DIRITTI PROROGATI PER PIRANDELLO? *
Una proroga sui diritti d’autore per Luigi Pirandello: è quanto ha chiesto il nipote del drammaturgo in una lettera inviata alla Siae pochi giorni prima della loro scadenza, fissata al primo gennaio. Sono infatti passati esattamente settant’anni dalla morte dell’autore del «Fu Mattia Pascal», scomparso a Roma il 10 dicembre 1936. Per legge, quindi, a partire dal primo gennaio la pubblicazione delle sue opere, così come la messinscena dei suoi spettacoli, dovrebbe diventare - finalmente - di pubblico dominio. Ma questo non accadrà se verrà accolta l’istanza presentata dal nipote dello scrittore, secondo il quale dovrebbe essere applicata agli autori italiani la proroga di sei anni e otto mesi già prevista per francesi e inglesi.
L’erede di Pirandello ritiene infatti che il prolungamento della durata dei diritti - previsto dal Trattato di Pace del 1947 per i paesi vincitori - possa essere esteso ai nostri autori sulla base di un accordo internazionale, il cosiddetto «Trips», che nel 1994 ha eliminato le discriminazioni tra i paesi vincitori e i paesi che hanno perduto la guerra. Dando notizia della richiesta del nipote di Pirandello (e pronunciandosi -sia pure a titolo personale - a suo favore), il presidente della Siae Giorgio Assumma ha annunciato sulla questione un pronunciamento entro il 15 dicembre da parte del centro studi della Siae.
E la posta in gioco è grande, se si tiene conto che l’ammontare annuo dei diritti per le opere di Pirandello si aggira in un ordine di grandezza di centinaia di migliaia di euro all’anno solo per l’utilizzo dei lavori teatrali. E che soprattutto la decisione non riguarda solo Pirandello, visto che in scadenza ci sono i diritti di altri autori celebri, da Grazia Deledda (morta come il drammaturgo nel 1936) a Gabriele D’Annunzio (scomparso nel ’38). Se, come appare probabile dalle dichiarazioni di Assumma, la Siae si pronuncerà a favore della richiesta del nipote di Pirandello, si tratterà quindi di un precedente che avrà ripercussioni a catena. Con grave danno - ancora una volta - per la libera circolazione della cultura in Italia.
* il manifesto, 12.12.2006