Sì al decreto : 17 marzo sarà festa nazionale
la Lega non aderiscee: ""Follia incostituzionale"
La decisione del Consiglio dei ministri con la riserva del Carroccio: Maroni assente, Bossi e Calderoli non votano. La Russa: Non c’è rottura, solo diversità di opinione *
ROMA - Dopo le polemiche delle ultime settimane , il Consiglio dei ministri ha deciso: il 17 marzo sarà festa nazionale. Ma la decisione non è stata indolore: i tre ministri leghisti non hanno aderito. E al termine della riunione Roberto Calderoli è stato molto netto: "Fare un decreto legge per istituire la festività del 17 marzo, un decreto legge privo di copertura (traslare come copertura gli effetti del 4 di novembre, infatti, rappresenta soltanto un pannicello caldo e non a caso mancava la relazione tecnica obbligatoria prevista dalla legge di contabilità), in un Paese che ha il primo debito pubblico europeo e il terzo a livello mondiale e in più farlo in un momento di crisi economica internazionale è pura follia. Ed è anche incostituzionale".
Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Calderoli da tempo contestano la scelta di festeggiare con l’astensione dal lavoro e dalle scuole il 17 marzo. Ma con la Lega non c’è nessuna rottura, si affretta a chiarire Ignazio La Russa, solo "diversità di opinioni". E’ stata una decisione giusta, per il titolare della Difesa, "di cui siamo soddisfatti, senza trionfalismi di nessun genere". Chiediamo a tutti rispetto "ma non obbligheremo nessuno a festeggiare", aggiunge.
Maroni aveva già lasciato l’aula quando si è proceduto alla votazione, mentre Bossi e Calderoli, presenti, non hanno votato. "Se pur in modo garbato, hanno espresso una diversità di opinione", spiega La Russa in conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri. La questione della copertura finanziaria è stata superata con il trasferimento "degli effetti economici e degli istituti giuridici e contrattuali dalla festa del 4 novembre al 17 marzo. Questo varrà solo per il 2011", aggiunge. D’altra parte "sarebbe stato quasi comico che la festa dei lavoratori si festeggiasse stando a casa e invece quella di tutti si festeggiasse andando a lavorare. Non sarà così".
E sulla riserva della Lega commenta: "Non c’è nulla di male se nel Cdm, che si è espresso a larga maggioranza, si esprime una diversità di opinione. Ho discusso con Bossi in modo tranquillo e gli ho fatto notare che dove c’è il federalismo lo spirito nazionale è più forte. Credo che le due cose possano andare di pari passo", dice La Russa. E forse, "quando il federalismo sarà compiuto chi, fra gli amici che hanno oggi votato contro, potranno aderire".
* la Repubblica, 18 febbraio 2011
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
AL DI LA’ DELLA "FATTORIA DEGLI ANIMALI"!!! A DANTE ALIGHIERI E A FERDINAND DE SAUSSURE, A GLORIA ETERNA..... .LA LIBERTA’, LA "PAROLA" E LA "LINGUA" DELL’ITALIA, E IL COLPO DI STATO STRISCIANTE DEL PARTITO "FORZA ITALIA".
Tu quis es?
Intellettuali
di Ivano Dionigi (Avvenire, martedì 17 marzo 2020)
Dove sono finiti gli intellettuali, figure che mettano il loro sapere a confronto col potere e a frutto del bene comune ? Per i quali la virtù sia per se ipsa praemium ? Che abbiano nel sangue il senso del destino delle persone ? Missing, scomparsi. Sostituiti da intrattenitori, giornalisti, velinari, rappresentanti politici, tecnici delle singole discipline. Dovunque ti giri, stesso spettacolo : loquaces, muti sunt, « blaterano, ma sono muti », direbbe Agostino.
Tra le diverse cause di questa scomparsa, direi anzitutto il primato indiscusso della comunicazione, questo rinnovato impero della retorica, che impone messaggi semplice e semplificati, e che ai pensieri lunghi preferisce gli slogan.
E poi loro, gli intellettuali, i quali, non si fanno scrupolo di scodinzolare attorno al principe o principino di turno e di asservirsi al potere, tradendo quella “convinzione” e quella “responsabilità” che dovrebbero caratterizzarli.
Infine i partiti, che, tra miopia e istinto di sopravvivenza, hanno ridotto la politica a pratica amministrativa oppure a pura spartizione di potere, estranea al pensiero e al progetto.
Fanno riflettere le parole di Socrate, lontano dalle cariche pubbliche e condannato dalle leggi della città : «Io credo di essere tra quei pochi Ateniesi, per non dire il solo, che tenti la vera arte politica, e il solo tra i contemporanei che la eserciti » (Gorgia 521 d).
Inno, è obbligatorio impararlo a scuola
Senato dà ok: 17 marzo giornata Unità d’Italia
Con 208 voti a favore, 14 contrari e 2 astenuti, l’Aula ha dato il via libera alla legge che istituisce la nuova festività e prevede l’insegnamento del testo di Mameli. Forti proteste della Lega *
ROMA - D’ora in poi sarà più difficile notare sportivi che rimangono in silenzio o persone che inseriscono parole a caso mentre suona l’inno di Mameli: impararlo a scuola è obbligatorio. Il Senato, infatti, tra le accese proteste della Lega, ha dato il via libera definitivo al ddl che prevede l’insegnamento dell’inno tra i banchi. La norma, che è passata con 208 voti a favore, 14 contrari e 2 astenuti, istituisce inoltre il 17 marzo giornata nazionale dell’Unità d’Italia, della Costituzione, dell’inno nazionale e della bandiera.
In base al testo approvato oggi, a partire dal prossimo anno scolastico, nelle scuole di ogni ordine e grado saranno organizzati "percorsi didattici, iniziative e incontri celebrativi finalizzati ad informare e a suscitare riflessione sugli eventi e sul significato del risorgimento nonché sulle vicende che hanno condotto all’unità nazionale, alla scelta dell’inno di Mameli, alla bandiera nazionale e all’approvazione della Costituzione, anche alla luce dell’evoluzione della storia europea".
Lo scopo che si prefigge la legge con l’istituzione di questa nuova festività (che non avrà comunque effetti civili, non sarà insomma un giorno di vacanza o di ferie) è quello di "ricordare e promuovere" nella giornata del 17 marzo, data della proclamazione nel 1861 a Torino dell’unità d’Italia, "i valori di cittadinanza, fondamento di una positiva convivenza civile, nonché di riaffermare e consolidare l’identità nazionale attraverso il ricordo e la memoria civica".
Le reazioni. Accese le proteste della Lega prima dell’approvazione del testo. Alcuni senatori hanno lasciato l’Aula prima del voto. "Senatori del Parlamento italiano, magari ex ministri, non possono affermare di non sentirsi italiani. È vergognoso", ha detto il senatore Udc Achille Serra intervenendo in Aula. Attribuisce ’grande valore storico’ alla decisione presa dal Senato il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: "Da oggi - ha detto - il 17 marzo diventa il giorno di tutti gli italiani che, attraverso una memoria finalmente condivisa, avranno la possibilità di riaffermare i valori dell’identità nazionale". Per il coordinatore nazionale del Pdl, Ignazio La Russa, l’inno è parte integrante della nostra storia: "È importante che proprio a scuola, culla dell’insegnamento e della cultura, i giovani possano imparare non solo il testo, ma ciò che esso rappresenta per tutti gli italiani". "Con questo ddl - ha detto il senatore del Pd Antonio Rusconi - alle scuole è affidato un compito importante: recuperare e rinnovare le radici di una Nazione, dei sacrifici compiuti e di quelli che si è ancora disposti a compiere insieme’’.
* la Repubblica, 08 novembre 2012
"Uniti supereremo ogni difficoltà". Gli auguri di Napolitano all’Italia
Roma - (Ign) - Il presidente della Repubblica nel suo intervento alla manifestazione per la ’notte tricolore’ nella piazza antistante il Quirinale: oggi "festeggiamo il meglio della nostra storia. E sottolinea: "Ognuno deve ricordare che è parte di qualcosa di più grande, la nostra nazione, la nostra Patria e la nostra Italia
Accompagnato dalla signora Clio, il capo dello Stato ha aggiunto: "Se fossimo rimasti divisi in otto stati come eravamo nel 1860 saremmo stati spazzati via dalla storia".
Per Napolitano oggi "festeggiamo il meglio della nostra storia. Perché abbiamo avuto momenti brutti, commesso errori, abbiamo vissuto pagine drammatiche ma abbiamo fatto tante cose grandi e importanti, grazie all’unità siamo diventati un Paese moderno". "Eravamo già in ritardo allora di fronte alla Spagna, alla Francia, all’Inghilterra che erano già dei grandi stati nazionali e stava per diventarlo anche la Germania. Per fortuna - ha detto ancora - eravamo in ritardo ma non abbiamo atteso ulteriormente. Sono state schiere di nostri patrioti che hanno combattuto e dato la vita e scritto pagine eroiche che noi dobbiamo avere l’orgoglio di ricordare e rivendicare. Perché solo così possiamo anche guardare con fiducia al futuro e alle prove che ci attendono".
"Ne abbiamo passate tante, passeremo anche quelle che avremo di fronte, in un mondo forse più difficile. Però l’importante è che ricordiamo sempre che" anche se "ognuno ha i suoi problemi, i suoi interessi e le sue idee e discutiamo e battagliamo ognuno deve ricordare che è parte di qualcosa di più grande, la nostra nazione, la nostra Patria e la nostra Italia. E se saremo uniti sapremo superare tutte le difficoltà che ci attendono. Auguri a tutti gli italiani"
* ADNKRONOS. ultimo aggiornamento: 16 marzo, ore 22:18: http://www.adnkronos.com/IGN/Speciali/Unita_DItalia/Uniti-supereremo-ogni-difficolta-Gli-auguri-di-Napolitano-allItalia_311798162589.html
L’Unità d’Italia? E’ un appello per la cultura
di Valentina Grazzini *
Per ironico gioco di retorica le due parole che più ricorrono in questi giorni sono unità e tagli. Mentre viene celebrato il 150esimo della nascita dell’Italia, se ne distrugge a uno dei fondamenti su cui fu costruita, la cultura. Ma forse proprio su questo ossimoro può misurarsi il senso di appartenenza degli italiani. Tante sono le occasioni di pensare all’Unità: a Roma l’evento sarà celebrato con la Notte tricolore che offrirà concerti, spettacoli teatrali, animazioni di strada, mostre, letture, illuminazioni, proiezioni, fuochi pirotecnici e lectio magistralis. E quasi tutte le iniziative saranno gratuite (programma completo su www.italiaunita.it).
La fitta agenda romana del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano partirà con la visita all’Altare della Patria, proseguirà al Pantheon per deporre una corona d’alloro sulla tomba di Vittorio Emanuele II di Savoia, primoRe d’Italia, per poi toccare il Gianicolo, il complesso monumentale di Porta San Pancrazio e il Museo della Repubblica Romana e della Memoria Garibaldina.
Nel pomeriggio a Montecitorio il Capo dello Stato terrà poi il discorso celebrativo della Fondazione dello Stato unitario di fronte alle Camere riunite. Gran finale al teatro dell’Opera, dove Napolitano assisterà al Nabucco di Verdi diretto dal maestro Riccardo Muti.
Intanto la seconda capitale, Torino, racconta l’Italia attraverso gli italiani: Fare gli Italiani. 150 anni di storia nazionale è la mostra ospitata nelle Officine Grandi Riparazioni, forse una delle più interessanti tra le molte proposte nel capoluogo piemontese (programma su www.italia150.it). Ma se celebrare è bene, riflettere lo è ancor di più.
Così proprio nella notte italiana per eccellenza, quella che ci traghetterà alla giornata di domani quando i tricolori sventoleranno nelle piazze, il regista Maurizio Scaparro ha preparato un appello contro i tagli al teatro che ha per l’appunto150 firmatari. Dalla A di Antonio Albanese fino alla Z di Luca Zingaretti appaiono tra gli altri Giorgio Albertazzi, Alessandro Bergonzoni, Claudi Cardinale, Lella Costa, Luca De Filippo, Davide Enia, Rossella Falk, Alessandro Gassman, Monica Guerritore, Sergio Staino, Catherine Spaak, Massimo Ranieri, Lina Sastri, Ugo Gregoretti, Anna Maria Guarnieri, Umberto Orsini, Moni Ovadia, Paolo e Lucia Poli, Gabriele Lavia, Antonio Latella... Generazioni di attori e registi uniti in nome di un’appartenenza.
L’appello sarà letto da Anna Bonaiuto alla mezzanotte di stanotte al Teatro della Pergola di Firenze (terza capitale, tout se tient) e, in contemporanea, da Elisabetta Pozzi a Palazzo Barberini di Roma. «Non ci troviamo certo in un periodo facile e piacevole per il nostro Paese - recita l’appello di Scaparro -. Con in più il peso necessario di doverlo e volerlo vivere a 150 anni dall’Unità d’Italia. Le lotte, le conquiste, i grandi ideali, i sogni, le delusioni, le tensioni all’Unità (anche culturale, quindi linguistica e teatrale).
Il teatro italiano proprio per la sua capacità di tradurre ed interpretare questi stessi sogni nella ricchezza delle sue lingue e dei suoi dialetti, è stato per un lungo periodo una preziosa moneta di scambio che circolava tra mille difficoltà e avventure in Europa, nel Mediterraneo, al quale pensiamo tutti in queste ore con grande preoccupazione, e nelmondo intero». «Noi siamo gli eredi di quei comici che con i loro viaggi hanno contribuito a far nascere l’Europa della cultura, prima di quella delle banche, e che questa Europa vogliono far crescere - continua il documento -. Anche per questo sentiamo l’urgenza e la necessità di lanciare un grido di allarme perché le istituzioni del nostro Paese e il mondo della comunicazione non perdano il contatto con le forze vive della cultura e del lavoro, per costruire, con la grande tradizione dei Maestri e le vitalità innovative delle giovani generazioni, un nuovo Umanesimo».
* l’Unità, 16 marzo 2011
LA FESTA PER I 150 ANNI
Unità d’Italia, bufera sulla Lega
Berlusconi: "Rispettare lo Stato"
Anche in Emilia Romagna
gli esponenti del Carroccio disertano l’inno.
A rischio
la cerimonia a Montecitorio
di domani.
Il Pd attacca: sarebbe
una vergogna se non ci fossero *
La Lega resta al centro della bufera per le celebrazioni sull’Unità d’Italia. Dopo il caso della Lombardia, i leghisti anche in Emilia se ne vanno dall’aula al suono dell’inno. Inoltre, il Carroccio potrebbe non presentarsi domani a Montecitorio per partecipare alla seduta comune del Parlamento convocata per la festa dei 150 anni. "E’ necessario un rigoroso rispetto dell’unità dello Stato nazionale", ha detto Silvio Berlusconi descrivendo il senso delle celebrazioni che prendono ufficialmente il via questa sera. "Senza la memoria del nostro passato, della nostra storia, della nostra cultura, senza la memoria delle vicende storiche che hanno portato all’unità d’Italia - ha affermato il premier in un messaggio pubblicato sul sito del governo - saremmo tutti più deboli, poveri e soli di fronte al futuro".
La Lega per ora preferisce non commentare. "Lasciatemi in pace". Ha risposto così, stizzito, Roberto Maroni, ai giornalisti che in Transatlantico alla Camera gli hanno chiesto se il Carroccio sarà domani in Aula. Il ministro leghista, a Montecitorio per rispondere al question time, è stato interpellato più volte sul tema. A chi gli domandava "Sarete in Aula domani per festeggiare l’unità d’Italia?", Maroni, senza fermarsi, ha risposto: "Certamente...". Poi, dopo il question time, l’esponente del Carroccio ha liquidato con un "lasciatemi in pace" i giornalisti che lo hanno avvicinato nuovamente per ottenere una risposta meno evasiva.
La polemica si infiamma. La Russa non vuole alimentare lo scontro. "Non c’è obbligo di presenza, ma c’è l’obbligo di rispetto", dice il ministro della Difesa. Bersani non ha dubbi: "Se disertassero sarebbe una vera vergogna". Il Pd va all’attacco dei leghisti per le assenze alle celebrazioni: assenze giudicate "volgari", comportamenti da "buffoni", che sono "incompatibili" con le cariche istituzionali ricoperte. Tanto da chiedere le dimissioni degli esponenti leghisti che non parteciperanno alle celebrazioni. "Se non se la sentano di rappresentare il Paese - afferma Antonio Misani, membro della segreteria del Pd - rinuncino allora agli incarichi e ai lauti stipendi di cui godono. E’ troppo facile fare i buffoni uscendo dalle aule per non ascoltare l’inno o insultando il tricolore. Il Paese è stanco del banchetto di un gruppo di cialtroni che giocano con la dignità delle istituzioni. Si deve essere orgogliosi di poter rappresentare l’Italia tutta intera", mentre la decisione di assentarsi "è un atto offensivo nei confronti dell’incarico che ricoprono e del giuramento fatto".
Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del Pd, stigmatizza le possibili assenze: "Si tratterebbe dell’ennesimo episodio di rappresentanti leghisti che siedono sui banchi di istituzioni che mantengono salda la nostra democrazia, ma che contemporaneamente vogliono dimostrare ai loro militanti che loro di quell’Unità non fanno parte. Se domani, come traspare dalla parole del capogruppo Reguzzoni, una rappresentanza significativa della Lega non sarà presente alla cerimonia e al discorso del presidente della Repubblica, quello sarà un gesto di non ritorno".
Anche l’Idv annuncia battaglia. "E’ ora di finirla con questa pantomima ridicola diventata ora intollerabile: se la Lega non ritiene di festeggiare si assuma le proprie responsabilità politiche ed esca dal governo", dice il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi.
* La Stampa, 16/03/2011
Italia 150, esplode la festa
Grandi mostre, concerti, eventi, spettacoli e fuochi d’artificio Notti bianche a Roma e Torino, cuore delle manifestazioni *
ROMA Roma e Torino sono il cuore della immensa festa tricolore che da oggi esplode nel Paese con eventi in molte città. In particolare, a Roma e Torino è prevista una lunga kermesse in un susseguirsi di concerti, esibizioni delle bande militari, letture, animazione di strada, spettacoli di luce, lezioni magistrali, fuochi d’artificio sotto le stelle. Saranno aperti durante la sera e la notte musei, palazzi pubblici, spazi di cultura e biblioteche. Negozi, ristoranti e bar potranno rimanere aperti in centro anche oltre gli orari consueti.
QUI ROMA
Le celebrazioni entreranno nel vivo nella serata di oggi con l’inaugurazione alle 18,30, al complesso del Vittoriano, della mostra ’’Alle radici dell’identita’ nazionale. Italia nazione culturale’’. Alle 19.00 in piazza del Campidoglio, il concerto della banda della polizia municipale. La sala Santa Cecilia all’auditorium Parco della musica si animera’ alle 20.30 con la banda dell’esercito italiano, mentre alle 21.05 da piazza del Quirinale alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l’evento di apertura della ’’notte tricolore’’, con la diretta televisiva su rai1 con la trasmissione ’’150’’ condotta da Pippo Baudo e Bruno Vespa. Piazza del Campidoglio di nuovo protagonista alle 22.00 con lo spettacolo ’’150 ma non li dimostra’’ con Gigi Proietti e Umberto Broccoli. Alle 23.05 all’Altare della Patria il ’’Canto degli italiani’’, esibizione della Banda militare interforze accompagnata dal coro di voci bianche dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia. A mezzanotte dal parco del Celio lo spettacolo pirotecnico ’’i fuochi all’italiana’’. Dopo circa 30 minuti il fittissimo calendario delle celebrazioni coinvolgera’ via dei Fori imperiali, con le proiezioni sui mercati di Traiano. Successivamente la sala Pietro da Cortona dei musei capitolini fara’ da cornice allo spettacolo ’’Buon compleanno Italia’’.
QUI TORINO
La notte Tricolore di Torino prenderà il via in modo molto suggestivo. Il segnale che la festa può iniziare lo darà l’accensione di un gigantesco collier tricolore attorno alla Mole: tre cornici quadrate di 12 metri ciascuna progettate dagli architetti Lupi, Migliore e Servetto che saranno uno dei segni visivi di queste celebrazioni. Sarà poi piazza Vittorio Veneto il teatro della kermesse vera e propria. Sul palco allestito al centro della piazza, ci sarà una staffetta musicale che coinvolgerà artisti del sud e nord Italia. Uno spettacolo che parlerà delle varie identità del Paese. A esibirsi sul palco saranno cantanti come Davide Van De Sfross, Syria, Irene Fornaciari. Fiore all’occhiello, la partecipazione del vincitore del Festival di Sanremo 2011, Roberto Vecchioni. La musica farà da accompagnamento al momento clou della Notte Tricolore. Attorno a mezzanotte scatterà un grande spettacolo pirotecnico al ponte della Gran Madre. Ma tutta la città sarà coinvolta, a partire, dalle 20, dallinno nazionale suonato dalla Fanfara della Brigata alpina Taurinense. Il «buon compleanno Italia» risuonerà in tutte le piazze storiche di Torino, dove le province del Piemonte organizzeranno spettacoli, eventi, cortei, esibizioni di gruppi storici e degustazioni tipiche del territorio. Musei, teatri e gallerie d’arte saranno aperti fino a notte fonda. Torneranno le Luci d’artista, Cioccolatò esporrà in piazza Vittorio un’Italia di cioccolato di oltre 13 metri e del peso di 14 tonnellate, con i principali monumenti italiani. L’evento sarà seguito in diretta da Raiuno, con due collegamenti con la prima delle sei trasmissioni che Pippo Baudo e Bruno Vespa condurranno in prima serata per il 150°. Tra le grandi mostre organizzate per i 150 anni, alla reggia di Venaria Reale s’inaugura il " Potager royal" e sono in calendario "La bella Italia" "La moda in Italia" e "Leonardo"; alle Ogr "Fare gli italiani".
QUI FIRENZE
Notte tricolore anche a Firenze. Bandiere in ogni dove, anche ai lati del popolare ’struscio’ di via Calzaioli. Si potranno eccezionalmente visitare gli appartamenti reali di Palazzo Pitti, a ricordo della Firenze capitale, potranno essere visitati. La manifestazione si chiuderà con l’esposizione della bandiera italiana sul tetto del Nuovo Teatro del Maggio. Il tricolore ritorna poi a tavola, nella spaghetettata pomodoro e basilico, allestita dal Dopolavoro ferroviario per chiunque partecipi al corteo.
QUI VENEZIA
A Venezia si parte nel pomeriggio, alla Biblioteca Marciana, dove verrà inauguarata la mostra "Aspettando l’Unità d’Italia 1850-1866; un’ora dopo, alle ore 18.30, al Museo Correr si aprirà una seconda mostra "Venezia che spera: l’unione all’Italia (1856-1866); sempre il 16 marzo, alle ore 20.30, al Teatro La Fenice, concerto aperto alla cittadinanza, per la "Notte del Tricolore". Domani la giornata ufficiale delle celebrazioni inizierà con l’Alza Bandiera in Piazza San Marco alle ore 10 col Concerto della Banda dell` Esercito. Verrà poi steso il tricolore sul campanile di San Marco. Il coro "25 Aprile" e Comitato Bandiera Italiana alle ore 15 eseguiranno canti legati alla tradizione popolare italiana.
QUI NAPOLI
A Napoli la festa inizia domani alle 11: in piazza del Plebiscito ci sarà l`alzabandiera con la partecipazione di tutte le istituzioni cittadine, mentre in piazza Dante, per l`intera giornata, si alterneranno sul palco musicisti, attori e rappresentanti della società civile. Prevista la partecipazione, tra gli altri, di Edoardo Bennato, Francesco Baccini, Enzo Gragnaniello, Daniele Silvestri, ma anche le testimonianze del giudice Raffaele Cantone, Bice Biagi, Don Andrea Gallo e Antonio Tabucchi e le esibizioni di Sabina Guzzanti e Dario Vergassola. Il Comune ha, invece, organizzato, per le 11.30, a Palazzo San Giacomo la presentazione dei due volumi: il Catalogo della mostra di ricordi storici del Risorgimento meridionale d`Italia e il libro “Il Risorgimento invisibile: patriote del Mezzogiorno d`Italia”.
* La Stampa, 16/03/2011
Intervento del Presidente Napolitano all’incontro su "La lingua italiana fattore portante dell’identità nazionale" nel 150 dell’Unità.
Palazzo del Quirinale, 21/02/2011 *
Questo nostro incontro non può chiudersi senza un caloroso ringraziamento, come quello che io voglio rivolgere alle prestigiose istituzioni il cui apporto ci è stato essenziale, al Presidente Amato e agli studiosi, i cui interventi hanno scandito un’intensa riflessione collettiva su aspetti cruciali del discorso sulla nostra identità e unità nazionale, e in pari tempo agli artisti le cui voci hanno fatto risuonare vive e a noi vicine pagine specialmente significative della poesia, della letteratura e della cultura italiana. Tra le figure dei primi e dei secondi, degli studiosi e degli interpreti, si è collocata - da tempo, come sappiamo, con straordinario ininterrotto impegno - quella di Vittorio Sermonti, dando voce alla Commedia di Dante.
Ringrazio dunque in egual modo tutti ; e non posso far mancare un vivo ringraziamento anche per chi ha curato la splendida raccolta, di alto valore bibliografico, da noi ospitata qui in Quirinale, di testi dei capolavori ed autori cari a Francesco De Sanctis. La cui storia ci appare più che mai rispondente al proposito - come poi disse Benedetto Croce - "di fare un grande esame di coscienza e di intendere la storia della civiltà italiana".
Non mi sembra eccessivo aggiungere - ed è il mio solo commento - che la iniziativa di questa mattina è risultata esemplarmente indicativa del carattere da dare alle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, la cui importanza va ben al di là di ogni disputa sulle modalità festive da osservare o sulle diverse propensioni a partecipare manifestatesi. Come tutti hanno potuto constatare, non c’è stata qui alcuna enfasi retorica, alcuna esaltazione acritica o strumentale semplificazione.
Si è discusso sulla datazione del configurarsi e affermarsi di una lingua italiana e del suo valore identitario in assenza - o nella lentezza e difficoltà del maturare - di una unione politica del paese.
Senza nascondersi la complessità del tema della nazione italiana, delle sue più lontane radici e del suo rapporto col movimento per la nascita, così tardiva, di uno Stato nazionale unitario, si è messo in evidenza quale impulso sia venuto dalla forza dell’italiano come lingua della poesia, della letteratura, e poi del melodramma al crescere di una coscienza nazionale. Il movimento per l’Unità non sarebbe stato concepibile e non avrebbe potuto giungere al traguardo cui giunse se non vi fosse stata nei secoli la crescita dell’idea d’Italia, del sentimento dell’Italia. De Sanctis richiama Machiavelli che "propone addirittura la costituzione di uno grande stato italiano, che sia baluardo d’Italia contro lo straniero" e aggiunge : "Il concetto di patria gli si allarga. Patria non è solo il piccolo comune, ma è tutta la nazione". La gloria di Machiavelli - conclude De Sanctis - è "di avere stabilito la sua utopia sopra elementi veri e durevoli della società moderna e della nazione italiana, destinati a svilupparsi in un avvenire più o meno lontano, del quale egli tracciava la via".
Quell’avvenire era ancora molto lontano. Secoli dopo, nella prima metà dell’Ottocento, si sarebbe determinato - è ancora De Sanctis che cito, dal capitolo conclusivo della sua "Storia", - "il fatto nuovo" del formarsi "nella grande maggioranza della popolazione istruita", di "una coscienza politica, del senso del limite e del possibile" oltre i tentativi insurrezionali falliti, oltre "la dottrina del «tutto o niente»".
E se con il progredire della coscienza e dell’azione politica, si giunge a "fare l’Italia" nel 1861, fu tra il XIX e il XX secolo, come qui ci si è detto in modo suggestivo e convincente, che cominciarono a circolare libri capaci di proporsi "come strumenti di educazione e formazione della rinata Italia". Tuttavia, la strada da fare restò lunga.
A conferma della nostra volontà di celebrare il centocinquantesimo guardandoci dall’idoleggiare lo Stato unitario quale nacque e per decenni si caratterizzò, si è stamattina qui crudamente ricordato come solo nel primo decennio del ’900 - nel decennio giolittiano - si produsse una svolta decisiva per la crescita dell’istruzione pubblica, per l’abbattimento dell’analfabetismo, e più in generale, grazie alla scuola, per un progressivo avvicinamento all’ideale - una volta compiuta l’unità politica - di una lingua scritta e parlata da tutti gli italiani. Di qui anche lo sviluppo di una memoria condivisa nel succedersi delle generazioni.
Dopo quella svolta, il cammino fu tutto fuorché lineare - in ogni campo d’altronde, per le regressioni che il fascismo portò con sé. Ed è dunque giusto, nel bilancio dei 150 anni dell’Italia unita, porre al massimo l’accento su quel che ha rappresentato l’età repubblicana, a partire dall’approccio innovativo e lungimirante dei padri costituenti, che si tradusse nella storica conquista dell’iscrizione nella nostra Carta del principio dell’istruzione obbligatoria e gratuita per almeno otto anni. Molti princìpi iscritti in Costituzione hanno avuto un’attuazione travagliata e non rapida : ciò non toglie che essi abbiano ispirato in questi decenni uno sviluppo senza precedenti del nostro paese e che restino fecondi punti di riferimento per il suo sviluppo a venire.
Non idoleggiamo il retaggio del passato e non idealizziamo il presente. I motivi di orgoglio e fiducia che traiamo dal celebrare l’enorme trasformazione e avanzamento della società italiana per effetto dell’Unità e lungo la strada aperta dall’Unità, debbono animare l’impegno a superare quel che è rimasto incompiuto (siamo - ha detto Giuliano Amato - Nazione antica e al tempo stesso incompiuta) e ad affrontare nuove sfide e prove per la nostra lingua e per la nostra unità. E infatti anche di ciò si è parlato ampiamente nel nostro incontro guardando sia alle ricadute del fenomeno Internet sulla padronanza dell’italiano tra le nuove generazioni sia alle spinte recenti per qualche formale riconoscimento dei dialetti. Eppure, a quest’ultimo proposito, l’Italia non può essere presentata come un paese linguisticamente omologato nel senso di una negazione di diversità e di intrecci mostratisi vitali. E nessuno può pretendere,peraltro, di oscurare l’unità di lingua cosi faticosamente raggiunta.
Bene, in questo spirito possiamo e dobbiamo mostrarci - anche presentando al mondo quel che abbiamo costruito in 150 anni e quel che siamo - seriamente consapevoli del nostro ricchissimo, unico patrimonio nazionale di lingua e di cultura e della sua vitalità ; e seriamente consapevoli del duro sforzo complessivo da affrontare per rinnovare - contro ogni rischio di deriva - il ruolo che l’Italia è chiamata a svolgere in una fase critica, e insieme ricca di promesse, di evoluzione della civiltà europea e mondiale.
Ho detto "seriamente" : perché in fin dei conti è proprio questo che conta, celebrare con serietà il nostro centocinquantenario. Come avete fatto voi protagonisti di questo incontro. Ancora grazie.
* PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA: http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Discorso&key=2094
LA LETTERA
Valorizziamo ciò che ci unisce
di GIORGIO NAPOLITANO *
Caro direttore,
il Consiglio dei Ministri ha adottato la decisione che ad esso competeva per quel che riguarda le modalità della festa del 17 marzo 2011. Ho ritenuto di dover restare - nel mio ruolo - estraneo a ogni disputa in proposito. Ma ritengo che lo spirito della decisione presa sia apprezzabile.
Quello che conta è che ci sia piena e attiva consapevolezza, a tutti i livelli istituzionali, del significato delle celebrazioni di questo storico anniversario: e cioè, della necessità di farne occasione di riflessione seria e non acritica, e insieme di decisa valorizzazione di tutto quel che ci unisce come nazione e ci impegna come Stato unitario di fronte ai problemi e alle sfide che ci attendono.
Nelle celebrazioni così concepite confido che potranno riconoscersi tutte le forze politiche, sociali e culturali, potranno aver spazio tutte le sensibilità.
* la Repubblica, 19 febbraio 2011
Lunedì al Quirinale un incontro su “la lingua italiana fattore portante dell’identità nazionale” nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia *
Il 21 febbraio 2011 alle ore 11.00 avrà luogo al Palazzo del Quirinale un incontro su "la lingua italiana fattore portante dell’identità nazionale", nell’ambito delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
L’evento è promosso dalla Presidenza della Repubblica con la collaborazione dell’Accademia dei Lincei, dell’Accademia della Crusca, dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana e della Società Dante Alighieri.
L’incontro sarà aperto da Gianni Letta in rappresentanza del Governo. Seguirà un filmato realizzato da Giovanni Minoli con i materiali d’archivio della Rai. Quindi Giuliano Amato, Presidente del Comitato dei Garanti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, introdurrà l’iniziativa affrontando il tema "La lingua italiana e l’unità nazionale". Seguiranno gli interventi di personalità del mondo accademico e culturale: Tullio De Mauro su "L’Italia linguistica dall’Unità all’età della Repubblica", Vittorio Sermonti su "La voce di Dante", Luca Serianni su "La lingua italiana nel mondo", Carlo Ossola su "I libri che hanno fatto gli italiani", Nicoletta Maraschio su "Passato, presente e futuro della lingua nazionale" e Umberto Eco su "L’italiano del futuro". L’ultimo intervento sarà del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Le riflessioni sul rapporto tra la lingua italiana e l’identità della nazione saranno intervallati da letture di brani letterari che hanno segnato l’evoluzione della lingua nazionale, da parte di Fabrizio Gifuni, Umberto Orsini, Ottavia Piccolo, Toni Servillo e Pamela Villoresi. Due pagine musicali saranno interpretate da Roberto Abbondanza (baritono) e da Federico Amendola (pianoforte).
Nella stessa giornata sarà aperta nella Sala delle Bandiere del Quirinale la mostra "Viaggio tra i capolavori della letteratura italiana. Francesco De Sanctis e l’Unità d’Italia", promossa dalla Fondazione De Sanctis, che sarà aperta al pubblico da martedì 22 febbraio a domenica 3 aprile: "Un viaggio - ha scritto il Capo dello Stato nel catalogo della esposizione - tra i capolavori che hanno radicato in noi il sentimento di appartenere a una comunità di lingua e di ideali".
SITO: PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA: http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Notizia&key=14465
Intervista a Tullio De Mauro
«Dalla Patria alla Matria. Ecco perché è la lingua che ci ha fatto italiani»
Il linguista: Un Paese paradosso il nostro, cementato nelle pagine dei capolavori letterari. E solo più di mezzo millennio dopo la «Commedia» diventato uno Stato
di Maria Serena Palieri (l’Unità, 21.02.2011)
Massimo Cacciari dice che la sua devozione va non alla Patria, ma alla Matria. Cioè alla nostra madre lingua, l’italiano di Dante. E «il» linguista per antonomasia, Tullio De Mauro, stamattina al Quirinale parlerà appunto dell’Italia linguistica, dall’Unità alla Repubblica. Alla vigilia dell’incontro gli abbiamo rivolto alcune domande. A fronte dei 150 anni di Italia che festeggiamo oggi, ci sono, prima, sei secoli di storia di un popolo unito dalla lingua.
È un’eccezione tutta italiana? E da cosa nasce?
«La scelta del fiorentino scritto trecentesco a lingua che, sostituendo il latino, fosse lingua comune dell’Italia si andò affermando già nel secondo Quattrocento nelle nascenti amministrazioni pubbliche dei diversi stati in cui il paese era diviso e si consolidò poi tra i letterati nel XVI secolo quando sempre più spesso la lingua di Dante, Petrarca, Boccaccio cominciò a dirsi italiano e non più fiorentino o toscano. Spingeva in questa direzione l’aspirazione ad avere una lingua nazionale come già avveniva nei grandi stati nazionali europei. Rispetto alle altre parlate italiane, alcune già illustri come il veneziano o il napoletano, il fiorentino scritto aveva il vantaggio di una grande letteratura di rango europeo, il sostegno dell’attiva rete finanziaria e commerciale toscana, una assai maggiore prossimità al latino, che era la lingua dei colti. A questi soltanto, fuori della Toscana, e con la sola parziale eccezione della città di Roma, restò limitata la scelta. Mancarono ancora per secoli quelle condizioni di unificazione politica, economica e sociale e di sviluppo della scolarità elementare che altrove in Europa portavano i popoli a convergere verso l’uso effettivo delle rispettive lingue nazionali. Firenze e Roma a parte, l’uso dell’italiano restò riservato a occasioni più formali e solenni e alle scritture di quell’esigua parte di popolazione che poteva praticarle e leggerle. Tuttavia la tradizione letteraria dei colti fu un filo importante nella vicenda storica. Nell’Italia preunitaria, scrittori, politici, patrioti da Foscolo a Cattaneo e Manzoni, alla diplomazia piemontese, poterono additare a giustificazione storica della richiesta di unità e indipendenza dell’Italia l’esistenza di un’unica lingua nazionale. Ma non mancarono mai di sottolineare il fatto che l’uso dell’italiano era allora assai ridotto. È un tema ricorrente».
Quali sono le conseguenze di questa storia «al contrario»?
«Senza riferimento alla lingua nazionale la stessa idea di unificare il paese e rivendicarne l’indipendenza forse non sarebbe nata».
Il 1861 quale tipo di Paese certificò, dal punto di vista linguistico?
«Il 78% della popolazione risultò analfabeta. La scuola elementare era poco frequentata e mancava in migliaia di comuni. L’intera scuola postelementare era frequentata da meno dell’1% delle classi giovani. Secondo le stime la capacità di usare attivamente l’italiano apparteneva al 2,5% della popolazione. Un valoroso filologo purtroppo scomparso ha rivisto questa stima al rialzo, suggerendo che la capacità di capire l’italiano appartenesse all’8 o 9%».
E 150 anni dopo?
«La scolarizzazione avrebbe potuto modificare la situazione del 1861. Ma, diversamente da quanto avvenne per esempio in Giappone, che negli stessi anni si avviava alla modernità e aveva condizioni scolastiche peggiori delle nostre, le classi dirigenti italiane puntarono su esercito e ferrovie, non sulla scuola. Alla fine del secolo il Giappone aveva portato alla piena scolarità elementare quasi il 100% della popolazione: in Italia siamo arrivati a questo soltanto negli anni sessanta del ‘900. Solo nel periodo giolittiano, a inizio ‘900, cominciò una forte spinta popolare all’istruzione, come riflesso della grande emigrazione verso paesi in cui leggere e scrivere era normale, e come conseguenza diretta del costituirsi di associazioni operaie e contadine e del Partito Socialista.
I governi Giolitti risposero positivamente, le spese per edilizia scolastica e stipendio dei maestri passarono dai comuni allo Stato. La scolarità cominciò a crescere e anche crebbe la quota di prodotto interno lordo destinato alla scuola. Ma il processo si bloccò prima per la Grande Guerra, poi, dal 1925 in poi, per tutto il periodo fascista.
-All’inizio del suo cammino la Repubblica italiana si ritrovò con il 59,2% di analfabeti e senza licenza elementare, con un indice di scolarità di tre anni a testa, a livello dei paesi sottosviluppati. E con il 64% di popolazione consegnata all’uso esclusivo di uno dei dialetti, mentre l’italiano era usato abitualmente da poco più del 10% della popolazione (inclusi i toscani e i romani) e in alternativa con i dialetti da un altro 20% o poco più. Uscire da questa situazione parve una necessità a persone com Pietro Calamandrei o Umberto Canotti Bianco, ma anche ai padri costituenti, chenel 1948 “costituzionalizzarono” l’obbligo scolsticon gratuito per almeno 8 anni (è l’art. 34 della Costituzione). Ma la scuola elementare e la media hanno stentato a decollare fino agli anni settanta.
La scuola ha fatto un lavoro enorme per sottrarre i figli e le figlie al destino di analfabetismo e mancata scolarità di padri e madri. Ha portato tutti i ragazzini alla licenza elementare negli anni settanta e ottanta, poi quasi tutti alla licenza media, infine, in questi anni, li ha portati per il 75% al diploma e alle porte dell’università. Ma non poteva cambiare da sola le strutture degli ambienti di provenienza degli allievi: la mancanza cronica di centri di pubblica lettura in oltre tre quarti dei comuni, la scarsa lettura di quotidiani, fermi, in percentuali di vendite, agli anni ‘50, la scarsa propensione alla lettura di libri. Per questa la parte femminile della popolazione, ha fatto moltissimo, assai più dei maschi, ma non basta». Nel gioco fra lingua e dialetti l’italiano è mai arrivato a essere “lingua di popolo”?
O è rimasto lingua d’élite?
«Oggi l’italiano è parlato dal 94% della popolazione, mai era stato tanto usato, solo il 6% resta ancorato all’uso esclusivo di uno dei dialetti. Ma la percentuale del 94% va sgranata e stratificata: il 45% parla abitualmente l’italiano anche tra le mura di casa, i l resto della popolazione lo usa in alternanza con uno dei dialetti o (per il 5%) delle lingue di minoranza. Ma attenzione, il multilinguismo, la persistenza di idiomi diversi non fa danno. Fa danno la dealfabetizzazione della popolazione adulta una volta uscita di scuola. Soltanto il 20% della popolazione ha gli strumenti minimi di lettura, scrittura e calcolo per orientarsi nella vita di una società moderna. La povera Mastrocola si agita per dire che dovremmo bloccare l’istruzione a 13 anni. Abbiamo invece bisogno di un grande sforzo collettivo di crescita culturale, qualche imprenditore comincia a capirlo, lo spiegano bene gli economisti e in un bel saggio recente Walter Tocci. Ma per ora la situazione è questa e un uso responsabile e sicuro della lingua è precluso a una gran parte del 94% che pure l’italiano ormai lo parla».
Dal 1954 in poi, l’italiano ce l’ha insegnato nostra maestra televisione. Oggi la tv sul piano linguistico e civile che effetti produce?
«Sì, con le grandi migrazioni interne, l’industrializzazione e la crescente scolarità delle fasce giovani, negli anni ‘50 l’ascolto televisivo fu decisivo per sentire l’italiano usato nel parlare. Dagli anni ‘90 la rincorsa alla pubblicità ha imbastardito le trasmissioni senza che vi siano sufficienti contrappesi, il calmiere di una informazione seria e diffusa, la lettura. Oggi lavoriamo molto nelle scuole per insegnare i ragazzi la regola della “presa di turno” nel parlare, Poi apri un qualsiasi talk show o il grande fratello e vedi che quella regola è calpestata senza ritegno». Che effetto fa al linguista una Minetti (laureata) che intercettata dice “Ne vedrai di ogni. Ti devo briffare”? «Studio le registrazioni solo per obiettivi professionali, quindi per campioni statistici, e quelle di Minetti non mi sono per ora capitate».
E che effetto ha fatto al linguista il Benigni che spiega l’Inno di Mameli?
«Un numero sterminato di anni fa, trenta, ricordo di avere cercato di spiegare che, come già per altri grandi comici, Totò anzitutto e Dario Fo, il comico di Benigni poggiava e poggia su una geniale intelligenza e una robusta, ampia base culturale. Benigni poi ci ha dato solo conferme. La sua “controlettura” dell’Inno di Mameli offre un modello raro e prezioso di come si debba e possa leggere la poesia, senza vibratini ed enfasi, come invece troppo spesso si fa. Di Benigni ricordo anche il memorabile discorso per l’avvio di pionieristici corsi di istruzione per gli adulti nel comune di Scandicci e la chiusa alta e paradossale, degna di Gramsci e don Milani: “Tutti vi dicono: fatti, non parole. E io vi dico invece: prima di tutto parole, parole, parole».