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DANTE E LA "MONARCHIA" DI AMORE. L’Arca dell’Alleanza, il Logos, e l’ordine di Melchisedech...

DANTE ALIGHIERI (1265-1321)!!! LA LINGUA D’AMORE: UNA NUOVA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO. CON MARX E FREUD. Una "ipotesi di rilettura della DIVINA COMMEDIA" di Federico La Sala (in un "quaderno" della Rivista "Il dialogo"), con prefazione di Riccardo Pozzo.

AL DI LÀ DELL’EDIPO E DEI VECCHI HEGEL HEIDEGGER HABERMAS E RATZINGER. Nel 200° anniversario della pubblicazione della "Fenomenologia dello Spirito" di Hegel (1807)
martedì 23 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
L’Arca dell’Alleanza del Logos e il codice di Melchisedech
La Fenomenologia dello Spirito... dei “Due Soli”. Ipotesi di rilettura della “Divina Commedia”.
di Federico La Sala
IL DIALOGO/Quaderni di teologia, Martedì, 24 luglio 2007

VIRGILIO A DANTE: "«[...]Dunque: che è? perché, perché restai?/perché tanta viltà nel core allette?/perché ardire e franchezza non hai?/poscia che tai tre donne benedette/curan di (...)

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> DANTE ALIGHIERI (1265-1321)!!! ---- IL POETA GIUDICE. Dante e il tribunale della Commedia -di Nino Borsellino (rec. di Piero Boitani - iIl giudice ultraterreno).).

domenica 23 ottobre 2011

Il giudice ultraterreno

di Piero Boitani (il Sole-24 Ore, 23 ottobre 2011)

«Chi dà a Dante il diritto di ergersi a giudice del l’umanità?», domandava in pubblico, qualche anno fa, durante un convegno, una mia amica inglese. «Nessuno: se lo prende da solo», le risposi. E lo fa, si deve ora dire con Borsellino, perché ha un senso e un bisogno profondissimi della giustizia, di cosa essa dovrebbe essere. Sulla porta dell’inferno Dante piazza un’iscrizione che lascia noi moderni turbati: «Giustizia mosse il mio alto fattore: / fecemi la divina potestate, / la somma sapienza e ’l primo amore». L’inferno è stato creato da Dio per giustizia: poiché sulla terra essa non è mai perfetta, e lascia spesso impuniti i colpevoli mentre punisce talvolta gli innocenti, Dio ha fatto l’inferno perché racchiuda in maniera definitiva, per tutta l’eternità, il male del mondo.

Dante non ha né atteggiamenti politicamente corretti né inclinazioni teologiche moderne (l’inferno esiste, dicono alcuni teologi oggi, ma è vuoto, perché in Dio, perfettamente giusto, prevale la misericordia). Tuttavia, ha anche dei dubbi tremendi. Quando nel paradiso incontra gli spiriti giusti e questi formano un’aquila luminosa di stelle, si domanda: uno nasce in India, dove non c’è chi gli predichi il Cristianesimo; le sue azioni sono tutte buone secondo ragione, non commette peccato in pensieri, parole, opere, ma muore non battezzato: «Ov’è questa giustizia che ’l condanna? / ov’è la colpa sua, se ei non crede?». Il buono che non sia stato battezzato finisce, nell’ottica di Dante, al Limbo, che è pur sempre una parte dell’inferno. L’aquila si risponde da sola: nessuno è mai salito in paradiso che non abbia creduto in Cristo, ma l’intendimento di Dio non può essere sondato dall’intelletto umano: il giorno del Giudizio, ci saranno degli Etiopi che condanneranno quei Cristiani dell’apparenza i quali si battono il petto invocando Cristo tutto il giorno!

E poi, esiste anche, grandissimo, il problema della giustizia terrena, umana, e di quella poetica in particolare. Il potente, colui che governa (Giustiniano, Carlo Martello), può essere sempre giusto? E che giustizia è quella che condanna, mettiamo, Paolo e Francesca, Ulisse, o addirittura, in prospettiva, Guido Cavalcanti? Insomma, che giudice è Dante?

Nino Borsellino affronta tutti questi problemi in maniera pacata e sapiente nel libro che inaugura una serie di «Saggi e ricerche» pubblicati dalla Fondazione Sapegno (il suo maestro). Tre splendidi capitoli introduttivi esaminano il problema del rapporto tra giustizia e letteratura quale i millenni, ormai, hanno posto, e il passaggio, in questo ambito, dal divino all’umano: dalla Bibbia a Eschilo a Dante, appunto. Quindi, il corpo centrale affronta, con una serie di indagini su singoli temi o episodi, i «teatri delle cantiche»: l’idea stessa di una natura teatrale della Commedia è feconda, ed ecco svolgersi sotto i nostri occhi le scene memorabili delle metamorfosi, del Limbo, di Farinata e Cavalcante, di Malebolge; poi quelle del Purgatorio (tra i capitoli più affascinanti del volume, quelli su Stazio e Forese); infine quelle del del Purgatorio (tra i capitoli più affascinanti del volume, quelli su Stazio e Forese); infine quelle del Paradiso: Giustiniano, Carlo Martello, Cacciaguida. Una lettura per gradi, appassionatamente argomentata.

Nella sua "pietas", Borsellino salva anche Guido Cavalcanti, il cui celebre "disdegno" non sarebbe rivolto a Beatrice, ma soltanto a Virgilio (dunque non alla fede, ma alla ragione), e gli pronostica il purgatorio, «il luogo della penitenza per la salvezza... dove amici e poeti e artisti indugiano col pellegrino che li ha collocati sulla sua strada, quando la memoria delle passioni testimonia ormai di un riscatto». Ho i miei dubbi, ma come si richiede ai giurati prima del verdetto: si deve esser convinti al di là di ogni ragionevole dubbio. Meglio assolvere un colpevole che condannare un innocente.

Nino Borsellino, Il poeta giudice. Dante e il tribunale della Commedia, Nino Aragno, Torino, pagg. 266, € 15,00


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