Il coraggio di un professore
di Antonio Gnoli (la Repubblica, 10.03.2014)
Poteva essere solo un tranquillo professore di filosofia greca, in un regio liceo della capitale. Un promettente studioso. Allievo di Giovanni Gentile. E poi di Guido Calogero. Gli toccò in sorte un’altra vita. Impegnata e rischiosa. Quando pensò che il fascismo fosse il peggiore dei mali, decise di combatterlo. Divenne uno dei capi della resistenza romana. Fu catturato. Morì settant’anni fa nell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Si chiamava Pilo Albertelli. Il liceo, che ha preso il suo nome, l’ha ricordato la scorsa settimana. E l’editore Mimesis ha pubblicato due libri che dedicò all’eleatismo e a Platone. Se fosse sopravvissuto, avrebbe ripreso a insegnare, tormentando gli occhiali davanti a un frammento di Parmenide.
I suoi studi, dedicati al mondo antico, non gli impedirono di provare indignazione per il contemporaneo. E di cercare la libertà che i moderni avevano smarrito. Per essa lottò e si sacrificò. Con coraggio. Consapevole che il coraggio fosse una virtù misteriosa. Che non tutti possedevano. E si sorprese, di vederla crescere in lui, in quei giorni in cui la banda Koch lo torturò orrendamente. Non fece nomi. Strizzò gli occhi miopi. E rivide la sua Grecia. Simbolo dell’Europa migliore.