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Materialismo storico e Teologia

MARX, BENJAMIN, E ... GIOACCHINO DA FIORE!!! "Lo spirito che disordina il mondo" - una conferenza di Mario Tronti.

Segnalazione di don Aldo Antonelli - a cura del prof. Federico La Sala
giovedì 25 gennaio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] “stare eretti”; ce lo ha raccomandato il filosofo novecentesco Bloch: stare eretti, che non è un semplice modo fisico, ma è un modo spirituale di essere. Stare sulla terra andando verso l’alto, e cioè non piegati sotto qualcosa. Che è poi la condizione dell’essere liberi, come poi dirò a conclusione del discorso. E tuttavia quella conflittualità della spiritualità - perché io di questo parlo, della conflittualità della spiritualità - credo sia possibile trovarla di più e (...)

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> MARX, BENJAMIN, E ... GIOACCHINO DA FIORE!!! ---- In memoria di Mario Tronti. È morto a 92 anni il filosofo e teorico dell’operaismo.

martedì 8 agosto 2023

Antropologia ("Cristologia"), Filologia, e Teologia-Politica.

In memoria di Mario Tronti...

STORIA E STORIOGRAFIA:"IL POLITICO. Da Machiavelli a Cromwell" (1979). In memoria di Mario Tronti... non lasciar cadere l’importanza dei suoi studi sul tema del "politico" ("il politico ha una storia borghese moderna"), riaprire l’orizzonte storiografico stretto nei limiti "da Machiavelli a Cromwell" e ripartire, recuperando il filo della lezione di Dante Alighieri ("Monarchia") presente nel lavoro di Mercurino da Gattinara (con Carlo V) e la critica tensione teologico-politica alla base dell elisabettiano "Amleto" di Shakespeare.

Federico La Sala (08 agosto 2023).


      • PATRIMONIO DELL’ARCHIVIO STORICO
      • SENATO DELLA REPUBBLICA:

      • Mario Tronti

      • Mario Tronti nasce a Roma nel 1931 da una famiglia popolare, che lavora ai Mercati generali e abita nel quartiere Ostiense. Frequenta il Liceo classico "Pilo Albertelli" e poi si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Roma, corso di Filosofia, laureandosi nel novembre del 56 con Ugo Spirito discutendo una tesi sulle opere giovanili di Marx. Nel 1951 si iscrive alla Federazione giovanile comunista e nel 1954 al Partito comunista, coltivando sempre la passione per la politica. Nel 1956 prende posizione a favore degli insorti ungheresi, tramite il celebre "Manifesto dei 101". Negli anni post-universitari lavora come correttore di bozze all’Enciclopedia universale dell’arte, edita da Sansoni. Partecipa all’esperienza dell’operaismo, come redattore dei Quaderni rossi. Dopo appena tre numeri dei Quaderni, Tronti con Alberto Asor Rosa, Romano Alquati, Antonio Negri e altri esce dalla redazione della rivista per fondare un nuovo giornale, Classe Operaia, che esce dal 1964 al 1967. Tronti ne è il direttore. Nel 1968 viene fondata un’altra rivista, Contropiano, diretta da Alberto Asor Rosa e Massimo Cacciari. Tronti vi pubblica tre articoli, ritagliandosi un ruolo più defilato. Questa rivista però ha avuto una certa importanza nel diffondere "quel tipo di cultura che veniva da tutt’altri luoghi, anzi da luoghi esattamente opposti, perché era una cultura della grande decadenza borghese, con forti spunti irrazionalisti". Tra 1968 e 1970 insegna storia e filosofia al Liceo scientifico Galilei di Terni. Nel 1969 prende la Libera docenza di Filosofia morale. Nel 1970 viene chiamato, come incaricato, all’Università di Siena, nella costituenda Facoltà di Lettere e filosofia. Nei primi anni Ottanta coordina il lavoro della rivista Laboratorio politico. Nel 1983 entra a far parte del Comitato centrale del PCI, nel 1985 nella segreteria romana. Nel 1987 Tronti è fra i fondatori e i redattori di Bailamme rivista di spiritualità e politica diretta da Giovanni Bianchi e coordinata da Giuseppe Trotta. Fra i redattori si ricordano: Salvatore Natoli, Romana Guarnieri, Luisa Muraro, Sergio Quinzio, Emma Fattorini e Vittorio Tranquilli. Nel 1992 è eletto al Senato della Repubblica una prima volta nelle file del PDS nella XI legislatura. Entra nel 1994 nel Consiglio nazionale del PDS. All’Università di Siena insegna ininterrottamente prima Filosofia morale, poi Filosofia politica. Nel 2001 conclude la sua carriera come professore associato. Dal 2004 al 2015 è presiedente del Centro per la riforma dello Stato, un luogo di studi e iniziative fondato da Umberto Terracini e a lungo presieduto da Pietro Ingrao. Nel 2013 è stato poi eletto al Senato della Repubblica una seconda volta nelle file del PD, XVII legislatura. [...]".
      • (CFR. SENATO DELLA REPUBBLICA).


Mario Tronti, il tempo della politica da una prospettiva radicale

ADDII. È morto a 92 anni il filosofo e teorico dell’operaismo. Con il suo pensiero originale demolì il bagaglio storicista e progressista. Il suo libro «Operai e capitale» uscì nel 1966: oggi tradotto in più lingue è ancora fonte di feconde riflessioni

      • [Foto]Un ritratto di Mario Tronti - Foto di Livio Senigalliesi

di Stefano Petrucciani (il manifesto, 08 agosto 2023)

Il percorso politico e intellettuale di Mario Tronti è stato lungo e, per certi aspetti, anche tortuoso; ma in esso il libro del 1966 Operai e capitale, che proprio negli ultimi lustri è stato tradotto e discusso ai quattro angoli del mondo, resta un passaggio decisivo, dal quale non si può non partire nel riflettere sul contributo del filosofo romano. Non perché il resto non sia importante. Ma il fatto è che Operai e capitale assunse (e assume ancora oggi) un rilievo eccezionale per una serie di motivi che vanno ricordati.

PRIMA CHE I CONTENUTI, il libro di Tronti (che raccoglieva saggi apparsi perlopiù sulle riviste Quaderni rossi e Classe operaia) rivoluzionava nientemeno che il linguaggio della teoria marxista. Certo, lo si poteva criticare per una certa enfasi espressiva. Ma sta di fatto che, con Tronti, la teoria marxista veniva linguisticamente svecchiata in modo radicale. Non parlava più un gergo ottocentesco, idealistico, storicistico. Cercava espressioni secche, sintetiche e folgoranti. Usava la lingua della grande cultura antistoricista, di Nietzsche, di Weber, di Musil.

Ovviamente la rivoluzione linguistica (oltre che politica, ma ci arriveremo) era innanzitutto una rivoluzione culturale. Per primo dopo i francofortesi, che lo avevano fatto negli Quaranta, Tronti contaminava Marx con Nietzsche. E, attingendo al nichilismo e al pensiero negativo (nelle cui pieghe si sarebbe immerso poco dopo Massimo Cacciari) demoliva tutto il bagaglio della cultura storicista e progressista, scrivendo pagine che oggi sicuramente ci possono sembrare anche ingenue, ma che avevano il pregio di mostrare con chiarezza dove si voleva andare a parare. Sbarazzarsi della leggenda di una cultura borghese progressiva che il movimento operaio avrebbe dovuto ereditare. Congedarsi da ogni critica sociale di tipo moralistico e umanistico per attestarsi su una posizione rigorosamente di parte, su quello che Tronti chiamava il «punto di vista operaio». Un’operazione molto in sintonia con quella che, negli stessi anni, proponeva Alberto Asor Rosa, che demoliva il progressismo letterario nel suo libro del 1965 Scrittori e popolo.

In quegli straordinari anni Sessanta, che si sarebbero conclusi con l’esplosione dei grandi movimenti studenteschi, giovanili e operai, gli «operaisti» (appunto) proponevano una loro ipotesi radicale di marxismo rinnovato, che si affiancava a quelle, forse meno iconoclaste, del francofortismo e dell’althusserismo.

MA LA PECULIARITÀ dell’operaismo era che in esso teoria e politica marciavano strettamente a braccetto, cosa che per gli altri neomarxismi era molto meno vera. Si sviluppano così le grandi esperienze politico-culturali di cui Tronti è tra i protagonisti. Prima la rivista e il gruppo di «Quaderni Rossi», che fa capo a Torino e a Raniero Panzieri. Poi la separazione da Panzieri in nome di un recupero del leninismo, e la nuova esperienza politica che si raccoglie attorno alla rivista Classe operaia, che cessa le pubblicazioni nel 1967. Seguì la partecipazione alla rivista Contropiano, fondata nel 1968 da Asor Rosa, Cacciari e Negri. È in questo contesto culturalmente e socialmente vivacissimo che nascono le grandi innovazioni teoriche trontiane, come la decisa politicizzazione della teoria (non c’è scienza neutrale, ma punti di vista di classe contrapposti - una tesi, a mio parere, molto discutibile e dubbia) e soprattutto l’idea che nel confronto/scontro tra classe operaia e capitale la classe non è l’elemento passivo, ma attivo; è la classe che ha l’iniziativa, è la sua lotta che costringe il capitale a rinnovarsi e a trasformarsi; è a partire da essa che vanno comprese le dinamiche di sviluppo della società.

ANCHE QUANDO la stagione dei conflitti e dei movimenti sarà ormai trapassata, Tronti continuerà senza deflettere la ricerca di una prospettiva altra e radicale dalla quale mettere in discussione le certezze della tarda modernità democratico-capitalistica. Verso la fine degli anni Settanta si sviluppa la sua riflessione sull’Autonomia del politico (titolo di un fortunato volumetto che uscì nel 1977 per i «materiali marxisti» di Feltrinelli) e si snoda la riflessione teorica sui grandi autori della politica moderna; o meglio sui classici che a lui piacevano, cioè quelli che ne avevano dato una lettura duramente realistica: Machiavelli, Hobbes, Hegel, e per finire Carl Schmitt, colui che aveva ridotto la politica alla scelta senza mezzi termini tra amico e nemico.

C’È DA DIRE però, che paradossalmente, questa ricerca sulla politica viene sempre più segnata dalla consapevolezza che, finito il Novecento, la grande politica se n’è andata con esso e, anzi, la politica appare sempre più consegnata all’insignificanza e alla incapacità di incidere sulla totalità onnipervasiva del liberal-capitalismo. Nella sua critica della omologazione democratico-capitalistica, del totalitarismo morbido che la caratterizza, della servitù volontaria che l’accompagna, Tronti sembra seguire le orme del Tocqueville critico della democrazia in America. Mentre la sua ricerca di un’alterità radicale lo rende sempre più attento alle tematiche della religione e della teologia politica.

LA SUA VICENDA INTELLETTUALE è in qualche modo anche la registrazione di uno scacco: la nostalgia per la «grande politica», l’esigenza sacrosanta che la politica ritrovi un suo ruolo e un suo significato, devono prendere atto del suo depotenziamento in un mondo dove altre sono le forze e i poteri più influenti.

      • SCHEDA

Un rivoluzionario in esilio

Nato a Roma 92 anni fa in una famiglia di proletari, scomparso nell’amata Ferentillo in Umbria, Mario Tronti ha insegnato per trent’anni all’università di Siena, è stato deputato del Pds e senatore del Pd. Una volta si è definito un «rivoluzionario in esilio». Questo è anche il titolo di una bella raccolta di interventi pubblicata in occasione dei suoi novant’anni, a cura di Andrea Cerutti e Giulia Dettori per Quodlibet (2021).

Molte delle sue opere principali sono state tradotte in diverse lingue, a testimonianza del grande interesse suscitato da un pensiero che, pur avendo accettato la sconfitta della «sua» parte, il comunismo, non ha smesso di cercare le strade della resistenza e del contro-potere. Operai e capitale (DeriveApprodi), testo fondatore con i Quaderni Rossi dell’operaismo, capolavoro di una gioventù militante e geniale, che poi è stato tradotto in inglese da Verso Books e in francese per Éditions Entremonde.

Più di recente, in Noi operaisti (DeriveApprodi) Tronti fece un bilancio della sua esperienza. Sull’autonomia del politico, testo che inizia una nuova fase diversa del suo pensiero oggi è contenuto nella straordinaria antologia degli scritti dal 1958 al 2015: Il demone della politica. Uscito per Mulino è stato curato da Matteo Cavalleri, Michele Filippini e Jamila Mascat. Insieme a molti altri scritti è stato tradotto in inglese in The Weapon of Organization: Mario Tronti’s Political Revolution in Marxism (Common Notions).

Un’altra fase del pensiero trontiano inizia con La politica al tramonto (Einaudi). Filosofo prolifico del «pensare estremo, agire accorto») Tronti ha pubblicato Dello spirito libero (Il Saggiatore). Andranno riletti, anche in una prospettiva di storia della politica, libri come Con le spalle al futuro (Editori Riuniti).

Di sé Tronti ha detto: «Chi è contro oggi sarà considerato contro anche domani. In fondo, il mio può declinarsi come un caso di innere Emigration, di presenza e di isolamento sia dentro la società nemica che dentro la politica amica: presenza scaricata nel libero spirito della lotta, isolamento sublimato nella libera scelta della solitudine. Ecco la mia libertà comunista». ro.ci.


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