4 NOVEMBRE: LUTTO NON FESTA!
La guerra uccide.
Gli eserciti uccidono.
Le armi uccidono.
Tu non uccidere.
Tu opponiti a tutte le guerre, a tutti gli eserciti, a tutte le armi.
Tu non uccidere, tu salva le vite.
Anche se in tutta fretta, vi comunico alcune riflessioni che ho ricevuto da Alfonso Navarra. Le faccio mie, e mi auguro che siano anche vostre.
Buona domenica.
Aldo Antonelli
4 NOVEMBRE: NON FESTA DELLE FORZE ARMATE MA LUTTO PER LE GUERRE
Il 4 novembre o della turbativa dell’ordine mentale
Che dopo (quasi) 100 anni si festeggi ancora ufficialmente la "vittoria" contro l’Austria è pazzesco, nel momento in cui, sentendoci cittadini europei, siamo - unanimemente sembra - impegnati nella costruzione dell’Europa Unita.
Ma è quello che avverrà in tutta Italia con le varie cerimonie per il 4 novembre, festa della "vittoria" e delle Forze Armate.
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Tanto varrebbe celebrare le "vittorie" del Granducato di Milano contro la Repubblica di Venezia: cose che appartengono ad un passato storico morto che oltretutto è bene seppellire dal punto di vista politico (il riferimento, per nulla casuale, è, ad esempio, per i nostalgici della "Serenissima"...).
L’assurdità di queste celebrazioni fa il paio con la parata militare che è stata riesumata per il 2 giugno: come se la Repubblica fosse costituzionalmente fondata sulle armi e non sul lavoro...
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E’ la (in)cultura del militarismo aggressivo e della guerra che i riti ufficiali del 4 novembre, che è eredità non a caso fascista,
intendono celebrare e ribadire.
Siamo perciò, con queste ridicole pratiche di autorità, di bande militari e generali tronfi come palloni gonfiati ("con cimiteri di medaglie sul petto"), in perfetta antitesi con il "ripudio" costituzionale della soluzione dei conflitti mediante interventi armati offensivi.
Quelli in cui storicamente, ricorda Don Milani ne "L’obbedienza non è più una virtù", si è sempre infognata l’Italia, che mai si è battuta "per difesa", dalla Prima Guerra Mondiale, con i 600.000 soldati caduti per Trento e Trieste (che l’Alleanza Austria-Germania ci avrebbe concesso se fossimo restati neutrali), alle guerre coloniali (Libia, Etiopia, Eritrea...) con l’uso dei gas e i massacri dei civili, alla
Seconda Guerra Mondiale, che cominciammo aggredendo la Francia (il nostro infallibile Duce voleva
600.000 morti per partecipare al "tavolo della vittoria").
La guerra dal punto di vista dei poveracci, della gente comune, del popolo minuto, è sempre stata una grandissima fregatura. Ieri come oggi, anche se la neolingua della "casta" la ha ipocritamente ribattezzata "interventi umanitari".
Noi oggi, popolo italiano, siamo ancora in guerra, al rimorchio dell’Impero americano, ma ce ne accorgiamo relativamente perchè a morire, per il "tenore di vita" fondato sulle rapine petrolifere, sono solo, per adesso, i Mohamed oltremare. La
"guerra al terrore", qualcuno l’ha calcolato, avrebbe già provocato quasi un milione di vittime civili in Medio Oriente.
Non paghi di ciò abbiamo dichiarato guerra (ci ha pensato sempre la "casta" che ci rappresenta) anche al nemico interno: i lavavetri e i rom! Tra poco marchieremo a fuoco anche i disgraziati che non riescono ad arrivare alla fine del mese per i mutui da pagare. O i giovani precari che svendono la loro vita per un pugno di euro, privati di ogni speranza in un futuro dignitoso.
L’ingiustizia però è un masso che finisce sempre col ricadere sui piedi di chi lo solleva. Non crediamoci allora assolti perchè ci fingiamo, per pelosa ed illusoria comodità, non direttamente coinvolti.
Facciamo dunque la nostra parte, finchè siamo in tempo, per fermare le escalation riarmiste e belliche. Quelle che, prima o
poi, ci porteranno l’incendio in casa, non esclusa la possibilità della deflagrazione atomica. Anche firmando per le due LIP (leggi di iniziativa popolare) sul disarmo atomico e sul disarmo delle basi. E sostenendo la Campagna di obiezione di coscienza alle spese militari, che propone il cambiamento del sistema di difesa offensivo attuale in un modello difensivo via via sempre più nonviolento.
Chi sta in alto dice:
si va verso la gloria.
Chi sta in basso dice:
si va verso la fossa.
La guerra che verrà non è la prima.
Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente aceva la fame.
Fra i vincitori aceva la fame la povera gente egualmente.
(Bertolt Brecht)