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DANTE E LA "MONARCHIA" DI AMORE. L’Arca dell’Alleanza, il Logos, e l’ordine di Melchisedech...

DANTE ALIGHIERI (1265-1321)!!! LA LINGUA D’AMORE: UNA NUOVA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO. CON MARX E FREUD. Una "ipotesi di rilettura della DIVINA COMMEDIA" di Federico La Sala (in un "quaderno" della Rivista "Il dialogo"), con prefazione di Riccardo Pozzo.

AL DI LÀ DELL’EDIPO E DEI VECCHI HEGEL HEIDEGGER HABERMAS E RATZINGER. Nel 200° anniversario della pubblicazione della "Fenomenologia dello Spirito" di Hegel (1807)
martedì 23 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
L’Arca dell’Alleanza del Logos e il codice di Melchisedech
La Fenomenologia dello Spirito... dei “Due Soli”. Ipotesi di rilettura della “Divina Commedia”.
di Federico La Sala
IL DIALOGO/Quaderni di teologia, Martedì, 24 luglio 2007

VIRGILIO A DANTE: "«[...]Dunque: che è? perché, perché restai?/perché tanta viltà nel core allette?/perché ardire e franchezza non hai?/poscia che tai tre donne benedette/curan di (...)

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> DANTE ALIGHIERI (1265-1321)!!! --- STORIA E STORIOGRAFIA. Nota a margine di un’intervista al teologo Elmar Salmann sulla "tragedia dell’uomo democratico" ("L’Osservatore Romano").

giovedì 15 giugno 2023

STORIA #ANTROPOLOGIA #CATTOLICESIMO E "#DISAGIO DELLA #CIVILTÀ" (S. #FREUD, 1929): #DANTE2021.

DIVINA COMMEDIA. #Remi Brague - ricorda #Elmar #Salmann (nella sua intervista*) «ne "Il futuro dell’Occidente" auspica un ritorno alla #Romanitas» .... ma della sollecitazione di #Dante Alighieri (e di Immanuel #Kant) di aprire il discorso su "quella #Roma onde #Cristo è romano" (Pd., XXXII, 102) ancora non se ne parla. Forse, è bene #ricordare, mi sia lecito, la lezione magistrale di #KarlBrandi che, a conclusione della sua "lettura" della figura di "#CarloV" (1935), rievoca (con queste parole) la figura del "gran cancelliere #Mercurino di #Gattinara, il cui ideale imperiale non era stato diverso dal sogno imperiale di #Dante; e aveva espresso la fede in un ordinamento del mondo retto dall’Impero e dal Papato, ciascuno nella sua sfera, l’uno e l’altro pienamente e sovranamente responsabili verso l’intera umanità"; e, ancora, che Ernst H. #Kantorowicz, nel suo lavoro su "I due corpi del re" (1957), intitola e dedica l’intero ultimo capitolo a "La regalità antropocentrica: Dante".

Federico La Sala


RISUS PASCHALIS - VERSO LA PENTECOSTE CON LA GIOIA DELLA RESURREZIONE

L’allegria della vita e della mente

di Elmar Salman (L’Osservatore Romano. 19 aprile 2021

«La mente si nutre soltanto di ciò che la rallegra», scrive Agostino. La mente può essere tante cose: acuta, tagliente, speculativa, vispa, teorica o pratica, empatica o analitica, stupida ed intelligente. Ma di cosa si nutre? Cosa la fa intuire, comprendere, accogliere la realtà di sé, dell’altro, di un pezzo di questo mondo? Forse solo ciò che la convince, conforta, che allarga i suoi orizzonti, che la fa respirare. In un tale clima rinascono e risorgono sia il soggetto che quella briciola del cosmo che viene illuminata da esso. È un momento di gioia, che può creare un habitus, un’allegria o letizia o serenità nell’intimo dell’uomo.

L’allegria è il titolo della prima raccolta di poesie di Giuseppe Ungaretti, di quella catena aurea, di quel rosario doloroso e gioioso di opere che marca le stagioni della Vita di un uomo: Il porto sepolto, Sentimento del tempo, Il Dolore (Giorno per giorno), Il taccuino del vecchio, La terra Promessa - col cantico di una piccola e potente risurrezione: Per sempre. Vi si conserva e rinnova il tono fresco, immediato, laconico e coinvolgente dei suoi esordi, di quelle splendide poesie che si devono alla illuminazione di un attimo e che da parte loro fanno brillare la sorte degli uomini, perfino nella stagione della Prima guerra mondiale. Una letizia malgrado tutto.

E Gesù, conosceva lui l’allegria della mente, il sorriso raggiante, ironico, irenico, confortante? La sua vita è impensabile senza la gioia dei pranzi condivisi, dell’ospitalità, della vicinanza sorprendente ai malati e depressi per via della sua gratia elevans, senza l’umorismo nascosto, leggiadro e leggero del Discorso sulla Montagna, dove fa passare in rassegna gli uccelli, i gigli, i capelli, i passeri, i pagani, la regina di Saba, solo per stuzzicare l’esperienza della libertà vangelica, per allargare i suoi spazi di manovra e di letizia. O prendiamo la domanda di Giovanni 8: «Chi di voi è senza peccato...»: non lo dice con tono perentorio, smascherante, cinico, ma forse con un lieve sorriso, sapiente, triste e confortante che rispecchia la verità della condizione umana, condividendola.

Nel vangelo come messaggio lieto ritroviamo il clima che Ungaretti sa cogliere nella poesia “Senza più peso”: «Per un Iddio che rida come un bimbo,/ Tanti gridi di passeri,/ Tante danze nei rami,/ Un’anima si fa senza più peso,/ I prati hanno una tale tenerezza,/ Tale pudore negli occhi rivive,/ La mani come foglie/ s’incantano nell’aria.../ Chi teme più, chi giudica?».

Un piccolo canto della risurrezione, che, forse, invera la promessa che Italo Calvino esprime all’inizio delle sue Lezioni americane: l’opera della poesia sarebbe quello di togliere i falsi pesi alla realtà.

E se questo fosse anche l’operazione più intima e “graziosa” della religione?


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