Mercoledì era stato escluso dalla lista di Olimpia per il Cda del 16 aprile.
Era alla guida dell’azienda da 200 giorni, dopo aver rinunciato alla Figc
Telecom Italia, Guido Rossi lascia
dimissioni "con effetto immediato" *
MILANO - Il presidente di Telecom Italia, Guido Rossi, ha rassegnato le dimissioni "con effetto immediato" dalle cariche di presidente e consigliere di amministrazione. Le sue deleghe saranno prese da Carlo Buora. La sua seconda avventura al timone di Telecom è durata sette mesi. Esperto traghettatore di società nei momenti più difficili, il giurista milanese aveva preso il gruppo in mano a settembre dello scorso anno (rinunciando così all’incarico di commissario straordinario della Figc) dopo le dimissioni di Marco Tronchetti Provera seguite alle polemiche nate sul piano Rovati, mentre infuriava lo scandalo delle indagini illegali. Oggi, Rossi ha deciso di lasciare la presidenza dopo lo scontro con lo stesso Tronchetti, azionista di maggioranza, che non ha inserito il nome del presidente nella lista presentata da Olimpia per il rinnovo del cda della società.
Rossi nasce a Milano il 16 marzo 1931, si laurea in giurisprudenza all’università di Pavia nel 1953 e ottiene nel 1954 il Master of Laws all’università di Harvard. A 27 anni diventa docente di diritto commerciale e diritto privato comparato, poi di diritto industriale e commerciale. Nel febbraio del 1981 viene chiamato dall’allora ministro del Tesoro, Nino Andreatta, alla guida della Consob.
Nel 1987 viene eletto senatore come indipendente nelle liste del Partito comunista. Ma è solo una parentesi. Consulente di grandi gruppi come la Montedison e l’Inps, Rossi è stato anche legale di Mediobanca e consigliere di amministrazione delle Assicurazioni Generali.
Prima di essere chiamato alla guida di Ferfin e Montedison nel pieno della crisi del gruppo Ferruzzi, Rossi guida in prima linea la battaglia della Mondadori a fianco di Carlo De Benedetti contro la scalata di Silvio Berlusconi. Nel 1993 arriva alla presidenza di Ferfin e Montedison, scosse dal ciclone di Tangentopoli. Raccoglie un gruppo che fattura 22.800 miliardi l’anno e registra un indebitamento finanziario netto di oltre 22.600 miliardi. Con una nuova squadra di vertice, riesce a ottenere dalle banche il via libera al piano di ristrutturazione. Dopo due anni lascia il gruppo, ormai avviato verso il risanamento.
La sfida successiva è proprio quella delle telecomunicazioni. Nel 1997, Rossi arriva infatti alla Telecom invitato da Carlo Azeglio Ciampi a guidare la società, alla vigilia della fusione con la Stet, verso la privatizzazione. L’incarico inizia alla fine di aprile del 1997 e a novembre dello stesso anno (anche in quel caso dunque dopo appena 7 mesi), Rossi ritiene di aver portato a termine "l’unica vera privatizzazione d’Italia". E torna all’insegnamento.
Questa volta, invece, l’impegno non è stato portato a termine. Nel giro di un anno Rossi si è trovato a lasciare per due volte il posto occupato, senza completare l’opera. Per guidare la società di tlc, il professore era stato infatti costretto controvoglia a lasciare la Federcalcio, di cui era stato nominato commissario straordinario quasi un anno fa per risanare il pallone nel dopo-Moggi. Ora l’addio, filato tutt’altro che liscio, anche dalla Telecom.
Le divergenze con Tronchetti erano apparse chiare sin dall’inizio. Il piano di scorporo di Tim da Telecom con l’eventuale messa sul mercato della telefonia mobile per risanare il debito, che aveva fatto esplodere le polemiche intorno al numero uno della Pirelli, è stato abbandonato da Rossi già a settembre, a pochi giorni dal suo insediamento come presidente. Lo stesso è accaduto per Tim Brasil, di cui Tronchetti non escludeva la vendita, ma ritenuta strategica dalla nuova Telecom di Rossi. Infine, i dissensi su un accordo su larga scala con Telefonica.
* la Repubblica, 6 aprile 2007