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"Dio" - "cari-tas" e "mammasantissima"!!!

CALABRIA: SERRA D’AIELLO (Cosenza). La Casa di cura "Papa Giovanni": la reggia del prete in Harley Davidson. LA DIOCESI CERCA DA ANNI DI CEDERE LA STRUTTURA ALLA REGIONE...

venerdì 20 ottobre 2006 di Federico La Sala
LO SCANDALO DI COSENZA. LA PROCURA ACCUSA GLI AMMINISTRATORI DELLA CASA DI CURA: AVREBBERO INTASCATO MILIONI DI EURO DESTINATI AI PAZIENTI
La reggia del prete in Harley Davidson
Quadri e gioielli con i soldi del «manicomio»
di Marco Sodano (La Stampa, 20/10/2006)
SERRA D’AIELLO (Cosenza). I trecentosessanta fantasmi condannati a scontare la malattia mentale - chi vent’anni, chi trenta e più - all’istituto Papa Giovanni di Serra d’Aiello sono vestiti con roba di recupero. Oggi arriva un (...)

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> CALABRIA: SERRA D’AIELLO (Cosenza). ---- Oggi la situazione è profondamente cambiata...Una lettera sulla vicenda (di Assunta Signorelli).

mercoledì 11 marzo 2009

Lettera al Direttore di Repubblica

di Assunta Signorelli

Una lettera sulla vicenda di Serra D’Aiello in Calabria *

Gentile direttore,

le scrivo in relazione all’articolo comparso oggi sul Suo giornale dal titolo “Sparizioni e sospetti omicidi sui monti calabresi un ospizio degli orrori”.

Ho una domanda da porle, domanda che potrà sembrare pleonastica ma che voglio, comunque, farLe: “perché proprio ora”?

Le notizie riportate sono notizie vecchie e macinate. Già nel 2006, il Forum Salute Mentale Nazionale, come da sempre fa in riferimento ai nuovi contenitori che hanno sostituito i manicomi, aveva denunciato le condizioni delle persone ricoverate e lavoratrici dell’IPG XXIII di Serra D’Aiello (Cosenza), ma allora la cosa non suscitò interesse: il destino delle persone “senza” (diritti, lavoro, casa, affetti, documenti e così via) non è notizia “in sé”, lo diventa solo quando sostiene interessi e convenienze di chi “senza” non è dal momento che ha tutto, potere politico, mediatico ed economico.

Sono consapevole che la cosa non è del tutto vera. Quella denuncia fu accolta da qualche protagonista di quella che sembrava poter essere la “stagione del riscatto della Calabria”. Il Centro Sinistra aveva vinto le elezioni e dichiarava di voler assumere la sanità calabrese come questione centrale da affrontare nella direzione di una sua riorganizzazione e legalizzazione: efficacia ed efficienza dei servizi pubblici, controllo e attenzione di quelli privati, riconoscimento e rispetto del “diritto alla cura” per la cittadinanza dovevano essere le parole d’ordine del nuovo corso.

Fui tra quelli che credettero a questa promessa, perciò oggi mi ritrovo ancora qui, per conto del tribunale di Paola (Cosenza), ad avere la responsabilità della Direzione Sanitaria dell’Istituto Papa Giovanni.

Ho iniziato nell’agosto 2006, ed ho trovato quella situazione che oggi viene descritta, anche se, per amore di verità, già allora esistevano isole felici, luoghi dove il personale, in una situazione strutturalmente disastrata ed economicamente deficitaria, cercava d’impegnarsi nell’accudimento e nel sostegno delle persone.

Non mi soffermerò sul lavoro svolto in questi tre anni: mi limito a riportare il dato che questo lavoro ha sempre tenuto presente la necessità di rispondere alla domanda di legalità e rispetto che le persone ricoverate e il personale ponevano alle istituzioni tutte, dalla chiesa ai governi locali e centrali, passando attraverso i tribunali, la sanità e la politica dal momento che a loro deve ricondursi la responsabilità della condizione di degrado e miseria nella quale i ricoverati e il personale (per anni a mezzo o senza stipendio) sopravvivono da più di dieci anni.

Questa necessità si è inverata in una pratica collettiva: molto del personale ha attivamente partecipato al processo di trasformazione istituzionale, teso a costruire spazi di vita che ridessero dignità, non solo alle persone ricoverate, ma alle istituzioni nel loro complesso.

Oggi la situazione è profondamente cambiata: le persone accolte non vivono più in reparti sovraffollati, hanno la possibilità di usufruire del loro denaro, alcune, circa trenta, abitano in piccoli alloggi dignitosamente arredati e tutte, nessuna esclusa, ricevono cure ed assistenza secondo le loro necessità. La revisione della situazione giuridica delle singole persone (interdette o in amministrazione di sostegno) ha prodotto, fra le altre cose, la nomina di amministratori di sostegno appartenenti al mondo del volontariato e della cooperazione sociale che hanno attivamente partecipato al lavoro di riabilitazione.

Certo permangono i problemi strutturali più grossi, ma se si pensa che tutto è avvenuto senza un aumento di spesa, non si poteva fare di più!

Quanto precede non fa notizia, così come l’azzeramento del processo terapeutico riabilitativo, la deportazione delle persone ricoverate in luoghi, forse meno vetusti ma ugualmente escludenti, le famiglie del personale dipendente sul lastrico, non è cosa che merita un rigo di giornale!

E sì, perché nonostante il lavoro fatto, l’istituto va sgomberato: così vuole il governo della regione che in questi ultimi anni non è stato in grado di elaborare un progetto di riconversione e rilancio dell’Istituto come da impegni presi nel 2006 all’inizio dell’esperienza.

Anzi, dopo una prima fase di condivisione, con il cambio di due assessori alla sanità e di un direttore generale dell’azienda sanitaria territoriale, ha fatto cadere proposte e progetti in grado di salvaguardare il bisogno di cura delle persone e un buon numero di posti di lavoro. E questo fino ad arrivare alla fase attuale quando, a fronte della conclusione del procedimento giudiziario, altro non resta se non il fallimento e la chiusura definitiva dell’istituto con le persone ricoverate trasferite in altre strutture private del territorio e il personale sottoposto a trattamenti i più diversi: cassa integrazione, lavoro precario o “precariamente” garantito, secondo uno schema ben noto in questo nostro paese.

Di quanto precede non si fa cenno nell’articolo in questione, del fatto che da dieci giorni si dia per imminente uno sgombero forzato dell’istituto (si vocifera di circa mille poliziotti pronti ad intervenire) che alternativamente dovrebbe interessare il personale, le persone ricoverate o tutti insieme appassionatamente, non c’è riscontro alcuno.

S’informa solo di quanto accaduto nel passato: che importa, poi, se chi legge pensa che questo continui ad accadere e, così, chi sgombera e chiude ci fa pure una bella figura! Dietrologia perversa di una psichiatra la mia? Non credo ed il riscontro l’ho avuto nelle numerose telefonate ricevute: volevano sapere cosa stava succedendo al Papa Giovanni! Il battage mediatico di martedì 10 marzo (da Mediaset alla RAI tutti hanno confuso e sovrapposto i tempi) ha oscurato l’attualità e riproposto un passato ormai superato facendo il gioco di chi tratta i “senza” come merce di scambio e la classe lavoratrice come zavorra inutile e fastidiosa!

-  Cordialmente.

-  Assunta Signorelli

-  Serra D’Aiello 11-03-2009

* Il dialogo, Mercoledì 11 Marzo,2009 Ore: 14:43


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