Il filosofo recidivo e il caso dell’articolo cancellato dal web
di Redazione (Il Giornale, 22.04.2008)
Il titolo del libro, uscito nel 1997, è Nell’Immaginario cromatico. L’autrice Alida Cresti, l’editore la piccola Medical Books di Palermo. Non si tratta certo di un best seller, piuttosto di un testo per specialisti, per psicologi.
Eppure il tema del colore e dell’immaginazione è affascinate. Insomma uno di quelli che si possono riutilizzare anche per degli articoli dotti da quotidiano. È così che il testo sarebbe diventato vittima di un altro episodio di copia e incolla a firma Umberto Galimberti. Uno «scippo» precedente a quello che ha visto coinvolta Giulia Sissa. Un caso gia finito di fronte al tribunale civile di Roma, sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale. Riemerge, però, soltanto adesso, dopo il clamore suscitato dallo scoop del Giornale.
Un caso che vanta già un’ordinanza emessa in data 30/5/2006 che, relativamente al raffronto tra Nell’Immaginario cromatico e un articolo di Umberto Galimberti intitolato La stinta metropoli che spegne le emozioni (pubblicato su Repubblica il 15 gennaio 2006 e poi apparso anche sul sito del quotidiano), recita così (pag. 3 riga 18): «Nella fattispecie, dal raffronto dei due testi ed in particolare delle pagine dalla 17 alla 23 del volume della ricorrente (Alida Cresti, ndr) emerge chiaramente che il Galimberti nel proprio articolo ha riprodotto e riportato pedissequamente interi brani del libro della Cresti, a volte invertendo semplicemente l’ordine delle parole, appropriandosi così di fronte al pubblico di espressioni narrative e concetti, frutto dell’attività creativa dell’autrice, in lesione del diritto morale di paternità dell’opera oltreché economico di distribuzione e pubblicazione della medesima».
L’ordinanza vieta a Galimberti e al gruppo editoriale l’Espresso ogni nuovo utilizzo dell’articolo anche in via telematica. Il Collegio, come spiegatoci dall’avvocato Luca Saldarelli, ha poi respinto a pochi mesi di distanza un reclamo dello stesso Gruppo l’Espresso che cercava di invalidarla (il 19/07/2006), confermando il provvedimento del giudice monocratico.