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Uomini e donne, per un "cambio di civiltà" - al di là del Regno di "Mammasantissima": l’alleanza edipica della Madre con il Figlio, contro il Padre, e contro tutti i fratelli e tutte le sorelle.

USCIAMO DAL SILENZIO: UN APPELLO DEGLI UOMINI, CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE. Basta - con la connivenza all’ordine simbolico della madre [Giocasta]!!! - a c. di Federico La Sala

L’antropologia come la teologia della "sacra famiglia" della gerarchia vaticana è zoppa e cieca: è quella del ’Figlio’ che prende - accanto alla Madre - il posto del padre "Giuseppe" e dello stesso "Padre Nostro"... e fa il "Padrino"!!!
lunedì 27 novembre 2006 di Federico La Sala

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> USCIAMO DAL SILENZIO: UN APPELLO DEGLI UOMINI, CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE. Basta - con la connivenza all’ordine simbolico di "Mammasantissima" (l’alleanza edipica della Madre con il Figlio, contro il padre e contro tutti i fratelli e tutte le sorelle) !!!.

sabato 25 novembre 2006

Usciamo dal silenzio

di Barbara Pollastrini *

Vorrei conoscere i risultati di un sondaggio. Vorrei sapere quante persone sanno che una donna su tre nel mondo e una su quattro in Europa ha subito almeno un tentativo di violenza o molestia grave. Vorrei sapere quanti lettori di questo giornale sanno che la violenza costituisce la prima causa di morte delle donne tra i sedici e i cinquant’anni. Più delle malattie e degli incidenti. Vorrei sapere quanti padri, mariti, fratelli sanno che in Italia una donna su due nell’arco della vita è vittima di una o più molestie a sfondo sessuale. E vorrei sapere quanti ignorano che un omicidio su quattro avviene tra le mura domestiche.

Di queste vittime il settanta per cento sono donne e bambini. Vorrei sapere quanti sono a conoscenza del fatto che oltre il novanta per cento delle vittime di violenza o di molestie non denuncia il fatto. Per paura di ritorsioni, per vergogna, per l’incubo di una nuova insopportabile ferita psicologica.

Questo sondaggio sulla percezione reale del problema non c’è, anche se i dati citati sono statistiche ufficiali. Siamo davanti a una incomprensibile e insopportabile rimozione che interroga prima di tutto le coscienze maschili e le élites di questo Paese. Ma le donne ci sono. Esistono. E sanno reagire. Lo fanno perché vivono su di sé, sul proprio corpo, nella propria mente, il senso della propria dignità di fronte a una società - e spesso, una politica - che fa troppo poco per difendere sicurezza, libertà e diritti. Oggi molte di queste donne lo diranno. Lo faranno in centinaia di eventi e manifestazioni convocati nella giornata che l’Unione Europea ha promosso contro la violenza sulle donne. Un evento che riguarda tutti, perché oggi nel mondo parlare dei diritti delle donne significa affrontare la pagina più drammatica e irrisolta dei diritti umani. Sulle donne - sul corpo e sulla vita delle donne - vecchi e nuovi fondamentalismi giocano, infatti, una partita decisiva per il potere in quel processo complesso che va sotto il nome di globalizzazione. È uno scontro cruento che investe popolazioni, civiltà, spesso nel silenzio assordante della comunità internazionale.

Anche per questo la giornata di oggi non è un atto di testimonianza. È un grido d’allarme e l’espressione di un impegno. Potrà accendere dei riflettori e segnalare in tanti paesi l’urgenza di leggi e provvedimenti adeguati. Ma sfida aperta su questo fronte sarà lunga e faticosa. Anche perché le donne, per quanto forti e solidali tra loro, non possono farcela da sole. Servono le istituzioni sovranazionali, servono i parlamenti, servono i partiti e i movimenti, soprattutto servono regole e cultura. L’Italia - va detto con sincerità - è in ritardo. Altri paesi in Europa e nel mondo su questo terreno decisivo per la civiltà e la democrazia hanno fatto di più. Hanno varato leggi severe contro ogni violenza e molestia, ma azioni complessive che affrontano l’emergenza sotto il profilo sociale, culturale, economico. Interventi che insistono sulla prevenzione e sull’educazione, sulla convivenza e sul rispetto del principio «sacro» della inviolabilità del corpo di ogni donna e di ogni essere umano. Per noi è giunto il tempo di colmare questo ritardo.

Abbiamo iniziato a farlo - anche come ministero dei Diritti e della Pari Opportunità - con la finanziaria per il 2007. Sarà istituito un Osservatorio contro la violenza di genere in ogni sua espressione. Con la manovra si rinnova l’impegno contro le mutilazioni genitali femminili, contro la tratta e ogni forma di sfruttamento e segregazione. Avrei voluto maggiori risorse e al Senato continueremo la nostra battaglia per un’attenzione e un impegno maggiori. Tutto questo però non basta. Ciò che serve, e che stiamo costruendo, è un piano ampio e integrato contro la violenza sulle donne e a causa dell’orientamento sessuale e di genere. Un progetto ambizioso che mobiliti risorse, competenze diverse a partire dai centri antiviolenza, dalle case e associazioni delle donne.

Un programma mirato a una svolta sul terreno della cultura, della formazione al rispetto della persona, dell’informazione e dell’immagine della donna nella comunicazione, del costume e del linguaggio. In questa cornice si colloca anche la legge contro le molestie per la tutela delle vittime a cui stiamo lavorando intensamente. Lo stiamo facendo, come è giusto, ascoltando i pareri e proposte delle donne.

Sono convinta che solo una riflessione ampia può aggregare intorno a una legge di civiltà il consenso necessario a farla vivere come un patrimonio del paese e non come il risultato di una parte o di una maggioranza.

Questa è anche la ragione che ci spinge a cercare nel Parlamento una intesa larga a sostegno della legge. Lo dico perché la nostra battaglia può essere - anzi, dovrebbe essere sul terreno delle regole e dei diritti umani la - una battaglia di tutte e di tutti. La giornata di oggi per queste ragioni è un’occasione che cittadini, istituzioni e classi dirigenti non devono sprecare. Dare seguito coi fatti alle parole di oggi è un dovere morale prima che politico.

* www.unita.it, Pubblicato il: 25.11.06 Modificato il: 25.11.06 alle ore 12.55


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