni
-  «Corpus vivens»: gerarchie del sapere nelle università tra XII e XIV secolo di L. Rustighi
-  Processi di soggettivazione nelle corti rinascimentali. Uno sguardo archeologico di G. De Michele
-  La filosofia in esercizio. Montesquieu e il discorso dell’Accademia di P. Slongo
-  Il Conflitto delle Facoltà di Kant. L’autonomia della teoria filosofica e la prudenza della prassi politica di G. Valpione
-  Il Collège de Sociologie: l’impossibile comunità della scienza di S. Pellarin
-  L’ordine del discorso filosofico. Bourdieu, Derrida, Foucault di P. Cesaroni
-  Il soggetto istituente. Linguaggio, storia e pratica di pensiero di M. Farnesi Camellone
-  L’ufficio del filosofo. Filosofia dell’università e idolatria dello Stato nella Terza Inattuale di P. Slongo
-  Il governo o le bestie. Appunti sul metodo genealogico di R. Ercego
-  Archeologia, genealogia, attitudine. La politica della verità di Michel Foucault di C. Cavallari


Filosofia

Una disciplina che cancella la distanza tra cielo e terra

Saggi. «Politiche della filosofia», un volume collettivo per DeriveApprodi

di Michele Spanò (il manifesto, 05.04.2016)

Ammesso e non concesso che esistesse, sul modello del non meno fasullo instituere vitam, un sintagma che recitasse instituere philosophiam, la patacca maccheronica custodirebbe un potenziale polemico almeno altrettanto incendiario di quello conservato nel suo fittizio parente putativo. Se da sempre si immagina (o, più correttamente, ci si addestra a immaginare) l’ambiente della filosofia tale quale un cielo rarefatto di concetti e astrazioni, un dominio purissimo e sideralmente lontano da rapporti di forza e potere e desiderio, dalla materialità dei corpi (singolari e collettivi, di carne e di parole), allora questo volume è da intendersi come una meditata, sobria, ma insieme esatta e testarda, smentita di questa immagine e di questo immaginario.

Politiche della filosofia. Istituzioni, soggetti, discorsi, pratiche, a cura di Pierpaolo Cesaroni e Sandro Chignola (DeriveApprodi, pp. 224, euro 17) è il tentativo - topologicamente assai audace - di indicare il luogo proprio della filosofia tra il cielo (il fuori) e il dipartimento (il dentro).

Il libro esibisce il tema che lo anima - il rapporto tra filosofia e «istituzionalità» (etichetta barbara capace di condensare i concetti di «istituzione» e «istituzionalizzazione») - nel corpo che ha deciso di fabbricarsi: una collezione di saggi - dotati ciascuno di autonoma consistenza - frutto di due cicli seminariali.

Quest’origine spuria è rivendicata e insieme amplificata, oppure sabotata, dalla forma del libro: dotato di un coefficiente di riflessività elevato. Si tratta insomma, anche, di un libro sulla capacità di ereditare e di trasmettere.

L’eredità è quella del gruppo di ricerca sui concetti politici fondato a Padova da Giuseppe Duso: collettivo di studiosi singolarmente colti, agrimensori cocciuti della testualità della filosofia politica moderna, e in «divergente accordo» con la propria stessa Università; la trasmissione è ciò che spiega che quella che Cesaroni e Chignola convocano e ospitano è una generazione - non anagraficamente - precaria, per nulla «piagnona», che coltiva relazioni molteplici nello spazio (non solo della ricerca) e una buona dose di eclettismo disciplinare, testimoniando - quando si rivela generazione politica - le premesse dell’intera ricerca.

Politiche della filosofia, sarà a questo punto chiaro, ruota attorno a due fuochi (secondo l’immagine, assai cara a uno dei due curatori, dell’elisse): la filosofia politica da un lato, e l’Università dall’altro.

I due temi sono insieme dislocati e sabotati: se la filosofia politica è smascherata e costretta a confessare l’implicazione o la macchinazione che unisce e insieme estenua i due termini che ne istituiscono il sintagma urbanizzando uno e rarefacendo l’altro; così l’Università riconosce - storicamente e ancora una volta istituzionalmente - la sua dipendenza dalla filosofia e gli effetti di addomesticamento che le ha fatto subire.

A queste archeologie istituzionali i saggi che compongono il volume oppongono una soluzione: quella politica della filosofia che, moltiplicata nel numero, fornisce il titolo alla loro impresa.

Essi cioè praticano, ciascuno a modo suo e in forme più o meno tematiche, un foucaultismo ben temperato: un’interrogazione materialmente ancorata sulla costruzione e la manutenzione dell’archivio della filosofia politica.

Un’archeologia, dunque, che ricostruisce, per colpi di sonda, cosa essa sia, chi ne sia il soggetto (nei due sensi della spada) e quali siano i suoi effetti nel determinare estensione e regole del campo di sapere in cui essa interviene. La filosofia è infatti una pratica discorsiva come un’altra: essa è cioè una politica. Pratica mondana e contingente che troppo spesso finisce con il naturalizzare i suoi apparecchi operativi e con il mitizzare la propria vicissitudine storica.

Il processo di istituzionalizzazione della filosofia - inevitabile e insieme sempre problematizzabile - è ciò che i saggi si incaricano di restituire, rivelando perciò, storicamente e speculativamente, il piano di consistenza, materiale e discorsivo, che ha permesso a una politica della filosofia di installarsi, con maggiore o minore fortuna, nell’arredo dei saperi di un’epoca.

Si potrebbe perciò immaginare il programma di ricerca che il volume ha il merito di inaugurare insieme come un’indagine comparata sulle politiche della filosofia e la pratica di una politica delle politiche della filosofia.

La filosofia infatti non è chiamata a uscire dall’Università, come se questa fosse la sua prigione, ma a farsi contestazione perpetua delle proprie condizioni istituzionali di possibilità: anche all’Università, proprio all’Università. È la destinazione della filosofia all’istituzione a rendere necessaria questa operazione; pena una filosofia risolta e come dissolta nel sociale o al più tradizionale e purtroppo diffuso irrigidimento disciplinare (leggi: accademico) del sapere filosofico.

L’obiettivo, se ce n’è, non è perciò la restituzione della filosofia a quel cielo dei concetti (fossero anche i più selvaggi, i meno mediati) dove si immaginava albergasse, ma la volontà, insieme energica e studiata, di farla finita una volta per tutte, su questa terra, con quel cielo.


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