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UNA CATTOLICA, UNIVERSALE, ALLEANZA "EDIPICA"!!! IL MAGGIORASCATO: L’ORDINE SIMBOLICO DELLA MADRE, L’ALLEANZA DELLA MADRE [GIOCASTA] CON IL FIGLIO [EDIPO], REGNA ANCORA COME IN TERRA COSI’ IN CIELO

DONNE, UOMINI E VIOLENZA: "Parliamo di FEMMINICIDIO". Dalla democrazia della "volontà generale" alla democrazia della "volontà di genere". L’importanza della lezione dei "PROMESSI SPOSI", oggi. Una nota di Federico La Sala

IL MAGGIORASCATO. La crisi epocale dell’ordine simbolico di "mammasantissima" ("patriarcato": alleanza Madre-Figlio).
martedì 8 gennaio 2013 di Federico La Sala
Foto. Frontespizio dell’opera di Thomas Hobbes Leviatano.
[...] l’esame della vicenda della monaca di Monza “alle genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue” una società basata sulla proprietà e sul maggiorasco e mostra di essere, senza alcun dubbio, un contributo critico di altissimo livello, degno di stare a fianco del Discorso sull’origine della disuguaglianza di Rousseau e della cosiddetta “accumulazione originaria” del Capitale di Marx (ma anche, se si (...)

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> "ADAMO ED EVA", IL GENERE UMANO (GATTUNGSWESEN) E LA CREATIVITÀ "GENERICA": «IL DEMONE DI PICASSO» (Gabriele Guercio). Rec.ne di S. Chiodi.

venerdì 14 aprile 2023

ARTE, "ADAMO ED EVA", ECONOMIA POLITICA E FILOLOGIA.

MARX, IL GENERE UMANO (GATTUNGSWESEN), E LA CREATIVITÀ "GENERICA":

«IL DEMONE DI PICASSO».

Un libro di Gabriele Guercio da ri-leggere:

***

«Il demone di Picasso», opzione per l’arte nell’epoca del generico

di Stefano Chiodi («Alias - il manifesto», 04 giugno 2017)

Jeder Mensch ist ein Kibistler. Non credo potesse immaginare Joseph Beuys a che punto la posterità avrebbe adottato la sua celebre massima, secondo la quale, appunto, «ognuno è un artista». Non certo nel senso da lui auspicato, e fatalmente impervio, della liberazione di una creatività che potesse non solo esercitarsi senza limiti, ma, tratto essenziale, fosse alla base di un nuovo patto tra umanità e cosmo cui l’arte, ormai trasformata in «scultura sociale», avrebbe conferito illimitate energie spirituali. Piuttosto, la creatività diffusa della nostra epoca sembra al contrario perversamente confermare i presupposti di quell’ordine alienante che per Beuys costituiva la patologia originaria dell’uomo moderno. La convergenza, compulsiva, radicale, estatica, tra la natura spettacolare del neocapitalismo, i suoi nuovi strumenti di produzione e partecipazione immaginaria e cognitiva, e la spinta creativa individuale ci attira sempre più in un territorio in cui i social networks rappresentano solo la seducente parte visibile di un immenso, cruciale sommovimento, in cui, avvertono i filosofi, ormai dissipata la distinzione tra lavoro e non lavoro, è la vita umana tutta a essere trasformata in valore economico.

Ma la febbrile produzione creativa della moltitudine ha anche un inevitabile effetto degradante sulla pretesa dell’arte di conservare la propria antica capacità di dare visibilità a ciò che visibile non è ancora. Nella sua condizione postmodernista e postmediale - vale a dire indipendente da supporti, tecniche, pratiche tradizionali -, l’arte-in-generale del nostro tempo, eterogenea e senza limiti, rischia di apparire genericamente creativa, il suo valore ridotto a mero rilevamento istantaneo della sua approvazione sociale, pragmaticamente assunta a indice unico del suo residuo prestigio.

L’«orinatoio» compie cento anni

Di fronte a questo paesaggio, in cui l’arte sembra cadere vittima della fondamentale indistinzione con la non-arte da essa stessa istigata negli ultimi decenni, sarebbe agevole assumere l`atteggiamento corrucciato e prevedibilmente reazionario di chi lamenta la perdita delle buone pratiche, della «verità del fare», o anche quello, più benevolo, di quanti, e sono la maggioranza, si limitano a comporre tassonomie, astenendosi dal rilevare, se mai esistono, attriti e differenze. La sfida sullo sfondo del recente saggio di Gabriele Guercio, Il demone di Picasso. Creatività generica e assoluto della creazione (Quodlibet, pp. 252, € 18,00), è precisamente questa: interrogare l’indistinzione, l’anything goes che caratterizza le esperienze artistiche più recenti da una prospettiva insieme di critica esigente e di penetrazione storica, che affronti con coraggio la contraddizione e tenti di rileggerla in modo produttivo, senza sottrarsi all’onere di una paziente ritessitura teorica e genealogica.

Sarebbe stato scontato attendersi come punto di partenza di un simile percorso la figura di Marcel Duchamp, la cui invenzione maggiore, il readymade (il più famoso dei quali, l’orinatoio di porcellana ribattezzato Fountain, ha compiuto poche settimane fa cento anni), è all’origine della radicale trasformazione del campo artistico a partire dagli anni cinquanta dello scorso secolo. Invenzione grazie alla quale un’opera può fare a meno di ogni apporto manuale da parte dell’artista e condensarsi in un atto creativo, mentale - nel puro enunciato «questo è arte» -, aprendo una nuova, illimitata prospettiva di riconfigurazione estetica dell’esperienza. È invece con Pablo Picasso che Guercio decide di misurarsi, il Picasso sfacciatamente eclettico, smodato nel suo inventare e reinventare stili, complice della propria trasformazione in figura di culto - l’Artista geniale - ad uso dell’immaginario mediatico, ma anche tenacemente dedito a inseguire il «prodigio» di una creazione assoluta, che si misura alla pari col «demone della creatività generica» ma è qualitativamente differente da essa.

Nel libro, Picasso è osservato da presso in due passaggi rivelatori. Il primo è una fotografia de11913 di un effimero assemblage realizzato nell’atelier al 242 di Boulevard Raspail, in cui i confini tra realtà e finzione, tra segno e oggetto, tra «dato» e «creato» sono consapevolmente violati e rimescolati, così da produrre una sorta di perpetua, caotica oscillazione. Al centro dell’opera appare infatti un vuoto, un’esitazione, un non-sapere: come nel collage cubista, vi si afferma l’impossibilità di stabilire a priori una differenza tra dimensione artistica e non artistica. Il secondo passaggio: l’incontro di artista e modella nello studio - tema ossessivo che accompagna fino alla fine il percorso picassiano -, immaginato come esperienza amorosa, e anzi erotica in senso proprio, in cui la creazione dal nulla si manifesta come sospensione del tempo, come setting in cui diviene possibile concepire un’«opera viva» e tentare di penetrare l’enigma, interamente materialistico, di una origine senza divinità, senza trascendenza, senza regola, «senza radici».

Pratica anarchica, lavoro «morto»

Capiamo meglio a questo punto perché Picasso, e non Duchamp, appaia a Guercio la figura chiave per ridefinire le possibilità dell’arte nell’epoca del generico. Laddove per Duchamp la disseminazione (a determinate condizioni) del concetto unitario di arte nella «cosa qualsiasi» coincide con la sua costante riaffermazione (anche in assenza di creazione: Duchamp come curatore di mostre altrui, come alter ego femminile, come mero respirateur), per Picasso l’operazione artistica, con tutto il suo savoir faire, si misura direttamente con la propria deriva e declassamento in pratica anarchica, in lavoro «morto», e insieme con la necessità di rivendicare una oggettività a se stesso, come «artefice e custode di ciò che non evolve né deriva da un’evoluzione» ma emerge all’improvviso.

Nella dialettica tra creazione «assoluta» e creatività generica, tra l’artista come produttore e l’artista come demiurgo, Picasso addita dunque alla nostra epoca una possibilità diversa, quella di sottrarsi al relativismo e all`indifferenza senza richiudere il confine tra arte e non-arte, senza rifugiarsi nel «mestiere»: l’idea di un’esperienza che passi al tempo stesso nelle menti e nei corpi e manifesti una mancanza, un vuoto, un ignoto, la scoperta della differenza con un «altro da sé» altrove costantemente rimosso.
-  Con ricchezza concettuale e un’intensità di argomentazione a tratti visionaria, il libro di Gabriele Guercio ritrova un potenziale troppo spesso occultato della storia dell’arte, la sua capacità cioè di interrogare le opere non solo come documenti di forme di vita trapassate, ma come tracce vive e profezie di umanità potenziale.

***

FLS


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