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UNA CATTOLICA, UNIVERSALE, ALLEANZA "EDIPICA"!!! IL MAGGIORASCATO: L’ORDINE SIMBOLICO DELLA MADRE, L’ALLEANZA DELLA MADRE [GIOCASTA] CON IL FIGLIO [EDIPO], REGNA ANCORA COME IN TERRA COSI’ IN CIELO

DONNE, UOMINI E VIOLENZA: "Parliamo di FEMMINICIDIO". Dalla democrazia della "volontà generale" alla democrazia della "volontà di genere". L’importanza della lezione dei "PROMESSI SPOSI", oggi. Una nota di Federico La Sala

IL MAGGIORASCATO. La crisi epocale dell’ordine simbolico di "mammasantissima" ("patriarcato": alleanza Madre-Figlio).
martedì 8 gennaio 2013 di Federico La Sala
Foto. Frontespizio dell’opera di Thomas Hobbes Leviatano.
[...] l’esame della vicenda della monaca di Monza “alle genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue” una società basata sulla proprietà e sul maggiorasco e mostra di essere, senza alcun dubbio, un contributo critico di altissimo livello, degno di stare a fianco del Discorso sull’origine della disuguaglianza di Rousseau e della cosiddetta “accumulazione originaria” del Capitale di Marx (ma anche, se si (...)

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> DONNE, UOMINI E VIOLENZA: "Parliamo di FEMMINICIDIO" -- “Duecentomila in piazza”. Non una di meno di quante era necessario mobilitare per trasformare un immensa manifestazione in un fatto politico.

domenica 27 novembre 2016

Emozioni di una giornata particolare

di Norma Rangeri (il manifesto, 27.11.2016)

Non una di meno di quanto era stato promesso nelle previsioni della vigilia. Non una di meno di quante era necessario mobilitare per trasformare un immensa manifestazione in un fatto politico.

In un’Italia spaccata a metà tra il Si e il No, in un momento di scontro violento sulla rottamazione della Costituzione, la capitale del paese si trasforma nella città delle donne giunte a Roma da ogni angolo del paese. Una forza che scavalca di slancio l’agenda politica per riaffermare valori e tempi di una rivoluzione sociale che le donne non hanno mai smesso di costruire. Quando vogliono e decidono che è arrivato il momento, mostrano a tutti un’altra politica possibile, che unisce la storia e l’oggi con la vita di tutte al centro dell’impegno quotidiano.

Emozionante, eccitante, particolare. Centocinquantamila, per dare un’idea approssimativa, forse di più perché è difficile contare un’onda dietro l’altra senza soluzione di continuità, senza file ordinate, senza distanza tra chi è avanti e chi segue, senza organizzazione se non quella dettata dalla portata di un fiume che scorre tranquillo e rumoroso tra gli argini delle strade, da piazza della Repubblica a piazza S.Giovanni.

Un corteo immenso, di molte generazioni affiancate, come una materna matrioska che nel suo grembo raccoglie e nutre una marea di ragazze. Anche molti uomini camminavano e partecipavano cogliendo l’occasione di essere presenti in una battaglia che non potrebbe riguardarli più da vicino e più drammaticamente.

È stata una bella giornata contro la violenza come non si vedeva dagli anni 70, dalle battaglie contro l’aborto clandestino. Un popolo al femminile, donne con i cartelli e le parole delle associazioni e dei movimenti. E poi, attaccato alle prime centomila, come un altro corteo, chiassoso e variopinto, una gran festa di ragazze e ragazzi, famiglie, coppie anziane, lei fresca di parrucchiere e armata di cartello («la libertà delle donne è la libertà di tutti»), e il marito dietro.

Vita, amore, forza, contro la violenza e la morte che arriva con il femminicidio. Voci e volti accoglienti, megafoni per raccontare una cultura patriarcale che ancora schiaccia, opprime, uccide. In tante, armate delle ragioni di sempre, espressione di una robusta soggettività, popolare e plurale come la sinistra non è più in grado di essere da molti anni.

Certo non era un corteo che esprimeva simpatia verso il «grande leader» che ci sta portando a votare contro la Costituzione, semplicemente lo ignorava, mentre richiamava il governo al suo dovere: più soldi, più servizi sociali, più educazione di genere, leggi migliori.

L’informazione, scritta e televisiva, guardava altrove e non si è accorta di nulla. Povero Tg3 (ha relegato la notizia in fondo), povero Mentana (niente, zero assoluto, censurata), tutti presi dallo scontro Renzi-Grillo-Berlusconi. Giornali e televisioni del resto più che della società sono diventati l’altra faccia del potere.

E povero Grillo che, insieme alla sindaca Raggi, ieri sfilava sotto le bandiere del No, in un piccolo raduno poco distante dalla grande piazza S.Giovanni. A pensarci bene niente di straordinario, in fondo ai 5Stelle più delle donne piacciono le urne.


Basta violenza sulle donne

“Duecentomila in piazza”

di Flavia Amabile (La Stampa, 27.11.2016)

«Perché sono venuto? Perché lo voleva mamma». E’ sincero, Giuseppe. Ed è sincera anche sua mamma Elisabetta. «E’ vero. Se non pensiamo noi mamme a educare i nostri figli, chi dovrebbe farlo? »

Erano migliaia le madri che ieri hanno chiesto ai figli di accompagnarle alla manifestazione contro la violenza. C’erano anche molti padri, tantissime figlie femmine. E poi gli adolescenti, senza genitori perché a scendere in piazza con mamma e papà si corre il rischio di essere presi in giro per il resto dei propri giorni.

E’ andata così la giornata organizzata dalla rete «Io Decido» insieme con la rete dei centri antiviolenza e l’Udi, l’Unione donne italiane. Migliaia di persone (per gli organizzatori prima 100mila, poi 200mila) a sfilare. Non si vedevano strade così piene su una “questione di donne” dal debutto del movimento “Se non ora quando”. Era il 2011, il presidente del Consiglio si chiamava Silvio Berlusconi e bisognava sottolineare che le donne italiane non erano quelle delle intercettazioni che iniziavano ad essere pubblicate. E bisogna risalire al 2007 per trovare una piazza altrettanto affollata per denunciare la violenza degli uomini contro le donne nel nostro Paese. Un’altra Italia? Per nulla, a giudicare dagli slogan, i canti, gli striscioni. C’è chi scrive: «Per le donne morte non basta il lutto, pagherete caro, pagherete tutto». Oppure: «Siamo femministe, siamo sempre quelle, siamo milioni di forza ribelle».

«La verità è che siamo qui di nuovo perché dopo tanti anni che abbiamo combattuto la violenza maschile ancora non si ferma», spiega Vittoria Tola, responsabile dell’Udi, Unione Donne in Italia. Il motivo? «Le politiche in questo Paese non sono adeguate» e, comunque, «non vogliamo più perdere nessuna donna ma la violenza resta e si è trasformata nella modernità». I soliti discorsi da vecchie femministe? Le mamme in piazza la pensano allo stesso modo. «Quelli che sembravano dei diritti acquisiti possono essere cancellati se non si ricomincia a lottare», spiega Silvia, che alla manifestazione ha portato la figlia Emanuela.

Il principale imputato è la politica e proprio la politica è assente. In ogni senso. Nessuno degli slogan o dei cori si rivolge contro chi ha ruoli di potere ma nessuno di chi ha ruoli di potere ieri è sceso in piazza. Non c’è la sindaca di Roma, Virginia Raggi. E non c’è la ministra con la delega per le Pari Opportunità Maria Elena Boschi, impegnatissima nell’ultima settimana di tour per il referendum. Appare Livia Turco che da sempre segue le donne. Fece lo stesso anche nove anni fa ma era ministra, la mandarono via. Stavolta la accolgono con baci e abbracci ma non ha più ruoli decisionali. Ci sarebbe anche Roberta Agostini, deputata del Pd, ma il resto della folla sono le donne dei centri antiviolenza arrivate da tutt’Italia, i ragazzi dei centri sociali,i collettivi, le associazioni legate ai diritti civili, e poi un esercito di famiglie con i figli nei passeggini, sugli skateboard, a piedi. In piazza perché lo voleva mamma. E anche il papà, per fortuna.


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