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Al di là della “concezione edipica del tempo”(Vattimo).

LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO DEI "DUE SOLI". Con la morte di Giovanni Paolo II, il Libro è stato chiuso. Si ri-apre la DIVINA COMMEDIA, finalmente!!! DANTE "corre" fortissimo, supera i secoli, e oltrepassa HEGEL - Ratzinger e Habermas!!! MARX, come VIRGILIO, gli fa strada e lo segue. Contro il disfattismo, un’indicazione e un’ipotesi di ri-lettura. AUGURI ITALIA!!!

Solo con Giuseppe, Maria è Maria e Gesù è Gesù. Questa la fine della "tragedia", e l’inizio della " Divina Commedia"!!! LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE "GIUSEPPE" E DELLO STESSO "PADRE NOSTRO" ... E CONTINUA A "GIRARE" IL SUO FILM PRE-ISTORICO PREFERITO, "IL PADRINO"!!!
domenica 24 giugno 2007 di Federico La Sala
[...] Per chi è diventato come Cristo, un nuovo re di giustizia e un nuovo sacerdote, non resta che denunciare tutta la falsità (non della donazione, ma) delle fondamenta stesse dell’intera costruzione teologico-politica della Chiesa di Costantino - e re-indicare la direzione eu-angélica a tutti gli esseri umani, a tutta l’umanità!!! Per sé e per tutti gli esseri umani, Dante ha ri-trovato la strada: ha saputo valicare Scilla e Cariddi, andare oltre le colonne d’Ercole ... e non restare (...)

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> LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO DEI "DUE SOLI". --- "Dante poeta-giudice del mondo terreno" (Roberto Antonelli). Rec.ne di Paolo Cherchi.

martedì 23 maggio 2023

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO *

      • Roberto Antonelli, Dante poeta-giudice del mondo terreno,
      • Roma, Viella, 2021, pp. 297.

Il titolo, Dante poeta-giudice del mondo terreno (Roma, Viella, 2020), sembra lanciare una sfida, suggerire un recupero, offrire una conferma, o, detto in modo diverso, indicare una grande costruzione su una pianta vecchia. Reggerà? Conserverà molto e in modo riconoscibile l’edificio antico? o lo restaurerà con pochissime modifiche? Ecco alcune delle domande che il titolo in esponente fa sorgere, e il fatto che metta in moto il lettore con questa serie di promesse e di sfide e di curiosità dice molto della felicità di un titolo che cifra il libro e nello stesso tempo ne suggerisce una chiave di lettura. In effetti ogni dantista vi sente l’eco del Dante als Dichter des irdischen Welt, il celeberrimo saggio di Erich Auerbach del 1929, che, partendo da uno spunto hegeliano, segnava un modo assolutamente nuovo di leggere la Commedia.

Senza più perdersi negli infiniti problemi posti dalle esegesi positiviste o idealiste, Auerbach puntava sul tema del “realismo”, che conserva i tratti del mondo terreno pur trasferendoli nel mondo ultraterreno, e non solo li conserva ma li “essenzializza”, come poi dirà lo stesso Auerbach nell’altro ancor più celebre saggio Figura del 1938. In questi studi capitali, però, non compariva il “giudice” accanto al “poeta”, una presenza che invece Antonelli rileva nel suo titolo hyphenated, ossia con quel trattino che crea un’unità semantica nel momento stesso in cui la scompone. È una combinazione che consente di recuperare un altro dato cruciale negli studi danteschi, ossia quella distinzione tra autore e personaggio, lanciata simultaneamente da Contini e da Singleton negli anni Cinquanta. La distinzione è sottilissima e ha creato anche molta confusione perché è stata schematizzata e irrigidita. Antonelli invece la utilizza per avvalorare il “realismo” e trasformarlo in un messaggio profetico. Per lui il rapporto personaggio/autore non è un binomio oppositivo ma dialettico che consente al poeta Dante di “giudicare” l’operato e le reazioni del suo personaggio davanti alle anime dell’altro mondo. In altre parole, Dante assolve la funzione del “giudice” delle sue proprie azioni e reazioni negli incontri con le anime durante il suo viaggio nel regno dei morti. E poiché questo personaggio che reagisce e si giudica è il Dante che ha precisi tratti anagrafici, ma è anche un everyman (come viene annunciato fin dalla prima terzina con la compresenza del “nostra vita” e “mi ritrovai”), il giudizio su sé stesso è spesso anche giudizio sull’operato umano in generale. E siccome il Dante personaggio è un peccatore, il suo giudicarsi ha una funzione penitenziale. Per giunta l’everyman che è in lui giustifica e allarga il suo giudizio agli eventi del mondo, alla sua politica e ai suoi mores e valori. Il Dante autore prende la voce delle guide che lo sostengono nel viaggio, prima Virgilio e poi BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 293 Beatrice; e man mano che il Dante personaggio si libera dei suoi peccati o delle tendenze peccaminose, tende ad identificarsi con la saggezza e il sapere delle sue guide. Ma il processo educativo non si ferma con l’esaurimento di questi insegnamenti: infatti, una volta superato l’esame davanti ai teologi e diventato “puro e disposto” a vedere Dio, il poeta e il suo personaggio si sovrappongono, anzi si identificano. Così, quando quel binomio diventa una sola persona, allora il poeta acquista la voce di un autore-profeta perché non parla più di sé ma parla a tutti gli uomini riferendo a questi la parola divina, e in tal modo la sua poesia prende il valore della profezia o di voce poetica ispirata da Dio.

Fino a questo punto vediamo che Antonelli erige un edificio in cui si riconoscono almeno le vecchie fondamenta, ossia i principi strutturali sui quali il poema viene costruito. Ma è anche vero che l’edificio presenta novità considerevoli: un realismo che produce realtà metafisiche e una coppia che ha per fine quella di comporsi in un’unità. Ma perché questa macchina funzioni alla perfezione è indispensabile un elemento strutturale del tutto nuovo: è la nozione del “teatro del mondo” lanciata da Harald Weinrich a proposito della Commedia e che Antonelli integra e ingrana nelle altre strutture indicate: è una novità che completa l’impalcatura in modo da rendere funzionale il nuovo edificio. Nelle intenzioni di Harald Weinrich “il teatro della memoria” serve a chiarire una modalità del “realismo dantesco”, spiegando come la collocazione dei personaggi contribuisca a renderli memorabili. Antonelli utilizza questa nozione - ampiamente chiarita nel terzo capitolo - e la porta a conseguenze estetiche ulteriori e ben più complesse di quanto non risulti dal saggio di Weinrich. La memoria che a lui interessa non è tanto quella dei lettori quanto quella del viator, sia nella veste dell’auctor sia nella veste del personaggio. L’autore ha bisogno di creare una struttura per il viaggio del suo personaggio e deve fare in modo che i “loci” in cui colloca le anime creino un ordine compatibile con le gerarchie dei sistemi morali e cosmologici.

Quella struttura è quindi fatta di simmetrie e di collegamenti che giustificano i rimandi interni dell’opera che - ora è chiaro - sono calcolati e quindi sono semanticamente significativi. Pertanto il teatro della memoria più che una costruzione tassonomica di cui si servivano le enciclopedie rinascimentali (chi non ricorda “il teatro della memoria” di Giulio Camillo?) è una sorta di “cassa di risonanza”, che spiega e autorizza i rimandi testuali che si possono cogliere all’interno del poema, le numerose allusioni ad episodi superati e ad episodi che verranno. Il teatro della memoria, insomma, “lega” la Commedia in un racconto dove l’autoreferenzialità conferma la sapienza e la consapevolezza di un portentoso piano costruttivo. Non un semplice palcoscenico dal quale lo spettatore può abbracciare “l’ordine del mondo” rappresentato dalle “sedi” o “categorie” della realtà, come volevano i teatri mnemonici rinascimentali, ma un vero teatro nel quale il personaggio deve muoversi e interloquire con i personaggi collocati nei loci assegnati loro dalla giustizia divina e corrispettivi al loro operato in questa terra. Tutto questo suggerisce la seguente considerazione: la Commedia è essa stessa una sorta di teatro o di finzione del vero così ben realizzata da sembrare vera. Il “teatro” in effetti è la più ovvia delle finzioni, e gli spettatori sanno di assistere a uno spettacolo non vero, ma che per essere persuasivo deve essere vero nella rappresentazione. Perché sia teatro bisogna che si seguano alcune convenzioni, fra cui primeggiano quelle dello spazio chiuso del teatro, il palcoscenico e la maschera.

A teatro gli attori saranno tanto più convincenti quanto più mentiranno, cioè fingendo di essere persone diverse da quello che sono. Era questo Le paradoxe sur le comedien di Diderot e ripreso da Gadamer, e nella Commedia gli eventi sono così ben “finti” che ancora potremmo discutere se il viaggio di Dante nell’oltretomba sia una visione vera o una visione immaginata. Congegnata in questo modo, la macchia della Commedia non è statica ma si muove, e Antonelli ne ricostruisce la dinamica in modo convincente. Sulle linee portanti dell’ordito indicato, Antonelli avvia la tessitura del libro che è composto di varie tappe, ma tutte viste nel fieri del viaggio, nel crescere del personaggio e del poeta in vista degli scopi che la loro dialettica si prefigge.

Ad esempio: il Limbo e l’incontro con i maestri classici e il fatto che Dante si senta “sesto fra cotanto senno” non significa solo che egli sia indebitato intellettualmente verso quella “bella scuola”, ma anche che dovrà procedere oltre e scrivere il “poema sacro”, e quindi la separazione da quei grandi poeti ha anche il senso del superamento e della missione penitenziale che presiede al viaggio intero. È anche un preludio alle “separazioni” che verranno: il Pellegrino si separerà da Virgilio quando avrà appreso da lui la “scienza” che si può ricavare dal sapere antico; e si separerà anche da Beatrice dopo che l’avrà guidato nel mondo della “sapienza” e lo ho reso capace di vedere Dio. Anche questo è un divenire che la “cassa di risonanza” aiuta a mettere in luce e in prospettiva.

La poesia come soggetto è uno dei temi toccati con frequenza altissima nel corso della Commedia per ragioni che sono in parte ovvie e in parte vengono alla luce da una lettura come quella di Antonelli. Le origini della Commedia si trovano nella Vita nuova, origini che sono anche un traguardo del viaggio come ritorno all’innocenza e alla purezza che rende atti alla visione finale e all’investitura divina della dote profetica, inverando dunque quelle potenzialità dell’amore che, intese male in gioventù, hanno sviato il poeta e i suoi compagni. La Commedia è ricca di personaggi poeti che indicano in modi diversi l’uso buono e meno buono di questo dono del linguaggio poetico, e fra questi ha un ruolo speciale Guido Cavalcanti, il primo amico di Dante. Non per nulla la sua è una presenza costante nel poema, ma una presenza inquietante e celata, anche perché egli è ancora vivo nel momento in cui Dante compie il viaggio. Cavalcanti è una specie di interlocutore mentale, possiamo dire, la cui voce viene colta spesso in allusioni di rime e di immagini che Antonelli coglie dove nessuno le aveva viste, e questo è possibile grazie alla sua esperienza scientifica di studioso della rima come fonema semantico. E le numerose osservazioni in tale senso sono anch’esse il risultato di quel “teatro della memoria”, in cui ogni locus sta in relazione ad altri, e la valorizzazione di queste corrispondenze dipende dalla sagacia del lettore.

Al tema della poesia sono intrecciate la missione del poema e il suo “messaggio”, e ciò spiega non solo l’accoglienza nella “bella scuola”, come abbiamo detto, ma tutta una serie di episodi che tramano il viaggio, dagli incontri con Francesca a Bertran de Born e Arnaut Daniel; è presente nella missione rivelatagli da Cacciaguida e nell’esame dei teologi che garantisce la fondazione dell’investitura celeste a parlare ai popoli dall’alto dei cieli con la parola umana ma con un messaggio sacro. E quando ciò sarà chiaro, sarà anche ovvio che il personaggio e il poeta parlano con la stessa voce perché il primo ha l’approvazione totale del secondo. Parallelo al tema poetico è quello politico che emerge in una serie di episodi “forti” - da Farinata, a Bonifacio VIII, all’aquila del paradiso e all’incontro con Cacciaguida e in vari altri - ma è presente ovunque non solo per il ruolo che la politica ebbe nel destino civile di Dante, ma perché la giustizia divina in terra si realizza con una sana politica che viene alterata quando i due poteri o i due “soli” collidono anziché cooperare. Ed è un argomento per il quale l’autore e il personaggio si erigono a “giudici” del mondo terreno, giudizio che all’inizio mette in luce gli errori che “il personaggio” stesso ha commesso e di cui ora vede le conseguenze, ma il viaggio penitenziale lo libera anche da queste scorie, per cui, con la maturità di chi conosce il mondo, si fa portavoce del volere divino. In tal modo e dall’alto dei cieli la sua parola acquista la qualità della profezia che annuncia i castighi e sa indicare la via giusta per evitarli. Anche in questo filone vediamo, dunque, che la tensione del duo autore/personaggio culmina nella fusione perfetta dei due. È la sola condizione che consenta il passaggio dal poeta al profeta e che autorizzi la definizione di “poema sacro” alla sua opera. Nessuno dei maestri/guida di Dante può essere “profeta” perché tale ruolo non è concesso né ai morti né ai santi: solo una persona viva, che per grazia speciale comunica con Dio, può rivelare ai vivi il volere e la giustizia divina. Il “realismo” della visione, così ben evidenziato da Auerbach, acquista ora una funzione chiara: esso sostanzia le istanze profetiche di giustizia davanti ad un mondo “che mal vive”, istanze ampiamente espresse nel corso di tutta l’opera. E in questa figura del profeta, suprema ipostasi del “poeta-giudice”, si condensa il messaggio morale e artistico del poema sacro.

La dinamica instaurata dalla compresenza di autore e personaggio viene dunque spiegata in modo nuovo e viene utilizzata in modo persuasivo. È sicuramente una delle conquiste di questo libro. Del quale non possiamo render conto dettagliato del come vengano affrontati annosi problemi del poema e del modo nuovo con cui vengano risolti; qui ci limitiamo a dire che tutti gli aspetti presi in esame contribuiscono a creare quel senso di organicità che gli edifici ben costruiti presentano. È un libro così intrecciato nei suoi quattordici capitoli che nessun particolare potrebbe essere sufficientemente descritto senza fare riferimento a tutte le ramificazioni che spiegano perché faccia parte del poema e perché lo si trovi nel punto in cui lo leggiamo. In ultima analisi ciò dipende dal fatto che tutto il poema tenda a culminare in quel punto che lo rende sacro e profetico pur rimanendo sostanzialmente autobiografico.

La poesia della Commedia ricrea il mondo terreno in uno spazio che dovrebbe essere abitato da sole ombre, ma di fatto esse sono più vere di quelle che hanno calpestato la terra perché sono “essenzializzate”, come aveva visto Auerbach. Antonelli aggiunge che il realismo risultante da tale interpretazione avvalora il giudizio della persona che visita il regno dei morti e lo addita ai viventi perché sappiano trovare nel teatro dell’aldilà o nell’eterno il luogo che tramanda la memoria di ciò che avviene sulla terra. È un passato storico messo a fuoco perché viene rivisto attraverso il filtro del giudizio divino: il poema non è solo “realistico” ma anche profondamente morale. La promessa di imitazione/sfida notata nel titolo viene adempiuta: si conservano elementi di alcune tesi ormai classiche, ma le si rinvigorisce con una visione sensibilmente rinnovata. Il risultato è un libro difficile da riassumere, ma che decisamente si distingue nella voluminosa dantistica attuale.

* PAOLO CHERCHI


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