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La "radici" della politica e la politica delle "radici"...

L’EUROPA, IL KOSOVO, E LA REALTA’ NEGATA. I NAZIONALISMI VIOLENTI, LA LOGICA FAMILIARE-MAFIOSA E LA CATTURA DELLO STATO. L’analisi dei Barbara Spinelli - a cura di pfls

domenica 24 febbraio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Il protettorato Nato-Onu è stato in realtà un disastro. Lo spiega nei dettagli un rapporto redatto nel 2007 dall’Istituto di Politica Europea di Berlino, per l’esercito tedesco: in quasi nove anni, Onu e Nato hanno consentito che nascesse uno Stato criminale, che mescola radicalismo politico, servizi deviati, razzismo, mafia. Quasi tutti i suoi dirigenti, a cominciare da Hashim Thaci (premier dal novembre 2007) hanno militato nell’Armata di liberazione del Kosovo, e sono legati alla (...)

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> L’EUROPA, IL KOSOVO, E LA REALTA’ NEGATA. I NAZIONALISMI VIOLENTI, LA LOGICA FAMILIARE-MAFIOSA E LA CATTURA DELLO STATO. ---- Mosca insiste: «Il Kosovo genererà terrorismo».

domenica 24 febbraio 2008

Mosca insiste: «Il Kosovo genererà terrorismo»

Tiri il sasso e ritiri la mano. Si fa così per mandare un avvertimento e evitare un contraccolpo immediato, anche in diplomazia. Così fa la Russia sul Kosovo e i fermenti di guerra nei Balcani. Venerdì parole veementi che evocavano una reazione armata sono state pronunciate dal rappresentante russo presso la Nato Dimitry Rogozin e poi smentite. Rogozin è noto per le sue posizioni ultra nazionaliste e anti cecene ed è stato scelto da Putin proprio per questo. Sabato, dopo la smentita sull’intervento armato, un altro sasso. Questa volta viene da un consigliere del presidente Vladimir Putin ha affermato che il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo equivale a caricare un’arma e rafforzerà inevitabilmente il terrorismo.

«Con il Kosovo ora è stata caricata un’arma e nessuno può prevedere quando riecheggerà il colpo», ha affermato Anatoly Safonov, inviato di Putin per la cooperazione internazionale nella lotta contro il terrorismo e il crimine organizzato, in un’intervista all’agenzia Interfax. Safonov ha fatto un parallelo con la Conferenza di Monaco del 1938, in cui si decise la cessione della regione dei sudeti, nell’allora Cecoslovacchia, alla Germania nazista. «Il rischio è di scatenare una potente macchina di distruzione, con conseguenze imprevedibili. È un peccato che abbiano dimenticato le lezioni del passato, compresa quella di Monaco del 1938», ha detto Safonov. L’esperto ha affermato che i «jihadisti del terrore» rimasti finora sotto copertura in Kosovo potranno uscire allo scoperto: «Molti Paesi ritengono che separatismo e terrorismo siano anelli della stessa catena. È chiaro che le pulsioni terroristiche si rafforzeranno e il già traballante diritto internazionale non potrà che risentirne».

Molti pensano, da Pino Arlacchi e altri in Italia, lo scrittore austriaco Peter Handke che il Kosovo sia da considerare alla stregua di un narco-stato, un territorio sotto lo stretto controllo di clan criminali dediti al commercio di armi e droga.

Putin è sulla stessa linea. Parlando della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo di domenica scorsa ai dirigenti della Cei (l’ex Urss meno gli stati Baltici) si è limitato a dire in questi giorni che si tratta di un «precedente orribile». E che «de facto fa saltare tutto il sistema di relazioni internazionali, esistente non da decine, ma da molte centinaia d’anni». «Non pensano al risultato di quello che fanno - ha aggiunto evidentemente riferendosi ai paesi che hanno optato per il riconoscimento del nuovo stato - alla fine è come un bastone con due estremità, un giorno una delle due li colpirà in faccia».

Ma il suo delfino e attuale vicepremier Dmitri Medvedev, sarà a Belgrado lunedì per colloqui con i leader serbi dedicati, in particolare, alla crisi sul Kosovo. E non per parlare di armi, ma di gas. Tra gli argomenti in agenda durante la visita di Medvedev - candidato alla successione di Putin al Cremlino con le elezioni presidenziali del 2 marzo e che è anche presidente del colosso del gas russo Gazprom - ci sono infatti le prospettive di sviluppo dell’asse energetico creato di recente fra Mosca e Belgrado dopo l’acquisizione della compagnia petrolifera pubblica serba Nis da parte di Gazprom.

Per ora tutti protestano con la Serbia ma nessuno se la sente di dire che le obiezioni russe sono sbagliate sul piano del diritto internazionale. Ma tra Usa e governo di Belgrado c’è un rimpallo di accuse per la responsabilità degli incidenti. Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, afferma che la polizia e il governo serbo, secondo la Rice, «hanno fallito» non essendo riusciti a garantire la sicurezza delle sedi diplomatiche. Ma il sottosegretario di stato americano Nicholas Burns si è lanciato in una previsione di questo tipo: il Kosovo entrerà presto a far parte della Nato.

Intanto gli ambasciatori dei Paesi dell’Unione europea in Bosnia hanno respinto la risoluzione adottata dal parlamento della Republika Srpska (Rs) in cui si proclamava il diritto a sottoporre a un referendum l’ indipendenza dell’entità statale serbo-bosniaca, sulla scia di quella proclamata dal Kosovo. «I capi delle missioni (dei Paesi membri) dell’Ue respingono fermamente questa risoluzione», si legge in una nota congiunta diffusa a Sarajevo, nella quale si sottolinea come le due entità che, in base alla Pace di Dayton, formano la Bosnia- Erzegovina (la Rs e la Federazione Croato-musulmana), «non hanno diritto alla secessione». In base alla risoluzione adottata giovedì sera dal parlamento di Banja Luka, «se un numero significativo di Paesi membri dell’Onu, e in particolare i membri della Ue, riconosceranno l’indipendenza del Kosovo...l’Assemblea ritiene che questo sarebbe un precedente nel riconoscimento del diritto all’autodeterminazione, compreso quello della secessione. In un tale ambito, la Republika Srpska ritiene di avere il diritto a organizzare un referendum per determinare il proprio status», recita ancora il testo della risoluzione. Per il ministro serbo per il Kosovo, Slobodan Samardzic, accusa Washington: «Sono gli Stati Uniti i principali responsabili di tutti gli incidenti avvenuti dal 17 febbraio». Le autorità serbe parlano di «atti vandalici isolati», specificando di aver arrestato quasi 200 persone che hanno preso parte ai disordini.

L’identità dell’uomo trovato morto nell’incendio dell’ambasciata Usa è stata accertata. Si chiamava Zoran Vujovic, aveva 21 anni, era uno, studente di Novi Sad, città a 70 chilometri da Belgrado. Il corpo è stato identificato dal padre Milan che insieme alla moglie Ljiljana avevano denunciato la sua scomparsa.

Il ragazzo, serbo della minoranza serba in Kosovo aveva voluto alla grande manifestazione che ha portato nella capitale serba oltre 150mila persone insieme al suo fratello minore Lazar e alcuni amici. Ma poi giovedì sera non aveva fatto ritorno a casa. E non rispondeva più neanche al telefono. Così la famiglia ha fatto denuncia di scomparsa alla polizia. L’identità del corpo è stata confermata anche dal perito del tribunale.

Alcuni giornalisti hanno notato che molti dei ragazzi coinvolti negli scontri con la polizia e nelle devastazioni e saccheggi a margine della manifestazione nazionalista facevano parte di gruppi ultrà delle più importanti tifoserie di calcio. Come a Napoli, insomma. Ma la storia di Zoran è diversa.

Secondo quanto scrivono i giornali serbi La famiglia Vujovic si era trasferita a Novi Sad dopo aver lasciato Caglavica, un villaggio serbo vicino a Pristina, capitale del Kosovo, nel luglio 1999. Gli Vujovic avevano preso questa decisione dopo una campagna aerea di bombardamenti della Nato che avevano messo fine al conflitto del 1998-99 tra le forze serbe e la guerriglia separatista albanese del Kosovo.

Sabato intanto altre 42 persone, fra cui diciannove minorenni, sono state arrestate a Zagabria in Croazia per aver dato vita ieri ad una movimentata manifestazione nella centralissima piazza Jelacic inscenata per protestare contro l’attacco all’ambasciata croata a Belgrado nel corso del quale è anche stata data alle fiamme una bandiera della Croazia.

* l’Unità, Pubblicato il: 23.02.08, Modificato il: 23.02.08 alle ore 17.25


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