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Madre Mediterranea. Viaggi e Pellegrinaggi

CALABRIA. PLACANICA COME LOURDES. FRATEL COSIMO E LA MADONNA DELLO SCOGLIO. Un "resoconto" di René Laurentin - a cura di pfls

Ricorrenze. 11 Febbraio: Giornata mondiale del Malato. 11 Maggio: Anniversario della I apparizione della Vergine allo Scoglio
domenica 11 febbraio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Che cosa sono venuto a fare in questa parte meridionale d’Euro­pa, vicino all’Algeria? Mi ci hanno portato i miei amici svizzeri, Marlène ed Alfred Reichmuth. Il loro primo viaggio a Placanica, da Fratel Cosimo, è stato per loro una luce del Signore che ha cambiato la loro vita, le loro relazioni, le loro preoccupazioni e il loro tempo libero. In 17 mesi, è la settima volta che ci vengono. Fratel Cosi­mo desiderava vedermi. Sono più conosciuto in Italia che in Francia, anche per (...)

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> CALABRIA. --- Prima pietra del Santuario della Madonna dello Scoglio, benedetta da papa Francesco (2013) e nota sui preti e i boss (2014)

sabato 22 marzo 2014

Posa della prima pietra, benedetta da papa Francesco, del Santuario della Madonna dello Scoglio. Il vescovo Morosini: “Digitus Dei est hic (Il dito di Dio è qui)!”

di GIUSEPPE CAVALLO (15 giugno 2013)

SANTA DOMENICA DI PLACANICA (RC) - Migliaia di volti segnati da lacrime di gioia e di commozione, hanno caratterizzato la cerimonia della posa della prima pietra, benedetta da papa Francesco, del santuario della Madonna dello Scoglio.

Lo storico evento ha avuto luogo a Santa Domenica di Placanica, sabato primo giugno. “Oggi stiamo vivendo un momento storico” - ha dichiarato monsignor Morosini, che ha presieduto tutte le sacre funzioni - “perché la posa della prima pietra della costruzione della nuova chiesa, dedicata alla Madonna dello Scoglio, rappresenta un momento importante per molti pellegrini che, grazie ad essa, vedranno alleviati tanti disagi che hanno patito da oltre quarant’anni. In questo periodo” - ha espresso il successore degli apostoli - “Fratel Cosimo, fondatore di quest’opera mariana, è stato l’architetto spirituale, per centinaia di migliaia di persone. Ora, l’architetto Occhiuto, si occuperà della costruzione materiale.”

Il pastore della Diocesi di Locri - Gerace ha continuato dicendo: “Molti si pongono la domanda del perché tanta gente, da oltre quarant’anni continua a venire, costantemente, allo Scoglio. Notando l’ambiente circostante, le difficoltà viarie e la mancanza di opere d’arte o di svago la risposta non può essere che unica: digitus Dei est hic (Qui c’è il dito di DIO). Lo dimostrano la pietà dei fedeli, le code presso i confessionali, la preghiera silenziosa di fronte alla statua della Vergine, il raccoglimento e il silenzio” - ha concluso - “durante le celebrazioni sacre.”

Dal proprio canto, l’umile Fratel Cosimo Fragomeni, ormai noto a livello planetario per le sue virtù e carismi ma, soprattutto, per la sua totale dedizione verso il prossimo, a cominciare dagli ammalati e sofferenti, non è riuscito a trattenere le lacrime, coinvolgendo anche il vescovo della diocesi di Locri - Gerace, monsignor Morosini, la fiumana di fedeli e i tanti sacerdoti convenuti per il solenne avvenimento i quali hanno confessato, ininterrottamente, per oltre dodici ore. Dopo circa dieci lustri, in effetti, si concretizza il desiderio della Madre di Dio, espresso a Fratel Cosimo in una delle Sue apparizioni, nel lontano 1968: “Ti chiedo il favore di trasformare questa valle; qui desidero un grande centro di spiritualità, dove le anime troveranno pace e ristoro. In questo luogo,” - disse la Vergine Maria Immacolata all’allora diciottenne mistico - “Dio vuole aprire una finestra verso il cielo; qui, per la mia mediazione, vuole manifestare la Sua misericordia!”.

La pietra, benedetta dal Papa in presenza del vescovo e di Fratel Cosimo, a Piazza San Pietro, è stata solennemente trasportata presso il sagrato durante il ricco programma liturgico dell’intensa giornata che ha registrato, sotto l’occhio attento delle telecamere RAI e della Tv vaticana Sat 2000, oltre che di Telemia e di altri canali stranieri: una evangelizzazione di Fratel Cosimo, la solenne concelebrazione eucaristica, la processione con il Santissimo Sacramento, la preghiera di intercessione dell’umile uomo di Dio. Poi, il vescovo Morosini ha guidato il corteo che si è portato sull’area destinata alla posa della prima pietra.

In prima fila, oltre al vicario generale della curia locrese, monsignor Femia e ai tanti sacerdoti della diocesi e di varie parti d’Italia, c’erano: l’assessore regionale ai lavori pubblici, Giuseppe Gentile, il consigliere regionale Candeloro Imbalzano, il consigliere provinciale, Francesco Cananzi, l’architetto progettista nonché sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, il sindaco di Placanica, Antonio Condemi; la sovrintendente ai beni archeologici, Maria Teresa Jannelli.

Dopo la lettura della pergamena papale, a cura del cancelliere diocesano e segretario del vescovo, don Nicola Vertolo, copia della stessa e di altre, con le firme, del vescovo, di Fratel Cosimo, dei membri della fondazione, delle figure istituzionali presenti, compresi gli esponenti delle forze dell’ordine, del sindaco e del progettista, dei tecnici, del responsabile degli operai, di alcuni membri della comunità mariana, del gruppo di apostolato e preghiera Testimoni del Santo Rosario, fondato da Fratel Cosimo e di tanti pellegrini presenti, si è passati alla posa della pietra, in una apposita buca. Dopodiché a ruota, il vescovo, il vicario, Fratel Cosimo, il sindaco e il progettista hanno lanciato del cemento, con una cazzuola, sopra di essa per dare simbolicamente il via ai lavori. Una valle desolata che sta divenendo, in costante evoluzione, uno dei santuari più importanti del mondo.

Fratel Cosimo, come al solito umile, serio e schivo, non ha fatto cenno al suo recente cordiale incontro personale con papa Francesco, ma si è limitato a ribadire che il Santuario che nascerà “sarà degno della Madonna e di tutti i Suoi devoti.”

Messaggi augurali, per la posa della prima pietra, sono giunti sia da parte del governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, sia da tanti sacerdoti e pellegrini di varie nazioni europee ed extraeuropee, devoti della Vergine Santissima dello Scoglio.

Il prossimo appuntamento particolare di preghiera, accanto ai consueti incontri pomeridiani, con i sacerdoti e Fratel Cosimo, del mercoledì, del sabato e della domenica, è stato previsto per sabato sei luglio e sarà sempre presenziato dal successore degli apostoli. Il lunedì, martedì, giovedì e venerdì, invece, si prega, alle ore 19.00, con il Santo Rosario, assieme a Fratel Cosimo, dinnanzi allo Scoglio benedetto. GIUSEPPE CAVALLO


I preti e i boss

di Roberto Saviano (la Repubblica, 22 marzo 2014)

Le parole pronunciate dal Papa sono parole definitive. Tuonano forti non a San Pietro dove saranno risultate naturali, persino ovvie. Tuonano epocali a Locri, Casal di Principe, Natile di Careri, San Luca, Secondigliano, Gela.

E in quelle terre dove l’azione mafiosa si è sempre accompagnata ad atteggiamenti religiosi ostentati in pubblico. Chi non conosce i rapporti tra cosche e Chiesa potrà credere che sia evidente la contraddizione tra la parola di Cristo e il potere mafioso. Non è così. Per i capi delle organizzazioni criminali il loro comportamento è cristiano e cristiana è l’azione degli affiliati. In nome di Cristo e della Madonna si svolge la loro vita e la Santa Romana Chiesa è il riferimento dell’organizzazione.

Per quanto assurdo possa apparire il boss - come mi è capitato di scrivere già diverse volte - considera la propria azione paragonabile al calvario di Cristo, perché assume sulla propria coscienza il dolore e la colpa del peccato per il benessere degli uomini su cui comanda. Il “bene” è ottenuto quando le decisioni del boss sono a vantaggio di tutti gli affiliati del territorio su cui comanda. Il potere è espressione di un ordine provvidenziale: anche uccidere diventa un atto giusto e necessario, che Dio perdonerà, se la vittima metteva a rischio la tranquillità, la pace, la sicurezza della “famiglia”.

C’è tutta una ritualità distorta di provenienza religiosa che regola la cultura delle cosche. L’affiliazione alla ‘ndrangheta avviene attraverso la “santina”, l’effigie di un santo su carta, con una preghiera. San Michele Arcangelo è il santo che protegge le ‘ndrine: sulla sua figura si fa colare il sangue dell’affiliato nel rito dell’iniziazione. Padre Pio è il santo la cui icona è in ogni cella di camorrista, in ogni casa di camorrista, in ogni portafoglio di affiliato.

Nicola, ex appartenente al clan Cesarano ha raccontato: “Mi sono salvato una volta, quando ero giovane, perché un proiettile è stato deviato. I medici mi hanno detto che è stata una costola a evitare che il colpo fosse mortale. Ma io non ci credo. Quello che mi ha sparato mi ha sparato al cuore, non è stata la costola, è stata la Madonna”.

La Madonna, oggetto di preghiere: è a lei che ci si rivolge per sovrintendere gli omicidi. In quanto donna e madre di Cristo sopporta il dolore del sangue e perdona. Rosetta Cutolo veniva trovata in chiesa nelle ore delle mattanze ordinate da don Raffaele: pregava la Madonna di intercedere presso Cristo per far comprendere che la condanna a morte e la violenza era necessaria.

A Pignataro Maggiore esiste “la madonna della camorra” che il defunto boss Raffaele Lubrano ucciso in un agguato nel 2002, fece restaurare a sue spese, nella sala Moscati attigua alla chiesa madre. Anche Giovanni Paolo II aveva pronunciato - il 9 maggio del 1993 ad Agrigento - un attacco durissimo alla mafia: “convertitevi una volta verrà il giudizio di Dio”. Due mesi dopo i corleonesi misero una bomba a San Giovanni in Laterano.

Ma Francesco I non parla solo a chi spara: ha abbracciato i parenti delle vittime della mafia, ha abbracciato don Luigi Ciotti, un sacerdote che non era mai stato accolto da un pontefice in Vaticano e con Libera è diventato l’emblema di una chiesa di strada, che si impegna contro il potere criminale. La chiesa di don Diana, che fu lasciato solo a combattere la sua battaglia.

Oggi Francesco invita a stare a fianco dei don Diana. Le sue parole rompono l’ambiguità in cui vivono quelle parti di chiesa che da sempre fanno finta di non vedere, che sono accondiscendenti verso le mafie, e che si giustificano in nome di una “vicinanza alle anime perdute”.

Gli affiliati non temono l’inferno promesso dal Papa: lo conoscono in vita. Temono invece una chiesa che diventa prassi antimafiosa. Le parole di Francesco I potranno cambiare qualcosa davvero se la borghesia mafiosa sarà messa in crisi da questa presa di posizione, se l’opera pastorale della chiesa davvero inizierà a isolare il danaro criminale, il potere politico condizionato dai loro voti. Insomma se tutta la chiesa - e non solo pochi coraggiosi sacerdoti - sarà davvero parte attiva nella lotta ai capitali criminali. Dopo queste parole o sarà così o non sarà più Chiesa.


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