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FILOSOFIA. IL PENSIERO DELLA COSTITUZIONE E LA COSTITUZIONE DEL PENSIERO

MA DOVE SONO I FILOSOFI ITALIANI OGGI?! POCO CORAGGIOSI A SERVIRSI DELLA PROPRIA INTELLIGENZA E A PENSARE BENE "DIO", "IO" E "L’ITALIA", CHI PIÙ CHI MENO, TUTTI VIVONO DENTRO LA PIÙ GRANDE BOLLA SPECULATIVA DELLA STORIA FILOSOFICA E POLITICA ITALIANA, NEL REGNO DI "FORZA ITALIA"!!! Un’inchiesta e una mappa di Francesco Tomatis - a cura di Federico La Sala

Costituzione, art. 54 - Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge
lunedì 22 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
Non basta dire come fanno i francesi che la loro nazione è stata colta alla sprovvista. Non si perdona a una nazione, come non si perdona a una donna, il momento di debolezza in cui il primo avventuriero ha potuto farle violenza. Con queste spiegazioni l’enigma non viene risolto, ma soltanto formulato in modo diverso. Rimane da spiegare come una nazione dì 36 milioni di abitanti abbia potuto essere colta alla sprovvista da tre cavalieri di industria e ridotta in schiavitù senza far (...)

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> MA DOVE SONO I FILOSOFI ITALIANI OGGI?! ---- Nell’agorà del pensiero globale (di Riccardo Pozzo e Luca Scarantino)

lunedì 26 agosto 2013

Nell’agorà del pensiero globale

di Riccardo Pozzo e Luca Scarantino (Il Sole 24 Ore, 25.08.2013)

Insolitamente fresco e ventilato, quest’anno ad Atene il mese di agosto si è rivelato propizio allo svolgimento del 23° Congresso mondiale di filosofia, che proprio nella capitale greca si è tenuto dal 4 al 10 di questo mese. «Philosophy as Inquiry and Way of Life»: questo il tema del Congresso, che rinviando a una dimensione altamente speculativa, il bios zetetikós, la vita come discussione e ricerca, si dava un compito nobile: ripensare i ruoli e le responsabilità della filosofia e dei filosofi nell’odierno mondo globale, così da individuare problemi, conflitti e iniquità legate allo sviluppo e alle trasformazioni di una civiltà ormai planetaria, interculturale e tecnologica.

In un’Atene erosa dalla crisi, in cui ogni strada del centro è costellata di mendicanti di ogni età e bambini di quattro-cinque anni si piegano su fisarmoniche più grandi di loro in questua di qualche centesimo, si è capito in fretta quale sia la posta in gioco delle dinamiche culturali contemporanee.

La capacità di pensare, di muoversi su scala globale è, anche, un antidoto contro la miseria. Certo, la filosofia greca ha dominato la scena con orgoglio. Il Congresso è stato l’occasione per celebrare il 2.400° anniversario della fondazione dell’Accademia di Platone; l’inaugurazione, forse la più suggestiva nella centenaria storia dei Congressi mondiali, ha avuto luogo nel meraviglioso anfiteatro di Erode Attico, ai piedi dell’Acropoli, e diverse sessioni si sono svolte nel quadro di siti archeologici unici al mondo: l’Accademia di Platone e nel Liceo di Aristotele, dove hanno parlato, tra gli altri, Enrico Berti, Nomuro Notomi e Dorothea Frede; la collina della Pnice, dove nacque la democrazia, e la chiesa di Aghia Fotinì, edificata sul luogo ove Platone ambientò il Fedro, sulle rive dell’Ilisso.

Nonostante le difficoltà che hanno accompagnato la preparazione, i colleghi greci hanno efficientemente accolto e guidato gli oltre 3mila partecipanti, il maggior numero nella storia dei Congressi mondiali, inaugurati a Parigi nel 1900 (l’Italia è l’unica nazione ad averlo ospitato tre volte: a Bologna nel 1911, a Napoli nel 1924 e a Venezia nel 1958).

Tra i relatori italiani presenti nelle sessioni plenarie, ricordiamo Evandro Agazzi, che ha presieduto la sessione d’apertura, e la filosofa della scienza Maria Carla Galavotti. In una sessione particolarmente affollata, Jürgen Habermas ha discusso il problema di come si possa costituzionalizzare il diritto internazionale, mentre sul nuovo realismo portava la relazione di Umberto Eco: un tema, quest’ultimo, cui era dedicata anche una tavola rotonda proposta da Maurizio Ferraris e condotta da Mario Alai, Enrico Berti, Riccardo Dottori e Riccardo Pozzo. Tra i platonisti riuniti attorno all’International Plato Society, è stata notevole la presenza dell’italiano Mauro Tulli.

Per la città il Congresso è stato anche un buon affare. «In cinque giorni - ci dice uno degli innumerevoli tassisti che stazionano ogni giorno davanti all’ingresso della Facoltà di filosofia - ho incassato oltre mille euro»: quasi il triplo della media abituale. Del resto, i manifesti del Congresso erano visibili ovunque in città.

Ma l’impatto di un incontro di questa portata non si riduce all’immediato beneficio per l’economia cittadina. Il Congresso mondiale è soprattutto un esercizio di apertura alla complessità filosofica, religiosa, culturale del mondo contemporaneo. I giornalisti locali ci chiedono in continuazione quale ne sia l’effetto pubblico, al di là della cerchia degli specialisti: la risposta è, come spesso accade in questi casi, difficile, ma appare con chiarezza se si pensa la Grecia come una parte dell’Europa.

Ci si sorprende allora a constatare come i filosofi europei, pur presenti in massa, siano tuttavia minoranza di fronte alle centinaia di studiosi russi, cinesi, indiani, sudamericani, alle decine di filippini, sudafricani, coreani, thailandesi, giapponesi, nigeriani, kazaki, agli esponenti di comunità filosofiche cui non siamo ancora abituati a pensare come protagonisti del "campus globale" in cui avviene l’elaborazione del pensiero contemporaneo. Eppure, tra i più apprezzati interventi del Congresso vanno segnalati quelli della thailandese Suwanna Satha-Anand, dell’israeliana Anat Biletzki, del cinese Chen Lai.

Sono state relazioni che hanno toccato, da punti di vista diversi ma complementari, temi universali quali la dialettica tra democrazia e religione, il "silenzio" come atto comunicativo, il confronto, a partire da un tema specifico, tra tradizioni filosofiche e culturali diverse...

Ma, al di là di queste relazioni plenarie, una miriade di simposi, tavole rotonde, sessioni di ogni genere ha fornito la misura del ruolo che le diverse tradizioni epistemiche, etiche, religiose, spirituali svolgono nell’elaborazione di un discorso culturale certo articolato ma ormai globale: temi che a lungo abbiamo considerato come appartenenti principalmente al pensiero occidentale appaiono sempre più come propri di tradizioni di pensiero affermate con forza da comunità intellettuali che emergono alla stessa velocità delle economie dei loro Paesi.

È mettendo in scena questa dimensione globale della riflessione filosofica che il Congresso ci invita ad abbandonare ogni prospettiva parziale e ad aprirci al resto del mondo. È un’esigenza che, come europei, ci tocca in modo particolare. Pensare, comunicare e in particolare fare filosofia oggi non è più possibile se non si impara a farlo su scala globale, parlando a un pubblico (Aristotele avrebbe detto: a un uditorio) che spazia al di là della comunità e della tradizione filosofica nella quale ci si è formati.


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