L’OCCUPAZIONE DELLA LEGGE E DELLA LINGUA ITALIANA: L’ITALIA E LA VERGOGNA.
"Draquila offende l’Italia", Bondi non va Cannes
I finiani contro il ministro: "Andare è un dovere"
Il ministro, invitato a presenziare alla kermesse cinematografica, declina a causa dello "sconcerto per la partecipazione di un’opera di propaganda". Già la Brambilla aveva minacciato azioni legali. Granata: Così perde di credibilità" *
ROMA - Insorge, il governo italiano, per Draquila di Sabina Guzzanti, il docufilm - efficace nello stile, fortissimo nei contenuti - che parla del post-terremoto abruzzese, tra show berlusconiani e grandi affari all’ombra di Guido Bertolaso. Oggi a prendere una posizione, durissima, contro la pellicola - di scena come evento speciale fuori concorso al Festival di Cannes - è Sandro Bondi: in una nota, il ministro della Cultura annuncia di aver declinato l’invito a essere ospite sulla Croisette. Motivo del forrfait: il "rincrescimento" e lo "sconcerto" per "la partecipazione di un’opera di propaganda, Draquila, che offende la verità e l’intero popolo italiano".
E Bondi non è il primo esponente dell’esecutivo andato all’attacco della Guzzanti e del suo film. Ieri il ministro del Turismo Micaela Brambilla, in tv, ha usato toni ancora più accesi: "Mi riservo di dare mandato all’avvocatura dello Stato per i danni che queste immagini (quelle anticipate la sera prima ad Annozero, ndr) potrebbero arrecare al nostro Paese. Queste immagini mi indignano e mi offendono ancor prima come cittadino che come ministro. E’ ora di finirla di gettare discredito sul nostro Paese. La sinistra da mesi critica e cerca di buttare fango sulla nostra Italia".
Ma c’è anche chi, nella maggioranza, si dissocia. E’ il caso, neanche a dirlo, dei finiani del Pdl: la decisione di Bondi, afferma il deputato Fabio Granata, "lascia molto perplessi sia per le motivazioni addotte sia per la rilevanza dell’evento culturale dove una grande nazione come l’Italia non può non essere rappresentata ai massimi livelli". Secondo Granata, "rappresentare l’Italia è un dovere del ministro al di là di polemiche su questa o quella opera. L’Italia non può", conclude l’onorevole, "rischiare di perdere autorevolezza e credibilità per motivi vaghi e discutibili"
Ad aprire il fuoco di fila contro Draquila, era stato, qualche giorno fa, uno dei grandi protagonisti della pellicola: Guido Bertolaso. Il 4 maggio, 24 ore dopo l’anteprima in cui i cronisti avevano visto il film, il capo della Protezione civile si era espresso così: "Portandolo a Cannes credo che l’Italia non farà una bella figura. Presto, prestissimo, si parlerà di noi e dell’Aquila, a un festival del cinema si presenterà una verità che non è ’la’ verità ma, appunto ’una parte’ di verità".
Sono però le parole di Bondi di oggi a suscitare le reazioni più forti. "Mi sembra una decisione assurda, figlia di una cultura di altri tempi, ideologica e che tradisce un riflesso autoritario", commenta Walter Veltroni. "Il festival e Sabina Guzzanti se ne faranno una ragione - dichiara il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti - ci dispiace tuttavia per l’Italia perché questo contribuisce a far scendere ulteriormente il nostro Paese nelle classifiche della libertà di espressione. Ci auguriamo che Bondi voglia utilizzare il tempo che risparmierà per fare il ministro dei Beni Culturali, e non l’ennesimo portavoce del premier".
Per Luigi De Magistris dell’Italia dei valori, "a offendere la verità e il popolo italiano non sono né l’arte né l’informazione, ma un ministro che invece di comportarsi come tale, onorando gli impegni istituzionali a cui è chiamato per via del ruolo che riveste, preferisce recitare la parte del fedele servitore del premier disertando il Festival di Cannes". Diversi i toni del parlamentare del Pdl (nonché uomo di spettacolo) Luca Barbareschi, vicono a Fini: quella di Bondi "è una sua scelta, e avrà avuto i suoi motivi per farla".
E una prima reazione arriva anche dalla Francia. A commentare è l’ex ministro della Cultura Jack Lang: la decisione del ministro, a suo giudizio, mostra "una strana concezione della libertà. La Francia è molto triste che lo Stato italiano non sia rappresentato al Festival".
* la Repubblica, 08 maggio 2010
Sul tema, nel sito, si cfr.:
VERGOGNA E "LATINORUM": UNA GOGNA PER L’ITALIA INTERA.
L’OCCUPAZIONE DELLA LEGGE E DELLA LINGUA ITALIANA: L’ITALIA E LA VERGOGNA.
FLS
Sipario strappato per Silvio
«Draquila» trionfa a Cannes
Sala gremita, applausi, risate e commenti alla proiezione per la stampa estera del film di
Sabina Guzzanti sulla ricostruzione post-terremoto: «Berlusconi sembra Bush».
E ancora: «Non vorremmo vivere in Italia...»
Croisette Applausi e risate alla proiezione della stampa estera. «È un film rigoroso e scioccante»
All’attacco L’attrice e regista: «Quella di Berlusconi è eversione, un vero colpo di Stato»
di Gabriella Gallozzi (l’Unità, 14.05.2010)
Quando si dice un boomerang. Se il G8 dell’Aquila è stato per Berlusconi il suo «trionfo internazionale» è, ora, proprio la platea internazionale di Cannes a sdegnarsi per quel reality show, raccontato da Sabina Guzzanti nel suo film messo al bando dal governo. Ieri al Festival non si parlava d’altro. Alla proiezione di Draquila per la stampa straniera la sala era al completo, il pubblico ha partecipato ridacchiando nei momenti di satira più esplicita e, alla fine, sono partiti gli applausi. «Berlusconi sembra Bush», commenta un giornalista americano, «ed è molto interessante com’è raccontata l’intrusione della mafia. Lo stile è quello di Michael Moore, ma il risultato è ancora piu’ forte».
«In Francia c’era molta attesa per questo film - spiega una collega francese per via di tutto quello che abbiamo letto. E devo dirlo: Draquila è davvero rigoroso e scioccante». Anche perché, sottolinea un’altra «siamo paesi vicini, quello che accade oggi da voi può succedere anche da noi da un momento all’altro». Fuori dalla sala è tutto un groviglio di telecamere. Ed un incrocio di commenti: i francesi che cercano le dichiarazioni degli italiani e viceversa. «Sicuramente non passerà in tv - dice sarcastico l’inviato della radio tv del Lussemburgo, Jean-Pierre Thilges - lo sappiamo bene che anche la Rai è sotto il controllo di Berlusconi. Coraggiosa la regista ad aver raccontato in modo comprensibile per chi non lo sa tutto quello che sta accadendo da voi. Quello che non capisco è perché gli italiani continuino a votarlo. Evidentemente perché non sanno queste cose per via del potente controllo sui media. Certo è che non vorrei proprio vivere in Italia».
Un vero terremoto, insomma, quello che si è abbattuto ieri a Cannes sull’ immagine del divo di Arcore. Le recensioni del film si leggeranno soltanto oggi, ma intanto gli addetti stampa francesi già parlano di unanime consenso, a parte Le Figaro, ovviamente, noto per le sue posizioni di destra.
Radiosa, in abito rosa da gran diva, è poi Sabina Guzzanti che, in mattinata, si è concessa finalmente alla stampa di settore italiana, alla quale si era sottratta per il lancio in sala del film. Che, intanto, sta andando alla grande: 413mila euro di incassi. Qui da Cannes Sabina non lesina i commenti. Parla di «deriva autoritaria», di «profonda crisi culturale» di «eversione e colpo di stato» da parte di Berlusconi. «Lo sanno tutti - dice come funzionano le cose in Italia. Se lui vuole la Repubblica presidenziale è senz’ altro un suo diritto, ma per averla non continui a inquinare il Parlamento con i suoi fisioterapisti e sovvertendo i principi costituzionali. Questa si chiama eversione e colpo di Stato».
E CHI L’HA INVITATO?
Quanto a Bondi, che ieri ha reso noto di aver visto il film della discordia, Sabina rivela, «nessuno l’aveva invitato». Ma certo che il suo forfait è stato un bel colpo per Draquila. «Quando ha detto no a Cannes abbiamo pensato: evviva, è tutta pubblicità gratuita. Gli mandiamo una cassa di champagne. Ma poi abbiamo capito: le sue sparate sono rivolte a non far vedere il film alla grande massa dei suoi elettori. La loro politica è quella di far passare gli oppositori al governo come degli estremisti. A me più volte hanno dato della posseduta dal demonio». Il risultato, dunque, prosegue Sabina, «non è censurare il film, ma riuscire a censurare quelli che la pensano come loro. Chi legge Il Giornale e vede le reti Mediaset non ha contatti col mondo. E così devono rimanere». La colpa dell’opposizione, rappresentata malinconicamente nel film con la tenda vuota del Pd, è stata la sottovalutazione del pericolo. «Un un atto di superficialità e di arroganza da parte della sinistra», dice la Guzzanti. A cominciare dallo sposare la tesi di Montanelli buonanima: “lasciatelo governare”». Sui motivi dell’assenza dell’opposizione Sabina preferisce non soffermarsi, «perché sono profondi. Ma del resto basta guardare all’Europa per capire che non riguardano solo noi. In Francia, ed ora pure in Inghilterra, si dibatte soLo su chi deve essere il leader, il nuovo Obama».
Dall’altra parte Berlusconi per la prima volta risponde a Sabina: «Io un dittatore? Assurdo, basta che accendiate la tv e vedrete che in tutte le trasmissioni ci sono solo attacchi contro di me e il Governo». Lo avrebbe detto ad una cena a Palazzo Grazioli. ❖
"Draquila, la Guzzanti denuncia la deriva autoritaria d’Italia"
Le frasi-choc del catalogo ufficiale sul film
di Maria Pia Fusco (la Repubblica, 12.05.10)
CANNES. Se l’ignaro spettatore, senza nessuna conoscenza del nostro paese, leggesse la presentazione di Draquila-L’Italia che trema al festival di Cannes contenuta nel catalogo ufficiale che accompagna le proiezioni, avrebbe l’impressione di un’Italia sull’orlo della dittatura. «Perché gli italiani votano Berlusconi? La virulenza della propaganda, l’impotenza dei cittadini, un sistema economico precario, giochi di potere illegali, una città devastata dal terremoto: sono questi - si legge nel catalogo nella presentazione del film in programma domani - i fattori che, combinati insieme, possono spiegare come la giovane democrazia italiana sia stata assoggettata».
E ancora «la caricatura di Berlusconi - una delle imitazioni più celebri dell’attrice - passeggia nella tendopoli dell’Aquila e vaga nella città deserta, come un imperatore alla fine di un regno... «. Perfino più pesanti le considerazioni della rivista Le film français: l’Aquila, devastata dal terremoto - si legge - «diventa lo spazio ideale per raccontare la deriva autoritaria dell’Italia, l’imbroglio dei ricatti, gli scandali, la corruzione e l’inerzia di una classe politica, dei media, degli abitanti e di tutto ciò che paralizza il paese».
Parole forti, che gettano benzina sul fuoco delle polemiche che in Italia hanno già reso il film un "caso", già infuocate dopo la decisione del ministro Bondi di prendere le distanze dal film rinunciando a una visita al festival. Secondo la rivista Le film français, Draquila risponde non solo alla domanda sulle ragioni del voto a Berlusconi, ma anche al «perché gli italiani non considerano la democrazia un sistema adatto al governo della nazione» o «perché credono di più a quello che dice la televisione piuttosto che alla realtà di quello che vedono». E ancora: «Perché gli abitanti dell’Aquila hanno scambiato ciò che avevano di più prezioso, la loro comunità, una città dinamica piena di studenti e di opere d’arte, con un piccolo appartamento fornito da Berlusconi nelle periferie?».
Anche le recensioni del film non vanno per il sottile: Screen International, analizzando le tesi della Guzzanti, sottolinea che «in nome dell’emergenza, si è permesso alla Protezione civile di agire senza controllo e al di fuori della legge». E secondo Screen questo fatto «dovrebbe avere come conseguenza processi ed arresti».
Altrettanto partecipe la critica di Variety: «Un tragico terremoto, scioccante corruzione e gigantesco abuso di potere. Anche per gli italiani abituati agli scandali del loro paese Draquila è un pugno nello stomaco». La rivista riconosce alla Guzzanti il merito di essere «scrupolosamente corretta. Non ignora i fan di Berlusconi ed è pronta a denunciare l’inefficienza dell’opposizione. Tuttavia il ritratto di questo disastro e il modo in cui Berlusconi ha convinto la maggioranza degli italiani del suo benevolo paternalismo, suscita un profondo disturbo. E soprattutto, dando voce all’Aquila, suggerisce che le sofferenze della città dopo il terremoto siano il risultato di una deliberata politica di disinformazione».
IL CASO. Si chiama "Anno Zero" e si basa su un famoso testo teatrale dell’autore francese scritto nel lager: la vita rinasce dalle macerie
Sartre e il Messia: l’altro film sull’Aquila
Alcune scene sono state girate nella Basilica di Collemaggio.
Regista e protagonista è Nilo Vallone: la tragedia del terremoto è rivissuta ridando spazio alla speranza
DALL’AQUILA ANDREINA SIRENA (Avvenire, 11.05.2010)
Il terremoto aquilano sembra ispirare recentemente più di una cinepresa. Mentre sta per affollare le sale Draquila con l’obiettivo puntato sulla classe politica e sul suo presunto ’vampiraggio’ verso i terremotati,
Anno Zero di Milo Vallone affronta la tragedia dell’Aquila da un punto di vista originale e spiritualmente intenso. Il film prende le mosse dal testo teatrale di Sartre, Bariona o figlio del tuono, elaborato durante il periodo di detenzione del filosofo nel campo di concentramento di Treviri nel ’40, durante l’occupazione tedesca della Francia. Scritto sulla spinta di alcuni cattolici prigionieri con lui nel campo, è ritenuto uno dei testi letterari più alti sulla Natività. Attraverso la storia di Bariona, il regista abruzzese ha voluto analizzare la fenomenologia della catastrofe nell’animo umano.
Bethaur è un misero villaggio della Giudea, vicino Betlemme. Il governo romano ha appena deciso di aumentare le imposte a sedici dracme segnandone la definitiva rovina. Bariona, capo di questa esigua comunità, esasperato dalle richieste del governo oppressore, invita il popolo all’autoestinzione attraverso la sterilità, imponendo l’aborto persino a sua moglie. Mettere al mondo bambini vorrebbe dire infatti perpetuare schiavitù per il nemico politico.
Nella pellicola Bariona (interpretato magistralmente dallo stesso Milo Vallone) inasprisce il proprio dolore tramutandolo in odio e rimorso. Ieratico e inflessibile nel suo scetticismo, tradisce uno sguardo pieno di un mistero che non vede risposta, come chi custodisce una verità che fatica a tornare a galla.
Siamo nell’anno zero, il giorno prima della nascita di Cristo. Accanto al villaggio sta per accadere qualcosa che cambierà il corso della storia. Una scena raccoglie alcuni pastori attorno al fuoco che raccontano di strani odori nell’aria. Odori di germogli come un’imminente celebrazione di primavera. E’ il sentore di una rinascita in pieno inverno. Mentre si attende la fine giurando di non procreare, un avvenimento è nell’aria ma, ostinatamente, Bariona sceglie di non riconoscerne i segni. Non chiederà grazia, non si piegherà, la sua dignità andrà a convergere nell’odio perché «contro un uomo libero Dio non può nulla» e «il Messia non verrà mai poichè la vita è una caduta interminabile dove precipitiamo in un’infame vecchiezza».
Ma il film, pertinente al testo, non suggella il trionfo di questo stato d’animo e dice a tutti che una rinascita è possibile. L’incontro col re magio Baldassarre e lo sguardo di Giuseppe verso suo figlio apriranno il cuore di Bariona ad un’insolita opzione fino a portarlo al sacrificio di se stesso in nome di una promessa più grande della rivolta. Un tortuoso cammino interiore conduce dunque il protagonista da un’ostinata negazione di un senso alla domanda sulla speranza, fino all’inaspettato miracolo della fede, lasciato coincidere col giorno della nascita di Cristo. La minaccia della distruzione fisica e morale non diventa vittimismo, non sfocia nella rivolta o nella rassegnazione.
Il prologo e l’epilogo della pellicola, affidati ad Edoardo Siravo, sono stati girati nella Basilica di Collemaggio, nel capoluogo abruzzese. La fede non a caso risorge tra le rovine e le macerie di un popolo, a ricordare che l’uomo non è la sua sofferenza e la sua dignità non consiste nella disperazione. Milo Vallone, ispirato dal testo di Sartre, decide di non attardarsi sul terrore e sull’odio che una catastrofe porta con sé. Lascia alle spalle le rivendicazioni politiche per assegnare un senso più alto alle vicende umane. La vicinanza ossessiva della macchina da presa sui piedi scalzi e sugli sguardi rivela la volontà di un procedere nel cammino, di un monito a non fermarsi. Il gran teatro del mondo ferito da una catastrofe così immane diviene così luogo in cui riflettere sull’uomo e concedere l’infrazione alla speranza.
Il film del regista abruzzese, in bianco e nero, ricorda il cinema nordico di Dreyer (la disperazione della morte e l’inaspettato miracolo di Ordet ). C’è dentro l’angoscia kafkiana e l’alienazione dell’individuo tanto cara a Bergman, con una certa fissità ed espressività di sguardo che evocano invece il Vangelo pasoliniano. I volti (sia quelli delle comparse popolari che degli attori professionisti abruzzesi) sono convincenti. La bellezza è quella degli occhi e dei segni e non delle chirurgie estetiche. Il budget scarno e l’apparente semplicità di ripresa vanno a favore della forza evocativa del testo e della grandezza del contenuto. Il film, che uscirà a breve in dvd, sta girando in Italia con una distribuzione non convenzionale, in una sorta di tournée presentata del regista stesso.
LA COMMEMORAZIONE
Napolitano: "Chi pensa a secessioni
coltiva un salto nel buio"
Il capo dello Stato a Marsala per la rievocazione della spedizione di Garibaldi "Penosi i commenti liquidatori contro l’unità di Italia" *
MARSALA - "Chi si trova a immaginare o prospettare una nuova frammentazione dello Stato nazionale, attraverso secessioni o separazioni comunque concepite, coltiva un autentico salto nel buio". Così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha parlato a Marsala nel suo intervento alla cerimonia organizzata nell’ambito del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Il Capo dello Stato è stato accolto da un bagno di folla, tra cori, applausi scroscianti e sventolio di bandierine tricolori.
"Non c’è nulla di retorico nel celebrare l’unità conseguita dall’Italia, è un modo di rinnovare il patto fondativo della nostra nazione", ha detto Napolitano sul molo del porto, salutando le due imbarcazioni salpate da Quarto che simboleggiano lo sbarco della spedizione garibaldina del 5 maggio di 149 anni fa, rievocazione ostacolata oggi dal forte vento. Vento su cui il presidente si è concesso una battuta: "E’ una giornata bellissima e ventosa. E siamo davanti a una meravigliosa manifestazione di popolo" ha detto rivolgendosi alla gente in piazza, scolaresche, cittadini, molti bambini con camicie e berretti rossi, in onore del colore delle divise garibaldine. Questo "fa capire che l’unità è uno straordinario e fondamentale patrimonio collettivo del popolo italiano. Celebrarla quindi non ha nulla di retorico ma è un modo di rinnovare il patto fondativo della nostra nazione".
Queste celebrazioni, ha sottolineato ancora il presidente della Repubblica, "sono l’occasione per determinare un clima nuovo nel rapporto tra le diverse realtà del Paese, nel modo in cui ciascuna guarda alle altre, con l’obiettivo supremo di una rinnovata e salda unità che è, siamone certi, la sola garanzia per il nostro comune futuro", ha detto. "Chiedo a tutte le forze responsabili che operano nel Nord e lo rappresentano, di riflettere fino in fondo su un dato cruciale: l’Italia deve nel medio e lungo periodo crescere di più e meglio, ma può riuscirvi solo se crescerà insieme, solo se si metteranno a frutto le risorse finora sottoimpiegate, le potenzialità, le energie delle regioni meridionali", ha aggiunto.
"Le critiche - ha detto ancora Napolitano - che è legittimo muovere in modo argomentato e costruttivo agli indirizzi della politica nazionale, per scarsa sensibilità e aderenza ai bisogni della Sicilia e del Mezzogiorno, non possono essere accompagnate da reticenze e silenzi su quel che va corretto, anche profondamente, qui nel Sud". Il capo dello Stato, parlando dei punti da correggere, ha specificato che il suo riferimento è "alla gestione dei poteri regionali e locali, al funzionamento delle amministrazioni pubbliche, agli atteggiamenti del settore privato e ai comportamenti collettivi". "Parlo di correzioni essenziali - ha sottolineato Napolitano -, anche al fine di debellare la piaga mortale della criminalità organizzata".
Dal porto, Napolitano ha raggiunto il municipio dove ha salutato il consiglio comunale e poi, a piedi, insieme al sindaco e al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha raggiunto la piazza della Repubblica che ospita la celebrazione storica.
* la Repubblica, 11 maggio 2010