LA DECADENZA DELL’ITALIA. Perché, e quando, la democrazia si è trasformata, nel nostro paese, in «una partitocrazia decadente, inefficiente e corrotta»?

L’ITALIA SENZA PIU’ ITALIA: "IL PAESE REALE. Dall’assassinio di Moro all’Italia di oggi". Il saggio di Guido Crainz recensito da Nello Ajello - a c. di Federico La Sala

"ITALIA DECADENCE". Anziché che una Terza Repubblica, come si sente dire, ciò che ci aspetta è un Secondo Dopoguerra? Nell’attesa, sarà bene ricordare che non sempre i miracoli si ripetono.
mercoledì 24 ottobre 2012.
 

[...] l’intera ricerca di Crainz allarmante è, e tale resta. Essa dimostra, inoltre, che i primi sintomi delle odierne traversie vanno collocati indietro nel tempo. Si manifestarono cioè fin dall’epoca del “miracolo italiano”, un “tumultuoso processo” al quale la politica si limitò ad assistere compiaciuta. Quella “belle époque inattesa” (così la vide Italo Calvino), diffuse una frenesia della crescita cui non si accompagnarono né meditati quesiti sulla sua consistenza né lucidi propositi per l’avvenire [...]


Italia Decadence

di Nello Ajello (la Repubblica, 23.10.2012)

Perché, e quando, la democrazia si è trasformata, nel nostro paese, in «una partitocrazia decadente, inefficiente e corrotta»? Ecco la domanda che si fa chiunque guardi all’attuale situazione italiana con l’ansia di capirci qualcosa.

Ed è proprio questo l’interrogativo che percorre l’opera di Guido Crainz, Il paese reale in uscita presso l’editore Donzelli (pagg. 403, euro 29). Nel sottotitolo esplicativo - “Dall’assassinio di Moro all’Italia di oggi” - sembra cogliersi il desiderio di dare alla vicenda un inizio meno remoto, e forse l’intenzione di non allarmare troppo il lettore.

In realtà l’intera ricerca di Crainz allarmante è, e tale resta. Essa dimostra, inoltre, che i primi sintomi delle odierne traversie vanno collocati indietro nel tempo. Si manifestarono cioè fin dall’epoca del “miracolo italiano”, un “tumultuoso processo” al quale la politica si limitò ad assistere compiaciuta. Quella “belle époque inattesa” (così la vide Italo Calvino), diffuse una frenesia della crescita cui non si accompagnarono né meditati quesiti sulla sua consistenza né lucidi propositi per l’avvenire.

Non che in questo senso mancassero i pensieri e gli sforzi - come dimenticare quel disegno di “programmazione economica” dovuto alla preveggenza di Ugo La Malfa? - ma restarono a un livello di testimonianza. Un’intera classe dirigente confidò che quel prodigio nostrano, utile e comodo, durasse all’infinito. Ma anche quando la conformistica aspirazione al soddisfacimento di ciò che Crainz chiama le tre M - Macchina, Moglie e Mestiere - venne messa a disagio dall’azione disgregatrice della “baby boom generation”, figlia del dopoguerra avanzato e fucina della rivolta del Sessantotto, anche questi clamorosi preannunzi di cambiamento trovarono il vertice politico più incline a scandalizzarsi che a interpretarli.

Fra i pochi che si mostrarono più riflessivi in materia si sarebbe distinto Aldo Moro. Ma, in generale, la sordità apparve cronica. Così come il vastissimo sconcerto sociale prodotto nel paese dalle fasi ulteriori del disfacimento italiano - il terrorismo prima, e più tardi il “riflusso” nel privato, stagioni di natura opposta ma convergente - trovarono impreparate le istituzioni, quasi che simili eventi e pulsioni non promettessero un catastrofico e crescente disgusto per la politica.

È andata dunque in scena una sequela ininterrotta di sorprese e di sconfitte ai danni del Paese? Crainz crede di sì. La sua lettura può suscitare le impressioni più varie, tranne l’indifferenza. Ne nascerebbe perfino un’inerte assuefazione all’“umor nero” dell’autore se non fosse per le centinaia di felici citazioni, che egli riporta, firmate da giornalisti, commentatori, esponenti politici e testimoni d’epoca. Chi abbia seguito con qualche attenzione i decenni dei quali qui si dà conto, vi troverà continui riscontri di fatti, persone, e giudizi nell’intrecciarsi di cronaca e commento, diario e sentenze, memoria e riflessione.

È un’aria di quotidianità critica che si addensa soprattutto nelle centoventi pagine (oltre un terzo del volume), dedicate agli anni Ottanta e all’alba del decennio successivo, autentica vigilia del dissesto che ora ci assedia.

Sto parlando della stagione segnata dall’euforia craxiana, qui illustrata in ogni sua piega, cui seguiranno Tangentopoli e la nascita di quella che si chiamerà la Seconda Repubblica.

L’aspra trama del racconto si nutre di istantanee eloquenti. Sono pezzi di giornalismo che sembrano qui smentire la caducità attribuita al genere. Se non siamo alla “storiografia dei giornalisti” a suo tempo individuata da Croce, poco ci manca.

È una chiave di scrittura della quale qui si può offrire solo qualche esempio. Nel capitolo intitolato “La frana e il crollo”, l’autore destina quasi un’intera pagina alla trascrizione dei titoli con i quali i quotidiani rivelavano, tra metà aprile e metà maggio del 1992, quel “Watergate all’italiana” che tenne dietro all’arresto del “mariuolo” Mario Chiesa” (così lo battezzò Craxi), il primo di una folla perennemente attuale di tangentomani.

Qui sembra davvero di assistere a uno spettacolo cui si potrebbe incollare un’etichetta: “l’oggi in differita”. Al centro di un libro così impegnativo, con una trama così desolante, è come un invito a sorridere. Invece che assolvere all’obbligo di disperarsi.

Titoli e ritagli, dunque, sottratti al loro tempo e più freschi che mai. Ecco il presidente di Mediaset che definisce una “decisione eroica” e “un calice amaro” il suo proposito di “scendere” in politica (un dramma, o una farsa, che avranno, come sappiamo, delle repliche). Ecco più in là un titolo del Corriere della sera, “Nasce la destra smoderata”, a metà strada tra fra parodia e profezia.

E ancora, una variante dello spettacolo: sullo sfondo di un articolo-istantanea si scorge l’Italia smarrita per le ruberie che le si rivelano, e in primo piano l’Unto del Signore. «Con i tempi grami e luttuosi che corrono - commenta La Stampa - è come se Lui «fosse piombato in mezzo a un funerale distribuendo pacche sulle spalle».

Che quella fosse la natura del leader era già assodato in quei tempi lontani. Ma come definire la psicologia dei suoi seguaci? «Si tratta di “petit peuple”, piccoli e piccolissimi borghesi»: così li vide Sandro Viola, mandato da Repubblica a percorrere la Lombardia. E intanto Barbara Spinelli vedeva nel debutto del Cavaliere «una fiaba con finale infelice: c’era il principe, e nelle ultime righe si apprende invece che è un rospo».

Adesso il finale infelice s’è consumato (così ci si augura), e il rospo nazionale non fa più tanta paura a quella metà degli italiani che non lo ha prediletto. Ma c’è da chiedersi se il paese che gli fece da tana abbia assorbito in pieno la lezione. Dopo una sbornia durata una ventina d’anni, non si sa se e quando riuscirà a riprendersi. Ciò sarebbe essenziale, dovendo l’intero paese accingersi «un’opera di ricostruzione», le cui dimensioni «sono simili» - conclude Guido Crainz - «a quelle della fase post-bellica».

Anziché che una Terza Repubblica, come si sente dire, ciò che ci aspetta è un Secondo Dopoguerra? Nell’attesa, sarà bene ricordare che non sempre i miracoli si ripetono.


SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:

-  STORIA D’ITALIA, 1994-2010: LA LUNGA E ’BRILLANTE’ CAMPAGNA DI GUERRA DEL CAVALIERE DI "FORZA ITALIA" CONTRO L’ITALIA. Alcuni documenti per gli storici e i filosofi del presente e del futuro

-  UNA DOMANDA ALL’ITALIA: MA COME AVETE FATTO A RIDURVI COSI’?! UN "BORDELLO STATE": UN PAESE BORDELLO. Una nota di Maurizio Viroli (dagli Usa) - e una risposta (agli americani, dall’Italia) di Federico La Sala

-   L’ITALIA (1994-2012), TRE PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA SENZA "PAROLA", E I FURBASTRI CHE SANNO (COSA SIGNIFICA) GRIDARE "FORZA ITALIA". In memoria di Sandro Pertini e di Gioacchino da Fiore, alcuni appunti per i posteri


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