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Terra: Spagna

APPELLO INTERNAZIONALE PER LA "SAGRADA FAMILIA" DI ANTONI GAUDI’. Barcellona-Madrid: la costruzione di un tunnel per un treno veloce mette in pericolo la chiesa - a cura di Federico La Sala

sabato 12 maggio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Dal Giappone al Messico, dalla Russia alla Nuova Zelanda, dagli Stati Uniti alla Germania, decine di architetti e ingegneri lanciano l’allarme. "Nessuno potrebbe immaginare la costruzione di un tunnel che passasse accanto all’Alhambra di Granada", scrive Tokutoshi Torii, professore dell’università di Kanagawa, in Giappone. "Mettere in pericolo un monumento catalogato come patrimonio dell’umanità - rincara Mark Schuster, del Massachusetts Institute of Technology - è un atto di (...)

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> APPELLO INTERNAZIONALE PER LA "SAGRADA FAMILIA" DI ANTONI GAUDI’. ---- Gaudí inventò lo stile del futuro (di JOAN BASSEGODA I NONELL)

giovedì 14 maggio 2009

L’erede del costruttore della Sagrada Familia, riscoperto solo negli ultimi decenni, ne riesamina tecnica, spiritualità e impegno

E Gaudí inventò lo stile del futuro

Il geniale artista prendeva insieme strutture e colori per farne pittura e scultura integrate in un unicum nelle costruzioni, come nella bellissima cattedrale di Barcellona, modello insuperato

di JOAN BASSEGODA I NONELL (Avvenire, 14.05.2009)

Gaudí nacque nel 1852, passò la sua infanzia a Reus e si tra­sferì a Barcellona nel 1869 per frequentare la scuola di archi­tettura, rimanendo in questa città fi­no alla morte, nel 1926. La sua voca­zione fu l’architettura intesa come arte integrale; altro non fece in tutta la vita.

La sua formazione come architetto fu sostanzialmente diversa da quel­la dei suoi compagni di studi. Lavorò presso altri architetti per guada­gnarsi da vivere, collaborò nel labo­ratorio di un abile artigiano ed ebbe alti e bassi nei voti durante gli studi alla scuola di architettura, ma ap­profondì costantemente la sua for­mazione nella biblioteca del centro. Partecipò al nascente movimento e­scursionista catalano, che predica­va un maggior attaccamento alla ter­ra per promuoverne una migliore co­noscenza. Si riunì all’Ateneo barcel­lonese, situato allora nel Teatro Prin­cipal de la Rambla, con studiosi e scrittori. Il suo rapporto con il colle­ga Juan Martorell fu determinante, poiché quest’ultimo non solo lo pre­sentò a Güell, ma anche a Bocabel­la, il quale gli diede l’incarico di pro­seguire i lavori della Sagrada Fami­lia, che divenne la sua opera princi­pale, cui dedicò il maggior numero di ore di lavoro della sua vita.

Da quel giovane sconosciuto che e­ra, venuto da Reus a Barcellona, Gaudí divenne in breve tempo un ar­chitetto di enorme prestigio. Si può dire che tra tutti i pro­fessionisti di Barcellona so­lo Luis Domènech i Monta­ner, associato con José Vila­seca Casanovas, poté com­petere con lui. Uno dopo l’altro, i grandi industriali ca­talani lo contattarono per af­fidargli degli incarichi. Dopo i lavori eseguiti per Güell nella villa di Les Corts de Sarrià, dopo il palazzo della calle Conde de Asalto, ebbe occasione di ricevere l’inca­rico di mons. Grau, vescovo di Astorga, per la costruzione del pa­lazzo episcopale di quella città; e per tramite del prelato, ebbe l’opportu- nità di ricevere l’incarico per la rea­lizzazione della Casa de Los Botines, a León. Un altro religioso esempla­re, il padre Ossó, gli affidò la costru­zione del Collegio e Casa generalizia delle Teresiane, nella calle de Gan­duxer, mentre egli andava svilup­pando il vasto progetto della Sagra­da Familia. Seguirono poi i Figueras, per i quali costruì la splendida casa di Bellesguard; e i Calvet, con la ca­sa della calle de Caspe, che gli valse il premio del Municipio per il miglior edificio dell’anno 1900.

All’inizio del secolo, la sua attività di architetto si moltiplicò. Non poté ve­dere realizzato il progetto delle Mis­sioni cattoliche d’Africa, a Tangeri, affidatogli dal secondo marchese di Comillas, e disegnato nel 1892-1893, ma costruì insieme al suo collabo­ratore Berenguer, le officine di Güell, sulla costa di Garraf, terminate nel 1897. Dal 1903 lavorò al complesso caso dell’adeguamento liturgico del­la cattedrale di Maiorca, voluto dal vescovo Pedro Campins Barceló. E mentre se ne occupava, realizzò le due grandi opere del paseo de Gra­cia, le case Batlló e Milà. Tra lo stu­pore dei barcellonesi, trasformò la casa di José Batlló in un poema mu­sivo di cristalli rotti, ceramiche mul­ticolori e pietra di Montjuïc ridotta in forme ossee. A pochi isolati di di­stanza, l’immenso terrazzo della Ca­sa Milà fu coronato con un gioco in­verosimile di comignoli e sbocchi di scale, creando un mondo di forme che non ha nulla a che vedere con l’architettura precedente né con ciò che fu realizzato dopo di lui.

Mentre si occupava di Maiorca, della Sagra­da Familia e di Casa Milà, vide la po­sa della prima pietra della chiesa del­la Colonia Güell di Santa Coloma de Cervelló, edificio di cui poté costruire soltanto la cripta, una delle opere più importanti di tutta la storia dell’ar­chitettura.

A partire dal 1910 la sua salute, vittima delle febbri maltesi, peggiorò visibilmente e dovette tra­scorrere periodi di riposo a Vic e poi a Puigcerdà. Nel giugno 1911 si sentì prossimo alla morte e a Puigcerdà dettò testamento. Con tutto ciò, la sua immaginazione creatrice non venne meno. Gaudí, smagrito, debi­litato e malaticcio, fu capace di im­maginare una trasformazione della città di Vic in omaggio al filosofo ca­talano Jaime Balmes nel centenario della nascita, benché vi fosse anda­to per trascorrere un periodo di as­soluto riposo.

Nel 1911 disegnò la facciata della Passione della Sagrada Familia; nei cinque anni seguenti e­laborò il simbolismo liturgico del tempio, trovando anche il tempo per seguire un corso di canto grego­riano e studiare si­stemi di campane tu­bolari, così come gli effetti della luce e dei suoni all’interno del tempio.

Quando un disgraziato incidente lo portò a essere ricoverato nell’ospe­dale dove poi morì, dopo tre giorni di agonia, il 10 giugno 1926, era im­pegnato nel perfezionamento delle forme strutturali e decorative della Sagrada Familia e stava fabbricando con le sue stesse mani alcune lam­pade votive per la cripta. Il suo fu­nerale fu, a dispetto delle espresse volontà testamentarie, un evento cit­tadino, e il suo corpo fu portato per il riposo eterno nella cripta del tem­pio tanto amato. Dopo la sua morte, l’architettura da lui creata cadde vittima della moda razionalista e fu dimenticata se non disprezzata. La guerra civile spa­gnola e la seconda guerra mondiale cambiarono il volto del mondo, e fu solo nel 1952, in occasione del cen­tenario della nascita di Gaudí, che critici e architetti posarono nuova­mente lo sguardo su un’architettura che li inquietava e li sorprendeva. A­vrebbe potuto essere un ritorno ef­fimero, come i tanti revival così fre­quenti nella storia dell’architettura, ma non fu così.

Quando ricercatori, spagnoli e non, tornarono a studiare Gaudí, si rese­ro conto dell’atemporalità della sua architettura, basata su princìpi na­turalistici espressi per mezzo della geometria reglada, cioè, l’uso di su­perfici curve composte da linee ret­te, un linguaggio nuovo nella co­struzione. Gaudí, inoltre, espresse un’architettura totale, poiché nelle sue opere non c’era distinzione tra struttura e decorazione; nei suoi e­difici entrambe vennero realizzate simultaneamente, al punto che non è possibile discernere dove inizia l’u­na e termina l’altra. Un’architettura che non incorporava successiva­mente scultura e pittura, poiché scultura e pittura nascevano insie­me a essa. La figura di Gaudí si profila oggi co­me un fenomeno isolato e sconcer­tante nel tradizionale «balletto» di stili e movimenti. È stato detto che Gaudí non partecipò al movimento moderno, il che è vero, per la sem­plice ragione che il movimento non è né antico né moderno: è dinami­smo, progresso e continuità.

La «filosofia» gaudiniana, la sostan­za del suo lavoro, la sintesi della sua opera si potrebbero esprimere di­cendo che niente è arte se non deri­va dalla natura, dalla quale proven­gono le forme più straordinarie, bel­le e ben concepite; per tradurre in e­difici le forme, le strutture e i colori che la natura crea e proporziona, lo strumento più adeguato è quello del­la geometria reglada, poiché la na­tura stessa ha usato questa geome­tria nella composizione della forma di una montagna o delle ossa degli animali.

L’osservazione non intellettualistica della natura è fonte della migliore i­spirazione, ma sempre tenendo pre­sente che la natura è opera del Crea­tore e che senza la spiritualità l’ar­chitettura non riesce a superare i li­miti della mera tecnica, magari a­dorna di una retorica pseudofiloso­fica. Se a tutto questo si unisce una dedizione esclusiva e totale al pro­prio lavoro, allora può emergere u­na figura del calibro di Gaudí, per­sonaggio oggi leggendario, catalano universale, ma soprattutto architet­to, e perciò, innanzitutto, responsa­bile di un gruppo di operai insieme ai quali ricreare, con l’immaginazio­ne umana, quelle forme che dal prin­cipio del mondo compongono que­sto pianeta.

*

IL LIBRO

Joan Bassegoda e la visione dell’angelo

Diceva Gaudí (nella foto a sinistra), di cui è in cor­so il processo di beatificazione: «L’uomo si muo­ve in un mondo a due dimensioni e gli angeli in un mondo tridimensionale». E poi: «L’architettu­ra che nasce da questa ispirazione (la tridimen­sionalità, vista per istanti dopo molti sacrifici e un dolore) produce frutti che saziano generazioni». È in quarta di copertina del volume Gaudí. L’ar­chitettura dello spirito di Joan Bassegoda i Nonell, pubblicato dalle edizioni Ares (pagine 216, euro 18), da oggi in libreria. Bassegoda dal 1968 al 2000 è stato titolare della Real Catedra Gaudí e dal 1969 al 2003 architetto della cattedrale di Barcellona. Bassegoda i Nonell è uno dei massimi esperti mondiali di Gaudí (1852-1926) e nel libro traccia un profilo del geniale architetto sulla base di tutta la documenta­zione disponibile. Il brano che pubblichiamo è tratto dall’intro­duzione al volume.


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