Lenin e gli scritti su Tolstoj
di Armando Torno (Il Sole-24 Ore, 24 febbraio 2017)
Chiunque abbia visitato la casa dove morì Lenin a Gorki, non lontano da Mosca, rimane colpito osservando i libri della sua biblioteca qui ricostruita in anni recenti. In particolare, in un armadio che il rivoluzionario aveva fatto trasportare dal suo studio del Cremlino, vi sono le opere dei suoi tre scrittori di riferimento: Dostoevskij, Cechov, Tolstoj.
A dire il vero Lenin adorava soprattutto Cechov, la cui immagine figura anche sul calendario appeso nella stanza dove morì. Dostoevskij lo meditava, forse per le tensioni religiose che sapeva e sa evocare, così come l’avrebbe studiato attentamente l’ex seminarista Stalin; anzi, nella biblioteca di quest’ultimo è conservata una copia de “I Fratelli Karamazov” con note e sottolineature (tranne nelle pagine del Grande Inquisitore).
Tolstoj, invece, conte e pacifista, uno dei più grandi scrittori di ogni tempo, Lenin lo amava considerandolo “specchio della Rivoluzione russa”. In tal caso, si deve intendere quella del 1905, che spiega molte cose della successiva, la più celebre, scoppiata nell’ottobre del 1917.
Lenin, uomo di vaste letture, dedicò a Tolstoj tra il 1908 e il 1911 sei articoli. Apparvero su riviste e quotidiani. Si tratta di scritti d’occasione, quali gli ottant’anni dell’autore di “Guerra e pace” o la sua scomparsa. Per il futuro rivoluzionario questo scrittore riuscì a comprendere più di altri il desiderio di una società diversa; si era accorto, dopo l’abolizione del 1861 della servitù contadina, che il vecchio giogo si stava trasformando grazie al “capitalismo delle proprietà terriere”.
Scrive Lenin nel novembre 1910: “La sua protesta calorosa, appassionata, a volte impietosamente aspra, contro lo Stato e la Chiesa ufficiale poliziesca, traduce i sentimenti della democrazia contadina primitiva in seno alla quale secoli di servitù, di arbitrio e di brigantaggio amministrativo, di gesuitismo ecclesiastico, di menzogna e di truffe hanno accumulato montagne di collera e di odio”.
Rileggendo queste parole si avverte anche l’oratore Lenin e con un simile viatico si possono meditare le brevi e dense pagine dei suoi “Scritti su Tolstoj”, ora tradotti e pubblicati, con una introduzione di Roberto Peverelli, da Medusa (pp. 80, euro 9,50). Nell’anno che dovrebbe celebrare il primo centenario della Rivoluzione d’ottobre, questi interventi di Lenin spiegano più di altri scritti qual era lo spirito che permeò uno degli eventi che hanno lasciato profonda traccia nella storia contemporanea. Ha scritto ancora Lenin in “Due tattiche della socialdemocrazia”: “La rivoluzione è la festa degli oppressi e degli sfruttati”.