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Giustizia

Why not non è più nelle mani di De Magistris, che dice: "Ci avviamo al crollo dello stato di diritto"

mercoledì 24 ottobre 2007 di Emiliano Morrone
PM CATANZARO: AVOCATA INCHIESTA ’WHY NOT’
CATANZARO - Ansa - La Procura generale di Catanzaro ha avocato l’inchiesta Why Not sul presunto uso illecito di
finanziamenti pubblici di cui era titolare il pm Luigi De Magistris. Lo si è appreso stamani in ambienti giudiziari.
L’avocazione è stata disposta dal procuratore generale facente funzioni, Dolcino Favi, e sarebbe stata motivata da una presunta incompatibilità di De Magistris nel procedimento legata alla richiesta di trasferimento (...)

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> Why not non è più nelle mani di De Magistris, che dice: "Ci avviamo al crollo dello stato di diritto" - CSM, NON C’E’ TEMPO DA PERDERE (di Carlo Federico Grosso).

lunedì 22 ottobre 2007

LO SCONTRO DI CATANZARO

Csm, non c’è tempo da perdere

di CARLO FEDERICO GROSSO (La Stampa, 22/10/2007)

Il Procuratore generale di Catanzaro ha avocato l’altro ieri l’inchiesta «Why not» nella quale sono indagati il presidente del Consiglio Prodi e, da tre giorni, il Guardasigilli Mastella. L’ha così sottratta al pm De Magistris che stava svolgendo le indagini.

Nei confronti di De Magistris, Mastella aveva chiesto un paio di mesi fa che la sezione disciplinare del Csm disponesse il trasferimento d’ufficio a causa di asserite irregolarità commesse nell’espletamento delle indagini. L’ultima iniziativa, l’avocazione, ha sicuramente creato un’ulteriore complicazione destinata ad alimentare nuove roventi polemiche.

Anche se non si conoscono gli atti, né quelli depositati al Csm, né quelli che hanno indotto il Procuratore generale di Catanzaro ad avocare l’inchiesta, non è difficile farsi una idea della situazione. Comunque la si valuti nei dettagli, è una situazione nel suo complesso bruttissima, dalla quale tutti i protagonisti rischiano di uscire malconci: ministro della Giustizia, governo, pubblico ministero, Avvocato generale, alla lunga lo stesso Csm.

Innanzitutto, analizziamo l’iniziativa originaria di Mastella volta a rimuovere De Magistris. Essa rientrava nelle prerogative che la nuova legge sull’ordinamento giudiziario ha assegnato al ministro. Non era, tuttavia, iniziativa di routine, poiché nei confronti di De Magistris era già aperta una normale azione disciplinare, e un’ulteriore iniziativa diretta a rimuovere in via cautelare il magistrato rappresentava un’escalation giustificabile soltanto sulla base della gravità della situazione e dell’urgenza d’intervenire. C’erano davvero gravità e urgenza? Come sappiamo, la sezione disciplinare del Csm si è già riunita, ma ritenendo di non poter pronunciarsi all’istante, anche perché il ministro, nell’imminenza dell’udienza, aveva depositato moltissime nuove carte, ha rinviato di oltre tre mesi la decisione. Se c’è stato un rinvio così lungo, si può arguire che i consiglieri che hanno visto gli atti non abbiano giudicato la situazione né tanto grave né tanto urgente, smentendo implicitamente il Guardasigilli.

E De Magistris? Ci si sarebbe aspettati che il magistrato, pur legittimato dalla decisione interlocutoria del Csm a proseguire nelle indagini, usasse di una normale prudenza: continuasse nell’inchiesta, ma si astenesse da iniziative clamorose fino a che il Csm avesse deciso sul merito della richiesta di trasferimento d’ufficio. Reso forse baldanzoso dalla vittoria interinale conseguita e dal sostegno nel frattempo ottenuto dalla piazza e da taluni schermi televisivi, egli ha fatto invece tutt’altro: sulla base degli elementi che ha acquisito investigando, non ha esitato a iscrivere nel registro degli indagati il ministro. Si badi, quando emergono profili che giustificano un’iscrizione, il pm ha l’obbligo di farlo. Tutti sappiamo che c’è tuttavia modo e modo di operare, che c’è sempre una certa discrezionalità nel valutare. Possibile che, emersa un’ipotesi di reato a carico del Guardasigilli che aveva richiesto il suo allontanamento, fosse per lui assolutamente indispensabile procedere a un’iscrizione immediata piuttosto che attendere il breve lasso di tempo che lo separava, ormai, dalla decisione del Csm?

Veniamo ora all’ultimo episodio, l’avocazione del Procuratore generale. Può darsi che il provvedimento sia formalmente legittimo, poiché l’art. 372 c.p.p. prevede che l’avocazione può essere disposta dal Procuratore generale in caso d’incompatibilità del magistrato designato e poiché, come ha scritto ieri sul Corriere della Sera Vittorio Grevi, se il magistrato non è stato sostituito dal Procuratore della Repubblica, è prevista appunto l’avocazione da parte della Procura generale. Si tratta, comunque, d’iniziativa discrezionale. Ebbene, davvero il Procuratore generale prima di togliere il processo «Why not» a De Magistris non ha pensato che, facendolo, avrebbe indotto grandissimi sospetti? E allora, era davvero necessario o opportuno avocare? Non sarebbe stato, ancora una volta, prudente attendere le decisioni del Csm? Perché, allora, non ha atteso? Oggi, dopo l’avocazione assunta, molti sono legittimati a pensare che la politica, o, peggio, che la politica e il comitato di affari che operava in Calabria abbiano messo ben più di un semplice zampino nell’assunzione di tale improvvida decisione. Il che è tanto più deleterio se si considera che implicati nel processo sono, addirittura, il presidente del Consiglio e il ministro della Giustizia in carica e che nessun sospetto dovrebbe sfiorarli.

Ieri mi hanno d’altronde sconcertato le accuse di complotto ai loro danni che sono state lanciate sia da Mastella sia da De Magistris. Capisco che il ministro possa essere stravolto dalla circostanza di aver appreso a mezzo stampa la notizia della sua iscrizione e che possa temere gli sviluppi della situazione che lo coinvolge. Capisco che il pubblico ministero possa essere a sua volta molto teso a causa degli eventi che lo stanno sovrastando. Dato che si tratta di soggetti che, con le loro condotte forse non sempre provvide, hanno contribuito non poco a creare il difficilissimo impasse istituzionale di fronte al quale ci troviamo, il silenzio sarebbe stato, come si dice, d’oro.

La palla passa ora al Csm. A questo punto è essenziale che tale istituzione decida ad altissima velocità. Che magari, se fosse possibile, anticipasse addirittura l’udienza sul trasferimento d’ufficio chiesto nei confronti di De Magistris, fissata per i primi di dicembre. Come dicevo all’inizio, se il Csm non riuscisse a disinnescare la miccia assumendo in totale trasparenza decisioni condivise, rischierebbe esso stesso di uscire malconcio dalla vicenda.


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