Ecco cosa prevedono i quattro quesiti per cui gli italiani saranno chiamati alle urne il 12 e 13 giugno *
ROMA - Con la decisione della Cassazione, che ha stabilito che il referendum sul nucleare si svolgerà anche se il governo con il decreto Omnibus ha abrogato per un certo tempo la normativa a cui i quesiti si riferivano, rimette in moto la macchina referendaria anche per il quarto dei quesiti previsti.
Due giorni di voto quindi per gli italiani per dire Sì o No su quattro temi:
la privatizzazione dell’acqua, i profitti sull’acqua,
il legittimo impedimento e appunto il nucleare.
QUANDO SI VOTA. Le urne saranno aperte domenica 12 e lunedì 13 giugno. Il 12 si potrà votare dalle 8 alle 22, mentre il 13 le urne apriranno alle 7 e chiuderanno alle 15.
COME SI VOTA. Gli elettori devono presentarsi, con un documento d’identità valido e la tessera elettorale, presso la sezione elettorale indicata sulla tessera stessa. Il voto deve essere espresso con una X sull’opzione scelta in ciascuna delle quattro schede, una per ogni quesito.
Come tutti i referendum abrogativi, bisogna votare Sì se si vogliono cancellare le norme al centro dei quesiti. Con la vittoria del No, le norme rimarrebbero vigenti.
PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA (SCHEDA ROSSA) Il titolo completo del quesito è "Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica" e si riferisce all’abrogazione dell’art. 23 bis della Legge n. 133/2008. Sono le norme che permettono l’affidamento dei servizi idrici ai privati. Votando Sì, si vota contro la privatizzaione dell’acqua . Votando No, si lascia intatta la possibilità di affidare i servizi idrici ai privati.
PROFITTI SULL’ACQUA (SCHEDA GIALLA) Il secondo quesito propone l’abrogazione di una parte dell’art.154 del Decreto Legislativo n. 152/2006. Nello specifico, se vincessero i Sì sarebbe abrogata la norma che prevede che i privati possano stabilire una tariffa per il servizio idrico tenendo conto dell’"adeguatezza della remunerazione del capitale investito", ovvero garantendosi un profitto. Votando No, la norma rimarrebbe valida.
NUCLEARE (SCHEDA GRIGIA) Il titolo del quesito, riformulato dalla Cassazione alla luce delle norme introdotte col decreto ’Omnibus’, sarà "Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare". Per votare contro il nucleare in Italia, gli elettori dovranno scegliere il Sì.
LEGITTIMO IMPEDIMENTO (SCHEDA VERDE CHIARO) Il quesito sul legittimo impedimento mira ad abrogare una parte della legge nr. 51 del 7 aprile 2010 dal titolo ’Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza’. È la norma che introduce la possibilità per chi è impegnato in attività di governo di non comparire nelle aule di giustizia.
NELLA SEDE DELL’ITALIA DEI VALORI, PROMOTRICE DI DUE QUESITI, GIÀ SI FESTEGGIA
Referendum, il quorum c’è: vota il 57%
Vertice della Lega: «Basta sberle»
Vittoria netta dei sì in tutti i quesiti. Anche -Berlusconi aveva ammesso: «Addio al nucleare» *
MILANO - Il quorum è stato raggiunto. Quella che fino a lunedì mattina sembrava solo una eventualità più che probabile (dopo il 41% di votanti registrato nella rilevazione di domenica sera) è diventata una certezza con l’arrivo dei primi dati ufficiali del ministero dell’Interno: l’affluenza alle urne per i quattro referendum si è infatti attestata al 57%. Lo stesso Silvio Berlusconi, in mattinata, a voto ancora in corso, aveva rotto il silenzio elettorale ammettendo che «dovremo dire addio al nucleare in seguito del voto popolare» e che «dovremo impegnarci sulle energie rinnovabili». Un concetto poi ribadito a risultato ormai conclamato: «La volontà degli italiani è netta su tutti i temi delle consultazioni».
I RISULTATI - Insomma, un risultato decisamente positivo per i comitati referendari, che per la prima volta da 16 anni a questa parte riescono nell’obiettivo di ottenere una partecipazione di popolo tale da garantire la validità della consultazione. In tutte le precedenti occasioni, infatti, il fronte dei no ha sempre preferito optare per una campagna pro-astensione, con l’obiettivo di far fallire il voto assommando il proprio non voto a quello degli astensionisti fisiologici, coloro che cioè non vanno a votare neppure per le elezioni politiche. Ma questa volta il «fuori gioco» referendario non è scattato. E il risultato alla fine è stato scontato: i sì per i diversi quesiti, senza significative variazioni per i diversi temi affrontati, risultano attorno al 95-97%.
RIPERCUSSIONI SUL GOVERNO - Resta ora da verificare se vi saranno ripercussioni sul governo, visto che il referendum sul legittimo impedimento coinvolge direttamente il premier Silvio Berlusconi e che gli altri tre sono comunque legati a provvedimenti approvati dal governo o legati al programma elettorale del centrodestra. Il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, e il ministro Ignazio La Russa, che del partito è coordinatore, si sono affrettati a dire che gli italiani hanno votato su quesiti specifici e non sulla tenuta dell’esecutivo. Le opposizioni, dal canto loro, sono immediatamente partite all’attacco. Per il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, Berlusconi a questo punto avrebbe solo un passo da compiere: «Si dimetta e vada al Colle».
IL VERTICE DELLA LEGA - Ma non è solo l’opposizione ad analizzare il secondo risultato negativo per il centrodestra a distanza di poche settimane dalla debacle delle amministrative. Da più parti gli analisti, anche dell’area pidiellina, parlano di disaffezione degli elettori moderati e di necessità di rivedere la politica della maggioranza. La Lega ha riunito in via Bellerio il proprio stato maggiore: ci sono Bossi e i principali ministri. E anche se questi incontri sono la norma il lunedì nella sede del Carroccio, appare certo che le valutazioni che il Senatur si accingono a fare riguarderanno non solo l’esito della consultazione ma anche i rapporti interni alla coalizione. A maggior ragione considerando che domenica prossima ci sarà il tradizionale raduno di Pontida nel corso del quale Bossi parlerà al popolo leghista reduce dalla doppia sconfitta al referendum e alle elezioni amministrative, con il tracollo di Milano. Particolarmente esplicito Roberto Calderoli: «Diremo a Berlusconi cosa dovrà portare in aula il 22 giugno. Siamo stanchi di prendere sberle...».
Al. S.
DIRETTA
Seggi aperti, l’Italia alle urne
Affluenza alle ore 22 al 40,7 % *
Votazioni per il referendum Urne chiuse alle ore 22, si torna a votare lunedi mattina dalle 7 fino alle 15. Quattro i quesiti: due riguardano l’acqua, nucleare e legittimo impedimento. Il Viminane inizia a diffondere il dato della terza rilevazione sull’affluenza. Ottimismo per il raggiungimento del quorum dopo il dato delle 19, che il Ministero dell’Interno rileva dal 2003. Da allora, solo un caso di referendum confermativo, nel 2006: alle 19 l’affluenza era al 22% e si raggiunse il quorum. Il numero "magico" è 25.209.345. L’affluenza alle ore 12 era già la più alta dopo quella del voto sul divorzio (1974) e sul finanziamento pubblico dei partiti (1978). Incognita sugli italiani all’estero. Bersani: "Col 50% si cambia la storia". Berlusconi: "Non accadrà niente". A Roma hanno votato Napolitano e Ciampi, a Napoli De Magistris, a Milano il cardinal Tettamanzi. Prossima proiezione sui votanti alle 22
Referendum: i Tg oscurano Napolitano *
Come aveva annunciato, il presidente della Repubblica è andato a votare per i referendum questa mattina verso le 11, ma i principali ne hanno dato notizia in modo ’altalenante’.
Nessuna traccia di Napolitano nelle edizioni del Tg2 delle 13, Tg1 delle 13.30 e 17, Tg5 delle 20. Lo stesso Tg5 però aveva parlato del presidente al voto nell’edizione delle 13.
Cambia rotta il Tg2 delle 20.30 che dopo il servizio con le ’istruzioni per l’uso’ del referendum inserisce il video di Napolitano al seggio. Il Tg1 delle 20, invece, è andato in onda in ritardo per la concomitanza del Gran premio di F1
* la Repubblica, 12 giugno 2011 *
Come aveva annunciato, il presidente della Repubblica è andato a votare per i referendum questa mattina verso le 11, ma i principali ne hanno dato notizia in modo ’altalenante’.
Nessuna traccia di Napolitano nelle edizioni del Tg2 delle 13, Tg1 delle 13.30 e 17, Tg5 delle 20. Lo stesso Tg5 però aveva parlato del presidente al voto nell’edizione delle 13.
Cambia rotta il Tg2 delle 20.30 che dopo il servizio con le ’istruzioni per l’uso’ del referendum inserisce il video di Napolitano al seggio. Il Tg1 delle 20, invece, è andato in onda in ritardo per la concomitanza del Gran premio di F1
* la Repubblica, 12 giugno 2011
Sì, battiamo i privilegi
di Moni Ovadia (l’Unità, 11.06.2011)
Il raggiungimento del quorum e la conseguente vittoria del fronte referendario assumerebbe un significato politico decisivo per il futuro del nostro paese e non solo del nostro paese. In particolare il quesito che riguarda l’acqua contiene in se un orizzonte ben più ampio del suo merito specifico.
Una vittoria dei sì per affermare che l’acqua è bene comune, potrebbe inaugurare una rimessa in discussione dell’ideologia privatistica ed economicista del mondo che considera l’intero creato, essere umano incluso, costituito da una serie di commodities negoziabili sui cosiddetti mercati, ma soprattutto territorio violabile e violentabile con ogni forma di speculazione selvaggia.
Gli idolatri del mercato, da che il thatcherismo e le reganomics hanno fatto il loro impetuoso esordio sulla scena mondiale, hanno fatto gabellato per oro colato, l’idea che la privatizzazione di ogni attività economica sia la panacea di tutti i mali. È falso. L’ultima crisi economica mondiale ha smascherato questa ignobile menzogna dei signori del privilegio.
Per quanto attiene al bene acqua basta informarsi sulle ragioni della ripubblicizzazione dell’acqua a Parigi, dopo anni di fallimentare gestione privata. La lungimirante decisione ha portato solo vantaggi: alla qualità del servizio, alla qualità intrinseca del bene, alle tasche dei cittadini e da ultimo alle casse della municipalità, 35 milioni di Euro, permettendo all’amministrazione di investire nel welfare ancora a vantaggio dei cittadini. L’economia pubblica del bene comune è una scelta al servizio della società. Ed è la società civile che deve dettare questa priorità al ceto politico.
E don Milani disse: «L’acqua è di tutti»
di Lorenzo Milani (Avvenire, 09 giugno 2011) *
Caro direttore,
col progetto di consorzio di cui ti parlai si darebbe l’acqua a nove famiglie. Quasi metà del mio popolo. Il finanziamento è facile perché siamo protetti dalla legge per la montagna. La benemerita 991 la quale ci offre addirittura o di regalo il 75 per cento della spesa oppure, se preferiamo, in mutuo l’intera somma. Mutuo da pagarsi in 30 anni al 4 per cento comprensivo di ammortamento e interessi. Nel caso specifico, l’acquedotto costerà circa 2 milioni. Se vogliamo sborsarli noi, il governo fra due anni ci rende un milione e mezzo.
L’altro mezzo milione ce lo divideremo per 9 che siamo e così l’acqua ci sarà costata 55.000 lire per casa. Oppure anche nulla; basta prendere pala e piccone e scavarci da noi il fossetto per la conduttura e ecco risparmiate anche le 55.000 lire.
Se invece non avessimo modo di anticipare il capitale allora si può preferire il mutuo. Il 4 per cento di due milioni è 80.000 lire all’anno. Divise per nove dà 8.800 lire per uno. Se pensi che 8.000 lire per l’acqua forse le spendi anche te in città e se pensi che a te l’acqua non rende, mentre a un contadino e in montagna vuol dire raddoppiare la rendita e dimezzare la fatica, capirai che anche questo secondo sistema è straordinariamente vantaggioso. Insomma bisogna concludere che la 991 è una legge sociale e meravigliosa.
Mi piacerebbe darti un’idea chiara di quel che significa l’acqua quassù, ma per oggi mi contenterò di dirti solo questo: s’è fatto il conto che per ogni famiglia del popolo il rifornimento d’acqua richieda in media 4 ore di lavoro di un uomo valido ogni giorno. Se i contadini avessero quella parità di diritti con gli operai che non hanno, cioè per esempio quella di lavorare solo 8 ore al giorno, si potrebbe dunque dire che qui l’uomo lavora mezza giornata solo per procurarsi l’acqua. Dico acqua, non vino! Tu invece per l’acqua lavori dai tre ai quattro minuti al giorno. A rileggere l’articolo 3 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale» mi vengono i bordoni. Ma oggi non volevo parlarti dei paria d’Italia, ma d’un’altra cosa.
Dicevamo dunque che c’è questa 991 che pare adempia la promessa del 2° paragrafo dell’art. 3 della Costituzione: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini». A te, cittadino di città, la Repubblica non regala un milione e mezzo, né ti presta i soldi al 4 per cento compreso l’ammortamento. A noi sì.
Basta far domanda e aver qualche conoscenza. Infatti eravamo già a buon punto perché un proprietario mi aveva promesso di concederci una sua sorgente assolutamente inutilizzata e inutilizzabile per lui, la quale è ricca anche in settembre e sgorga e si perde in un prato poco sopra alla prima casa che vorremmo servire. Due settimane dopo, un piccolo incidente. Quel proprietario ha un carattere volubile. Una mattina s’è svegliato d’umore diverso e m’ha detto che la sorgente non la concede più. Ho insistito. S’è piccato. Ora non lo scoscendi più neanche colle mine.
Ma il guaio è che quando ho chiesto a un legale se c’è verso d’ottenere l’esproprio di quella sorgente, ma risposto di no. Sicché la bizzettina di quell’omino, fatto insignificante in sé, ha l’atomico potere di buttare all’aria le nostre speranza d’acqua, il nostro consorzio, la famosa 991, il famoso articolo 3, le fatiche dei 556 costituenti, la sovranità dei loro 28 milioni di elettori, tanti morti della Resistenza (siamo sul monte Giovi! Ho nel popolo le famiglie di 14 fucilati per rappresaglia). Ma qui la sproporzione tra causa ed effetto è troppa! Un grande edificio che crolla perché un ragazzo gli ha tirato coll’archetto! C’è un baco interiore dunque che svuota la grandiosità dell’edificio di ogni intrinseco significato. Il nome di quel baco tu lo conosci. Si chiama: idolatria del diritto di proprietà.
A 1955 anni dalla Buona Novella, a 64 anni dalla Rerum Novarum, dopo tanto sangue sparso, dopo 10 anni di maggioranza dei cattolici e tanto parlare e tanto chiasso, aleggia ancora vigile onnipresente dominatore su tutto il nostro edificio giuridico. Tabù. Son 10 anni che i cattolici hanno in pugno i due poteri: legislativo e esecutivo. Per l’uso di quale dei due pensi che saranno più severamente giudicati dalla storia e forse anche da Dio? Che la storia condannerà la nostra società è profezia facile a farsi.Basterebbe il solo fatto della disoccupazione oppure il solo fatto degli alloggi.
Ma una storia serena non potrà non valutare forse qualche scusante, certo qualche attenuante: l’ostacolo della burocrazia insabbiatrice, quello dell’Italia sconvolta dalla guerra, quello degli impegni internazionali...
Insomma, tra attenuanti e aggravanti, chi studierà l’opera dei cattolici in Italia forse non riuscirà a dimostrare che la loro incapacità sia un’incapacità costituzionale. Saremo perdonati dunque anche se in questa preziosa decennale occasione di potere non avremo saputo mostrare al mondo cosa sappiamo fare. Ma guai se non avremo almeno mostrato cosa vorremmo fare. Perché il non saper fare nulla di buono è retaggio di ogni creatura. Sia essa credente o atea, sia in alto o basso loco costituita. Ma il non sapere cosa si vuole, questo è retaggio solo di quelle creature che non hanno avuto Rivelazione da Dio. A noi Dio ha parlato. Possediamo la sua legge scritta per steso in 73 libri e in più possediamo da 20 secoli anche un Interprete vivente e autorizzato di quei libri.
Quell’Interprete ha già parlato più volte, ma se non bastasse si può rivolgersi in ogni momento a lui e sottoporgli nuovi dubbi e nuove idee. A noi cattolici non può dunque far difetto al luce. Peccatori come gli altri, passi.
Ma ciechi come gli altri no. Noi i veggenti o nulla. Se no val meglio l’umile e disperato brancolare dei laici. Che i legislatori cattolici prendano dunque in mano la Rerum Novarum e la Costituzione e stilino una 991 molto più semplice in cui sia detto che l’acqua è di tutti. Quando avranno fatto questo, poco male se poi non si riuscirà a mandare due carabinieri a piantar la bandiera della Repubblica su quella sorgente.
Manderanno qualche accidente al governo e ai preti che lo difendono. Poco male. Partiranno per il piano ad allungarvi le file dei disoccupati e dei senza tetto. Non sarà ancora il maggior male. Purché sia salva almeno la nostra specifica vocazione di illuminati e di illuminatori. Per adempire quella basta il solo enunciare leggi giuste, indipendente dal razzolar poi bene o male. Chi non crede dirà allora di noi che pretendiamo di saper troppo, avrà orrore dei nostri dogmi e delle nostre certezze, negherà che Dio ci abbia parlato o che il papa ci possa precisare la Parola di Dio. Dicendo così avrà detto solo che siamo un po’ troppo cattolici. Per noi è un onore. Ma sommo disonore è invece se potranno dire di noi che, con tutte le pretese di rivelazione che abbiamo, non sappiamo poi neanche di dove veniamo o dove andiamo, e qual è la gerarchia dei valori, e qual è il bene e quale il male, e a chi appartengono le polle d’acqua che sgorgano nel prato di un ricco, in un paesino di poveri.
* Don Milani scrisse questa lettera dalla montagna alla fine del 1955 e venne pubblicata sul «Giornale del Mattino» di Bernabei. Singolare consonanza con i temi dei referendum dei prossimi giorni. «Mi piacerebbe darti un’idea di quel che significa l’acqua quassù: per ogni famiglia il rifornimento richiede in media 4 ore ogni giorno Qui l’uomo fatica mezza giornata solo per procurarsi da bere» «Tu per l’acqua lavori 3 o 4 minuti...» "Che i legislatori cattolici prendano dunque in mano la Rerum Novarum e la Costituzione e stilino una 991 molto più semplice in cui sia detto che l’acqua è di tutti." (Finesettimana.org)
DECISIVO UN ARGOMENTO *
Vorrei aggiungere un argomento che mi sembra sia stato sin qui omesso nell’azione informativa e coscientizzatrice a sostegno del si’ ai quattro referendum su cui si votera’ il 12 e 13 giugno.
Esso e’ il seguente: perdere i referendum, ovvero non raggiungere il quorum (dato dalla partecipazione al voto della meta’ piu’ uno degli elettori), avrebbe conseguenze disastrose, poiche’ la sconfitta non lascerebbe affatto la situazione com’e’, ma rafforzerebbe enormemente - e nel breve periodo finanche pressoche’ irreversibilmente a livello legislativo - le scellerate decisioni governative tradotte nelle norme di legge che i referendum propongono di abrogare.
In dettaglio: non raggiungere il quorum nel referendum per fermare il nucleare avra’ come risultato un fortissimo sostegno alla criminale follia nucleare; non raggiungere il quorum nei due referendum in difesa dell’acqua e del diritto umano all’accesso all’acqua avra’ come risultato un fortissimo sostegno alla mercificazione dell’acqua e alla privatizzazione dell’accesso ad essa; non raggiungere il quorum nel referendum sul principio dell’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge avra’ come risultato un fortissimo sostegno all’eversione dall’alto cesarista e neofeudale.
Mi sembra una decisiva ragione perche’ tutte le persone di retto sentire e di volonta’ buona sollecite del pubblico bene si impegnino affinche’ i referendum siano validi, ovvero ottengano la partecipazione almeno della meta’ piu’ uno degli elettori.
Peppe Sini
responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 9 giugno 2011
*
Mittente: "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo
e-mail: nbawac@tin.it
web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
VERSO IL 12-13 GIUGNO
Referendum, i settimanali cattolici
fanno campagna per i quattro Sì
Valanga di appelli, digiuni e slogan sulle testate diocesane, un milione di copie per 190 giornali: con poche eccezioni tutti a favore delle abrogazioni
di ORAZIO LA ROCCA *
CITTÀ DEL VATICANO - "Salviamo sorella acqua!". "La legge è uguale per tutti". "No all’energia nucleare". Una valanga di frasi e di slogan a favore dei "sì" ai 4 referendum, ma anche forti, convinti inviti a "credenti, non credenti e uomini di buona volontà" a partecipare compatti al voto di domenica e lunedì prossimi per "centrare l’obiettivo di raggiungere il quorum". E’ il grande tam tam messo in atto dai settimanali diocesani in questi giorni in edicola in vista del voto referendario.
Nella stragrande maggioranza dei giornali di proprietà dei vescovi italiani (190 testate per un tiratura media di oltre un milione di copie), campeggiano editoriali che non fanno mistero di tifare apertamente per i "sì", in linea con analoghi appelli fatti in anche da sigle storiche come Azione cattolica italiana, Acli, Pax Christi, e da ben 40 diocesi.
Tra gli interventi più autorevoli, quello di Roma 7, il settimanale diocesano di Roma (la diocesi del Papa) guidata dal cardinale vicario Agostino Vallini, che nell’ultimo numero pubblica un ampio intervento contro il nucleare e a favore della difesa dell’acqua "come bene comune", ricordando che su queste tematiche venerdì prossimo la Cei organizzerà un convegno dal titolo "Per una Chiesa custode del creato" presso la facoltà teologica di Padova. Appuntamento cruciale alla vigilia dei referendum, come ricorda anche La difesa del popolo (Padova).
Dello stesso tenore è l’appello della Azione cattolica pubblicato su Millestrade, testata della diocesi di Albano, retta dal vescovo Marcello Semeraro, presidente della editrice del quotidiano cattolico Avvenire: "L’acqua, l’energia, la giustizia sono temi di interesse comune e centrali per i singoli cittadini e per l’intera comunità" per cui "partecipare attivamente al voto diventa un’alta forma di democrazia". Ancora nel Lazio, il settimanale della diocesi di Civita Castellana, nella nota "Non privatizzare sorella acqua" ricorda che domani in piazza San Pietro "missionari, suore e sacerdoti si riuniranno per digiunare e pregare in difesa dell’acqua" su invito dei missionari Alessandro Zanotelli e Adriano Sella.
Anche La voce del popolo (Brescia), invita i cittadini a recarsi "massicciamente" alle urne per centrare l’obiettivo del quorum", polemizzando con i "tentativi" fatti dal governo per vanificare il voto sul nucleare e di mettere la sordina ad "una questione di rilevanza universale come è la gestione dell’acqua come bene comune".
Non mancano editoriali che legano la sorte del governo Berlusconi ai referendum: "Inizia una nuova fase?" si chiede, infatti, La Cittadella (Mantova). Sferzante, La Vita casalese (Casale Monferrato): "Il vento è cambiato" per un "governo cabarettista ed umiliato ogni volta che ha partecipato a consessi internazionali. "C’è un tempo per... cambiare", tuona - evocando l’Ecclesiaste - Risveglio Duemila, (Ravenna-Cervia).
Tante le schede sui "sì" e sui "no", come fanno, ad esempio, Il Popolo (Pordenone) - "Acqua nostra e gli altri referendum"; L’Azione (Vittorio Veneto) - "Referendum sul nucleare, una scelta per quale futuro?" - ; Il nostro tempo (Torino) che, però, ricorda pure che "l’acqua è anche una questione etica". Per Vita Trentina (Trento) "l’acqua è di tutti come l’aria, e le politiche che vogliono privatizzarla sono contrarie all’approccio cristiano". Dello stesso tono il Corriere Cesenate (Cesena-Sarsina), che, però, avverte che " il vero problema è la partecipazione".
Non meno significativi i richiami di Notizie di Carpi, ("Alle urne per decidere su acqua, nucleare e legittimo impedimento"), del Corriere Apuano (Massa Carrara-Pontremoli), che di fronte a tentativi di vanificare i referendum parla di "scippo e insulto alla sovranità popolare" e definisce "l’abolizione del legittimo impedimento non un sì antiberlusconiano, ma un sì alla Costituzione che sancisce che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge".
Ancora "convinti sì" ai 4 quesiti da Toscana Oggi (diocesi di Firenze), che correda il servizio con schede tecniche", e dai francescani del Sacro Convento di Assisi che sulla loro rivista, San Francesco Patrono d’Italia, in più occasioni hanno sposato la causa dei referendum in difesa di "nostra sorella acqua, dell’ambiente e di tutto il creato". Pochissime, invece, le voci fuori dal coro, come quelle de L’Avvenire di Calabria (Reggio Calabria) e de La Voce (Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino), che invitano ad appoggiare il decreto Ronchi "perché il vero problema dell’acqua sono le condutture e l’inadeguatezza dei servizi pubblici".
(* la Repubblica, 07 giugno 2011
VATICANO
Il Papa: "Uomo adotti tecnologie non pericolose per uomo e natura" *
Il Pontefice nel discorso ad alcuni ambasciatori: "Rifelttere sulla tragedia di Fukushima"CITTA’ DEL VATICANO - "Adottare complessivamente uno stile di vita rispettoso dell’ambiente e sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie appropriate che salvaguardino il patrimonio della creazione e siano senza pericoli per l’uomo, devono essere priorità politiche ed economiche". Lo ha affermato Benedetto XVI nel discorso ai nuovi ambasciatori di Moldova, Guinea Equatoriale, Belize, Siria, Ghana, Nuova Zelanda, il cui ha fatto riferimento alle "innumerevoli tragedie" che hanno toccato quest’anno "la natura, la tecnica e i popoli".
Benedetto XVI ha evocato l’emergenza della centrale nucleare di Fukushima in un discorso ai nuovi ambasciatori ricevuti per la presentazione delle credenziali.
Il Papa ha ricordato infatti ai diplomatici "le innumerevoli tragedie che hanno toccato la natura, le tecnica e i popoli" in questo primo semestre del 2011 ed ha commentato: "l’ampiezza di tali catastrofi ci interroga".
Per Benedetto XVI, "in questo senso è divenuto necessario rivedere completamente il nostro approccio con la natura".
Nel suo discorso, il Pontefice ha affrontato il tema dell’ambiente, sostenendo che "l’ecologia umana è un imperativo". "Adottare stili di vita rispettosi dell’ambiente e sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie che in grado di salvaguardare il patrimonio del creato ed essere senza pericolo per l’uomo, devono costituire - ha scandito - priorità politiche ed economiche".
* la Repubblica, 09 giugno 2011
Pax Christi: votiamo Sì per i beni comuni
intervista a don Nandino Capovilla
a cura di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 5 giugno 2011)
“Andare a votare perché è in gioco la democrazia e il nostro futuro”. Don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia, dà voce al cattolicesimo di base che vuole voltare pagina. A partire dal rifiuto del legittimo impedimento. “Purtroppo la Chiesa italiana - dice - a lungo è stata responsabile di un colpevole silenzio e di un peccato grave di omissione: non toccate Berlusconi! Ma i credenti, che vanno in chiesa alla domenica, la pensano diversamente. Sanno bene che il cosiddetto ‘cattolicesimo dei valori tradizionali’ non ha nulla a che fare con l’esigente proposta evangelica”.
Cosa spinge Pax Christi a impegnarsi nella campagna referendaria?
Abbiamo partecipato da subito ai comitati referendari locali e nazionale. Perché la questione riguarda il bene comune. Prendiamo l’acqua. Ho avuto recentemente un incontro con monsignor Mario Toso, segretario del Consiglio pontificio Giustizia e pace, e l’intervista sta sul sito di Pax Christi. Vi si afferma chiaramente che per la dottrina sociale della Chiesa l’acqua è un diritto inalienabile e universale. Benedetto XVI nella sua enciclica ‘Caritas in veritate’ parla esplicitamente dell’accesso all’acqua per tutti, senza distinzioni. È un bene - lo sottolinea la Santa Sede - che non può essere gestito secondo criteri mercantili e la cui gestione non può essere lasciata in mano ai privati.
Il problema è sentito?
Non è in gioco una privatizzazione più o meno controllata dal governo, ma un bene essenziale che tocca il nostro futuro. Nel 2010 l’Onu ha proclamato che l’acqua è un bene comune. Dobbiamo garantire e difendere questo diritto. All’ultima assemblea della Cei anche il segretario monsignor Crociata ha definito l’acqua un diritto umano. Nella base cattolica è in corso un lavoro di mobilitazione straordinario.
E ai vertici?
Ecco un documento sottoscritto da trentadue diocesi. Si chiama ‘Acqua: dono di Dio e bene comune’. È stato diffuso in tempo di Pasqua dalla Rete interdiocesana Nuovi stili di vita. Si trova anche sul sito del patriarcato di Venezia. Ricorda che l’acqua è uno dei grandi doni della creazione e che vale il principio cristiano della ‘destinazione universale dei beni’. Esorta a stili di vita e di comportamento al di sopra di schieramenti politici ed ideologici per garantire la disponibilità per tutti di questo prezioso bene anche sul piano delle leggi. Il documento invita a partecipare attivamente al dibattito sul referendum.
Rispetto all’energia nucleare?
È un discorso, che si lega ad un lavoro che facciamo da anni. Come da tempo interveniamo sulla produzione degli armamenti e il commercio delle armi così oggi diciamo che non si possono costruire centrali nucleari. Va al di là di quanto è successo in Giappone. Bisogna liberare il mondo dal pericolo dell’autodistruzione. Dopo i ballottaggi avete dichiarato: ‘Da Milano a Napoli, da Cagliari a Trieste. Finalmente...’.
Comincia a spirare aria nuova anche nella Chiesa?
Mi sembra di avvertire un’atmosfera diversa. All’assemblea della Cei il cardinale Bagnasco ha avuto un giusto tono drammatico riferendosi alla situazione del Paese. Mi pare ci si cominci a rendere conto della necessità di sganciarsi dalle posizioni di chi continuamente e pregiudizialmente difende le posizioni del governo. Bisogna dire basta ad un legame stretto e opprimente con poteri, che dicono di interpretare il mondo cattolico e poi nei fatti lo tradiscono. I vertici ci stannoarrivando lentamente: non ha senso svendere il vangelo per un piatto di lenticchie.
Cosa vi aspettate?
Vorrei che la gerarchia capisse che è l’ora di lavorare per la ricostruzione del Paese a partire dalle sue fondamenta costituzionali. C’è un forte risveglio del mondo cattolico, convinto che l’esigenza prioritaria sia l’attenzione all’uomo e al vangelo. Abbiamo sopportato pesantemente l’appoggio dei vertici ecclesiastici a certe scelte politiche.
Sul legittimo impedimento voi cattolici di Pax Christi cosa dite?
I cattolici italiani sono stufi del silenzio sul malcostume del governo. La giustizia deve essere uguale per tutti, a cominciare dal Parlamento dove stanno tanti inquisiti. Posso dirlo con la dottrina sociale della Chiesa: tutti, nessuno escluso, siamo uguali davanti alla legge.
Si arriverà al quorum?
Vedo un forte lavoro capillare. Segnali positivi.
Dieci ragioni per i referendum
di Furio Colombo (il Fatto, 05.06.2011)
C’è un curioso rapporto fra referendum e democrazia. Se in un Paese il referendum è facile, nel senso che è stato pensato come strumento naturale degli elettori, come garanzia, controllo, partecipazione e non come disturbo e sfida ai politici, allora la burocrazia è disponibile, le verifiche sono rapide e precise, i numeri richiesti (le firme, la partecipazione al voto) sono ragionevoli, e nessuno considera oltraggio l’uso frequente del referendum. Il lettore, a questo punto, si è accorto che non sto descrivendo l’Italia, né ora, né ai tempi di cui a volte, a causa di Berlusconi, si finisce per essere impropriamente nostalgici.
PENSAVO, ovviamente, agli Stati Uniti e alla Svizzera dove il referendum è uno strumento in più e non un ingombro buttato lì di tanto in tanto da menti stravaganti, per la democrazia. Si è spesso detto che il "cattivo nome" dei referendum in Italia, non solo presso i politici ma anche tra i cittadini, è colpa dei Radicali, che ne hanno abusato, perché ne hanno spesso voluti troppi.
Qualcuno evidentemente ha dimenticato che l’Italia ha fatto il primo passo verso l’era contemporanea con il referendum sul divorzio e poi sull’aborto. Di qui la lunga battaglia su e intorno ai referendum, condotta in solitario dai Radicali (Pannella, anche adesso, da 45 giorni, è impegnato nel suo "solito" sciopero della fame per la legalità). Gli ultimi anni, il potere che sembrava perenne di Berlusconi, nuove e baldanzose offensive della Chiesa contro i cittadini e la loro pretesa di pensare e decidere in libertà, hanno riportato interesse sull’istituto del referendum, pur senza raccordi con il nobile passato che ha avuto, nella vita pubblica italiana, questo svilito ed essenziale strumento di democrazia.
Ed ecco dunque i quattro referendum (il quarto, quello sull’energia nucleare, appena restituito ai cittadini da una decisione chiara e netta della Corte di Cassazione, altro grande cambio di stagione rispetto al passato) che stanno per avere una grande importanza nella vita italiana, molto più che nei partiti e nella contrapposizione di schieramenti politici.
Come è noto si vota per l’acqua (pubblica o privatizzata?), sul "costo dell’acqua" (profitto o servizio ai cittadini?) sull’energia nucleare (sì o no?), sul legittimo impedimento, che vuol dire il diritto del capo del governo e dei suoi ministri di dire no ai giudici (nel senso di "non ho tempo, ho cose più importanti da fare"). I quesiti sembrano i titoli di quattro racconti per spiegare senso e valori di una comunità democratica. Ma la questione del significato politico di far riuscire o fallire un referendum (tutto dipende dal 50 per cento più uno di coloro che si presentano alle urne) suggerisce di insistere.
Ecco dieci ragioni.
1. La prima e prevalente ragione di partecipare dipende dalla famosa questione del quorum. Inutile continuare a lamentare arbitri e inadeguatezze della classe politica se poi si rinuncia all’occasione esemplare di far valere il proprio libero giudizio.
2. La domanda sull’acqua ci porta a un punto alto ed estremo della vita democratica. Si può privatizzare un bene che è il simbolo più alto di ciò che è irreversibilmente di tutti? I percorsi per farlo (privatizzare l’acqua) sono molti e insidiosi. Il più tipico è l’inganno, dire che non si privatizza affatto, ma si rende migliore l’uso del servizio per il bene di tutti. È lo stesso inganno con cui la destra americana ha privato di assistenza sanitaria quasi quaranta milioni di poveri e di anziani, spesso con il voto e il sostegno delle stesse persone che stavano per essere abbandonate.
3. NEGLI ULTIMI venti anni tutte le democrazie industriali sono state investite dal vento della privatizzazione e dalla predicazione secondo cui, una volta privatizzato, un settore migliora e gli utenti o consumatori ne beneficiano. Il mito della privatizzazione è l’altra faccia del mito della deregolamentazione, sempre fallita. Basti pensare a ciò che è successo nei trasporti aerei degli Stati Uniti: sempre meno servizi e sempre più costosi per i cittadini, sempre meno lavoro e sempre meno pagato, per il personale di volo.
4. LA QUESTIONE del prezzo "conveniente" dell’acqua non è solo per tecnici. Si tratta di decidere se si vuole un mondo nel quale le cose si fanno solo se convengono ("se sono remunerative per il capitale") oppure si fanno perché sono dovute. Questa domanda, apparentemente neutrale e legata al buon senso, tocca in realtà un principio fondamentale della democrazia, ovvero i diritti inalienabili. La grande e possente talpa della destra economica cerca punti di penetrazione dove non vi sia adeguata sorveglianza dei cittadini. Dunque attenzione a ciò che state facendo. Vogliono da voi un segnale sbagliato per poi rispondere che con il mercato non si può discutere.
5. Il "legittimo impedimento" garantito a un personaggio importante è un diritto in meno per i cittadini che non sono più uguali. È una crepa che spacca e corrompe il sistema giuridico in due punti essenziali. Rende sterile l’autonomia della magistratura. Crea un super-cittadino dotato di poteri e garanzie che lo fanno speciale.
6. Ma il legittimo impedimento è anche, in sé, una offesa, un muro alzato fra potere e non potere, una discriminazione che sottrae ai cittadini dignità e uguaglianza e li definisce come inferiori. Fermare subito questa offesa è essenziale.
7. La questione dell’energia nucleare, così come è stata presentata in Italia, è un inganno. Meraviglia che persone di valore non abbiano visto l’inganno. I vantaggi che avrebbero potuto esserci con una conversione di due decenni fa non ci sono più perché i sistemi adottabili sono vecchi e in attesa di "nuove generazioni" che non arrivano. I rischi, che sono immensi, ci sono tutti. A cominciare dalle scorie, che sono indistruttibili.
8. Tutte le tecnologie portano rischi. Solo nel nucleare i rischi, quando si realizzano, sono disastro immenso e irrimediabile e creano dunque una categoria a parte nei problemi del bene e del male. Qui il male, quando c’è a causa di incidenti, è per sempre e senza via d’uscita.
9. UN PUNTO indiscutibile, spaventoso e vero del rischio nucleare è il numero grande, tendenzialmente senza limite, delle persone coinvolte. Un altro punto, altrettanto spaventoso e indiscutibile è il tempo: le conseguenze durano decenni. Dunque nessun governo può essere davvero in grado di governare una simile catena di eventi, come dimostra il ritiro dal nucleare di Paesi industriali come la Germania e come accadrà in Giappone.
10. Ma la ragione più importante per partecipare al referendum è il potere di decidere dato ai cittadini su questioni essenziali. Rinunciare è un delitto contro la democrazia.
L’ANALISI
Ecco perché il quorum è possibile
di ANTONIO CIANCIULLO *
E’ possibile. Il quorum è possibile. Dal 1995 nessun referendum abrogativo ha raggiunto la soglia del 50 per cento di partecipazione e anche la percentuale di votanti alle elezioni politiche è andata declinando. Il paese è sembrato rassegnarsi, piegare la testa, accettare una guida vecchia e sempre più stanca. Ma questo lungo ciclo di sfiducia, che poteva trascinare l’Italia verso la paralisi e il rischio di un’implosione, si può chiudere il 12 e il 13 giugno. Questa volta non servono sondaggi sofisticati per intuire gli umori del paese profondo. Il test delle amministrative non si presta ad equivoci: due napoletani su tre hanno votato per il cambiamento, a Milano Pisapia ha battuto le previsioni e la costosa macchina pubblicitaria di Letizia Moratti, i candidati fuori dagli apparati ma dentro alla moralità hanno vinto con ampio margine.
Il tentativo di un governo che tutto ha politicizzato di evitare una lettura politica del referendum appartiene alla categoria del patetico, un segno che ha dominato la scena pubblica negli ultimi tempi. La somma dei quattro quesiti in gioco non è infatti solo aritmetica: delinea la possibilità di un salto verso l’Europa, di un recupero della dignità del paese, di una spinta verso la green economy. E dunque il carattere ampio e simbolico della prova referendaria è di tutta evidenza.
Ma c’è un contenuto dei singoli quesiti che è altrettanto forte: mette in gioco il nostro rapporto con l’energia, con la natura, con la giustizia. Ed è importante sottolinearlo. Votando sul nucleare siamo chiamati a scegliere tra due modelli.
Da una parte c’è la Germania, la locomotiva europea che sulla green economy ha costruito centinaia di migliaia di posti di lavoro e una crescita che è arrivata al 5 per cento. Bonn ha ascoltato la voce dei suoi cittadini (largamente orientati verso le fonti rinnovabili) delle grandi industrie (la Siemens ha rinunciato all’atomo, la General Electric prevede il sorpasso del fotovoltaico sul nucleare nell’arco di 5 anni) e poi ha scelto: chiuderà la partita nucleare entro il 2022. Nel giro di 11 anni completerà la sua trasformazione in paese leader dell’economia a basso impatto ambientale.
Dall’altra parte c’è il governo Berlusconi che ha parlato di rinascimento nucleare mentre la produzione nucleare nel mondo era in declino da anni. Che ha garantito la sicurezza della tecnologia considerando i disastri nucleari come eventi assolutamente improbabili poco prima che a Fukushima si registrasse il terzo gravissimo incidente in 32 anni. Che ha scelto come partner Areva, un’industria in forte difficoltà che è stata declassata l’anno scorso da Standar&Pooor’s da A a BBB.
Da questo punto di vista appare emblematico che per bloccare il ritorno del nucleare si debba votare sì. E’ un sì che va inteso come l’adesione a un progetto economico che va oltre allo stop del nucleare e punta a uno sviluppo a misura di ambiente.
Anche sull’acqua, l’altro grande tema ambientale, non si può intendere il referendum come un semplice muro di sbarramento. I due sì servono a respingere l’assalto della privatizzazione selvaggia, svincolata da ogni criterio di efficienza. Servono a rimettere i cittadini al centro di una partita che riguarda un elemento essenziale alla sopravvivenza. Ma servono anche a ricordare che in molti casi, soprattutto nei piccoli Comuni, i servizi più efficienti coincidono con il grado di partecipazione più elevato. Servono investimenti per i cittadini, non cittadini per gli investimenti.
Sono temi poco popolari? A giudicare dalla mobilitazione che sta crescendo di ora in ora non si direbbe. L’ultima notizia arriva dalla Sardegna, l’isola che pochi giorni ha votato al 98 per cento contro il nucleare. Un gruppo di sindaci si è messo alla testa di un corteo di protesta. Chiedono che l’acqua torni sotto il controllo dei Comuni e che l’impennata dei prezzi venga fermata.
* la Repubblica, 01 giugno 2011
DIGIUNO IN PIAZZA S. PIETRO (ROMA)
SALVIAMO L’ACQUA!
Carissimi sacerdoti, missionari(e) e religiosi(e).
Ci stanno rubando l’acqua!
Come possiamo permettere che l’acqua, nostra madre, sia violentata e fatta diventare mera merce per il mercato? Per noi cristiani l’acqua è un grande dono di Dio, che fa parte della sua straordinaria creazione e che non può mai essere trasformata in merce.
“Donna, dammi da bere!” chiede un Gesù, stanco ed assetato, a una donna samaritana, nel Vangelo letto durante la Quaresima, in tutte le Chiese cattoliche del mondo.
“Dateci da bere! gridano oggi milioni di impoveriti. In un pianeta, dove la popolazione sta crescendo e l’acqua diminuendo per il surriscaldamento, quel “dateci da bere!”, diventerà un grido sempre più angosciante. Nei volti di quelli assetati, noi credenti vediamo il volto di quel povero Cristo che ci ripeterà: “Avevo sete...e non mi avete dato da bere!.” L’ONU afferma che, entro la metà del nostro secolo, tre miliardi di esseri umani non avranno accesso all’acqua potabile. È un problema etico e morale di dimensioni planetarie che ci tocca direttamente. Di fatto, per noi cristiani l’acqua è sacra, l’acqua è vita, l’acqua è la madre di tutta la vita sulla terra. Inoltre, per noi cristiani l’acqua ha un enorme valore simbolico e sacramentale.
È stato lo stesso Papa Benedetto XVI ad affermare nella sua enciclica sociale Caritas in Veritate n. 27 che l’acqua è un diritto universale di tutti gli esseri umani. Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 485 afferma inoltre: “L’acqua, per la sua stessa natura, non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale”. Il segretario della CEI, Mons. Mariano Crociata, ha affermato durante il convegno ad Assisi su “Sorella Acqua), in aprile 2011, che: “In questo scenario conservano tutto il loro peso i processi di privatizzazione, che vedono poche multinazionali trasformare l’acqua in affare, a detrimento dell’accesso alle fonti e quindi dell’approvvigionamento, con conseguente perdita di autonomia da parte degli enti governativi. Il tema va affrontato dalla comunità internazionale, per un uso equo e responsabile di questa risorsa, bene strategico - l’oro blu! - attorno al quale si gioca una delle partite decisive del prossimo futuro. Richiede un impegno comune, che sappia orientare le scelte e le politiche per l’acqua, concepita e riconosciuta come diritto umano, come bene dalla destinazione universale (...) A dire quanto queste problematiche tocchino la sensibilità comune, la Corte Costituzionale ha ammesso a referendum due quesiti, sui quali il popolo italiano sarà chiamato ad esprimersi nel prossimo mese di giugno”.
Come cristiani non possiamo accettare la legge Ronchi, votata dal nostro Parlamento (primo in Europa) il 19 novembre 2009, che dichiara l’acqua come bene di rilevanza economica. Il referendum del 12 e 13 giugno sarà molto importante per bloccare questo processo di privatizzazione dell’acqua e per salvare l’acqua come un grande dono per l’umanità
Scendiamo in piazza! Così come hanno fatto i monaci in Myanmar (ex Birmania) contro il regime che opprime il popolo. Invitiamo, quindi, i sacerdoti, le missionarie e i missionari, i consacrati e le consacrate a trovarci in Piazza San Pietro, a Roma, giovedì 9 giugno alle ore 12:00, per fare un grande digiuno. Venite con i vostri simboli sacerdotali e religiosi, ma anche con i vostri manifesti pastorali, per poter innalzare a tutto il popolo italiano il nostro clamore: Salviamo l’acqua!
p. Adriano Sella e p. Alex Zanotelli
Padova 30 aprile 2011
Per chi vuole dare la propria adesione: • il sito da visitare e cliccare per mettere il nome della propria adesione è www.nigrizia.it • oppure inviare e-mail: adrianosella@virgilio.it
Per informazioni: 346 2198404
«Votate per l’acqua»
La mossa del vescovo di Locri-Geraci
di E. Mu. (Corriere della Sera, 30 maggio 2011)
E se i politici s’arrabbiano, pazienza. Monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, vescovo di Locri- Gerace, è un uomo d’azione: la prudenza cattolica che impegna la Chiesa a non esplicitare le scelte in cabina elettorale decisamente non fa al caso suo. Così venerdì sera si è seduto alla scrivania e ha scritto un breve messaggio da diffondere all’intera comunità:
«Carissimi, fra giorni ci saranno i referendum. Rompo il riserbo che il vescovo deve mantenere in occasione di competizioni elettorali, perché non si tratta di patteggiare per un candidato o l’altro, si tratta di difendere il bene comune. L’acqua fra qualche anno sarà più preziosa del petrolio. Non possiamo permettere che sia il privato a gestirla: si finirà come con la benzina, con rincari sempre più forti. Difendiamo il bene comune. Andiamo a votare e votiamo sì, a favore dell’acqua come bene comune. Ditelo anche ai fedeli e agli amici».
Dopo il nucleare, dritti in pasto al pubblico dibattito sono finiti proprio i due quesiti sull’acqua: il primo sull’abrogazione dell’articolo 23 bis della legge 133 del 2008 (poi modificato dal decreto Ronchi del 2009) relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica che prevede una permanenza del pubblico solo attraverso la creazione di Spa; il secondo sull’abrogazione di quella parte del decreto 152 del 2006 che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa. Nella stessa maggioranza di governo la strategia da adottare in merito non è stata affatto univoca: se per il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo la consultazione sull’acqua è «totalmente inutile», per il leader della Lega Umberto Bossi «alcuni quesiti, come quello sull’acqua, sono attraenti». Poi, però, con il voto di fiducia sul decreto omnibus, l’obiettivo politico dichiarato - come ha ricordato il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto - è stato quello di disinnescare non solo il referendum sul nucleare ma anche quelli su acqua e legittimo impedimento, che avrebbero buone possibilità di raggiungere il quorum necessario del 50 per cento più uno.
In ogni caso, l’appello di monsignor Fiorini Morosini non dispiacerà certo alla Conferenza episcopale italiana, che martedì scorso - invitando «tutti i credenti a rispondere alle loro coscienze» - si era espressa con le parole di monsignor Mariano Crociata: «L’acqua è un bene di tutti, è un aspetto che va salvaguardato. Tutte le espressioni di volontà popolare sono da incoraggiare e apprezzare come elemento di democrazia; nel merito, sui temi quali l’acqua e simili, bisogna sempre esercitare vigilanza e responsabilità sociale».
l’abrogazione del "legittimo impedimento" fa tremare il cavaliere: non si rassegna a diventare un cittadino come noi
di Giancarla Codrignani (domani/arcoiris, 2 giugno 2011
Non si capisce perché, ma c’è un referendum che resta nell’ombra. Eppure riguarda direttamente Berlusconi e, a partire da lui, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Forse le formule giuridiche non sono il massimo della chiarezza, ma il senso è evidente: dietro la richiesta di "abrogazione dell’art.1, commi 1, 2, 3, 5, 6 nonché dell’art.1 della legga 7 aprile 2010 numero 51 recante "disposizioni di impedimento a comparire in udienza...", sta una delle solite leggi ad personam.
Forse - una ripassata non fa male - sarà bene citarne qualcuna: limitazione delle rogatorie (per coprire movimenti finanziari illeciti), abolizione dell’imposta di successione per i grandi patrimoni, depenalizzazione del falso in bilancio, legittimazione del "sospetto" sul giudice, il condono fiscale "tombale" del 2003 (con beneficio per Mediaset), il sistema integrato delle comunicazioni ("la Gasparri", che in soldoni significa un guadagno netto di oltre un miliardo di euro), il condono edilizio del 2004, riduzione della prescrizione, sospensione dei processi per le alte cariche (dichiarata incostituzionale), scudo fiscale... Se aggiungiamo altre leggi a proprio beneficio fiscale, la storia delle frequenze Tv e di rete4, il decreto "salvacalcio", il segreto di stato su Villa Certosa... non c’è più nessuno che possa dubitare con quali intenti e a vantaggio di chi governi l’ "eletto dal popolo".
Un altro tentativo di proteggersi dal "comunismo" della giustizia e della Corte costituzionale - di cui chiamava testimone perfino Obama - è quello di correggere l’eccesso di uguaglianza previsto dall’art. 3 della Costituzione (comunista). Infatti, proprio perché uguali davanti alla legge, tutti i cittadini che, sia come imputati, sia come parte offesa, siano tenuti a presentarsi in tribunale, se realmente impediti, possono chiedere che il giudice fissi un rinvio, ovviamente presentando richiesta per motivi fondati di "impedimento grave e assoluto". Il nostro Presidente del Consiglio non si ritiene un normale cittadino e chiede - ecco il contenuto della legge 7 aprile 2010 - che per lui e, siccome è gentile, per i ministri basti un’autocertificazione continuativa per sei mesi, senza possibilità per il giudice di verificare la validità della giustificazione.
Questo tanto per dire il conto in cui Berlusconi tiene la giustizia rispetto ai privilegi di casta. I processi Mills, Mediatrade e Mediaset, dopo l’abbattimento per legge dei termini di prescrizione, difficilmente porteranno a condanna o proscioglimento dell’imputato. Per il caso Ruby lunedì il Presidente del Consiglio non si è presentato in udienza. Non era neppure a Montecitorio o a palazzo Chigi. Intanto l’avv. Ghedini (che tra parentesi è ministro della giustizia) ha ribadito che, veramente, Berlusconi credeva che la povera minorenne fosse nipote di Mubarak ridicolizzando l’imputazione di sfruttamento della prostituzione. Tuttavia resta un problema, per il quale la difesa chiederebbe il trasferimento al tribunale di Monza; infatti non si sa bene se in qualità di presidente o come privato cittadino abbia esercitato pressioni sulla polizia e la concussione, se provata, può portare, oltre alla condanna, l’interdizione dai pubblici uffici. Berlusconi non vuole andare in tribunale come "uno qualunque" e non vuole che un’autorità superiore per competenza possa controllare la sua parola. Vi pare poco?
Allora, ANCHE QUESTO QUESITO E’ IMPORTANTE: CON UN SI’ ALLA SUA ABROGAZIONE DIFENDIAMO L’ARTICOLO 3 DELLA COSTITUZIONE E IL DIRITTO AD ESSERE UGUALI (ALMENO) DAVANTI ALLA LEGGE