Verità su Borsellino: in piazza il popolo dell’agenda rossa
di Luigi De Magistris *
Nella vita si incontrano - in momenti spesso duri e difficili - persone straordinarie. Una di queste è Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo che ha pagato con la vita la difesa della toga e la ricerca della verità anche sui contesti che condussero alla morte di Giovanni Falcone. Salvatore è stata una delle persone che mi ha dato la maggiore carica in questi anni terribili. Lui non può immaginare quanto mi sono commosso quando lessi la sua lettera immensa il giorno in cui mistrapparono le indagini. Essere amico di Salvatore - il fratello di un magistrato che per me è stato un mito negli anni in cui preparavo il concorso in magistratura - vale anche una toga strappata. Dissi un giorno ad un dibattito che non c’è sanzione disciplinare che tenga di fronte alla solidarietà che ho ricevuto da lui.
L’incontro con Salvatore non credo sia casuale, sono quegli episodi della vita carichi di un significato profondo. Non so quanti italiani hanno ascoltato Salvatore in un dibattito, in un convegno, in una piazza: la sua semplicità, la carica umana, la sua passione, la capacità di trasmettere emozioni che gonfiano il cuore sino a farti quasi esplodere la pelle, la sua rabbia nell’infiammare i cuori, la sua forza nello scuotere le coscienze. È un privilegio stargli accanto.
Salvatore sta conducendo insieme a tanti ragazzi - a quelli che non vogliono apparire ma solo essere protagonisti di un cambiamento epocale - a tante donne e tanti uomini, una battaglia di verità. Certo per ottenere la verità devi lottare. Siamo oscurati dalla propaganda di regime che non racconta queste storie, non fa sapere del movimento di resistenza costituzionale all’interno del quale Salvatore è il principale protagonista. Mandare le immagini di Salvatore che parla in una piazza è troppo pericoloso, smuoverebbe le coscienze addormentate dal regime, farebbe riflettere e reagire, non potrebbe che smuovere gli animi ed accendere i cuori degli italiani buoni. Al regime le persone pulite, trasparenti e coraggiose fanno paura, perché posseggono una carica rivoluzionaria.
Salvatore quando lo vedi ti sembra gracile,non è più giovane nell’età, ma ha una forza enorme, perché vuole giustizia e verità ed in questa lotta è un trascinatore, un simbolo. Le persone vere sono quelle che hanno l’amore nel cuore e sete di giustizia. Salvatore vuole una cosa semplice: la verità sulle stragi e sapere perché hanno trucidato suo fratello. Insieme a lui lo vuole la parte sana dell’Italia, senza colori e bandiere politiche. Salvatore vuole sapere perché gli hanno ridotto il fratello a brandelli insieme ai poliziotti che lo difendevano sapendo che l’ora del tritolo era giunta. Salvatore va in direzione ostinata e contraria alla verità precostituita del regime. Mi auguro che la magistratura riesca a raggiungere tutta la verità, non solo spezzoni.
Sabato prossimo Salvatore ha organizzato una manifestazione a Roma dove il suo popolo sarà protagonista, ove ogni persona dovrà avere con sé un’agenda rossa da portare nella mano, rossa come quella che aveva il fratello Paolo e che istituzioni deviate gli hanno sottratto in via D’Amelio mentre il suo corpo andava in fumo. In quell’agenda insieme alla verità, c’è l’anima di ognuno di noi, del popolo di Salvatore, una massa che cresce sempre di più e che mai nessuno potrà fermare. Forse non lo sanno ancora i mafiosi di Stato, ma nessuno potrà interrompere questo cammino nella ricerca della verità, libereremo il Paese e Salvatore sarà per sempre il nostro simbolo, dell’Italia che ha reagito quando tutto sembrava perso e che ha lottato per un Paese migliore. Che bello sarebbe poter vedere sabato le vie di Roma piene di agende rosse. Lo dobbiamo a tutte le vittime delle mafie!
* l’Unità, 23.09.2009
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Borsellino, corte: tra più gravi depistaggi storia Italia
Depositate motivazioni sentenza, "disegno criminoso investigatori"
di Lara Sirignano (ANSA, 01 luglio 2018)
PALERMO. "Uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana" con protagonisti uomini dello istituzioni. La corte d’assise di Caltanissetta che 14 mesi fa concluse l’ultimo processo sulla strage di via d’Amelio non fa sconti. E in una motivazione lunga 1865 pagine, depositata nel tardo pomeriggio di sabato, punta il dito contro i servitori infedeli dello Stato che imbeccarono piccoli criminali, assurti a gole profonde di Cosa nostra, costruendo una falsa verità sugli autori dell’attentato al giudice Borsellino.
Che sarebbe stata una sentenza importante lo si era compreso dalla complessità del dispositivo che, il 20 aprile del 2017, condannò all’ergastolo per strage Salvino Madonia e Vittorio Tutino e a 10 anni per calunnia Francesco Andriotta e Calogero Pulci, finti collaboratori di giustizia usati per mettere su una ricostruzione a tavolino delle fasi esecutive della strage costata l’ergastolo a sette innocenti. Per Vincenzo Scarantino, il più discusso dei falsi pentiti, protagonista di rocambolesche ritrattazioni nel corso di vent’anni di processi, i giudici dichiararono la prescrizione concedendogli l’attenuante prevista per chi viene indotto a commettere il reato da altri.
Ed è a questi "altri" che la Corte si riferisce nelle motivazioni della sentenza. A quegli investigatori mossi da "un proposito criminoso", a chi "esercitò in modo distorto i poteri". La corte d’assise di Caltanissetta, dunque, usa parole durissime verso chi condusse le indagini: il riferimento è al gruppo che indagava sulle stragi del ’92 guidato da Arnaldo la Barbera, funzionario di polizia poi morto. Sarebbero stati loro a indirizzare l’inchiesta e a costringere Scarantino a raccontare una falsa versione della fase esecutiva dell’attentato. Sarebbero stati loro a compiere "una serie di forzature, tradottesi anche in indebite suggestioni e nell’agevolazione di una impropria circolarità tra i diversi contributi dichiarativi, tutti radicalmente difformi dalla realtà se non per la esposizione di un nucleo comune di informazioni del quale è rimasta occulta la vera fonte".
Ma quali erano le finalità di uno dei più clamoroso depistaggi della storia giudiziaria del Paese? si chiedono i giudici. La corte tenta di avanzare delle ipotesi: come la copertura della presenza di fonti rimaste occulte, "che viene evidenziata - scrivono i magistrati - dalla trasmissione ai finti collaboratori di giustizia di informazioni estranee al loro patrimonio conoscitivo ed in seguito rivelatesi oggettivamente rispondenti alla realtà", e, sospetto ancor più inquietante, "l’occultamento della responsabilità di altri soggetti per la strage, nel quadro di una convergenza di interessi tra Cosa Nostra e altri centri di potere che percepivano come un pericolo l’opera del magistrato".
I magistrati dedicano, poi, parte della motivazione all’agenda rossa del giudice Paolo Borsellino, il diario che il il magistrato custodiva nella borsa, sparito dal luogo dell’attentato. La Barbera, secondo la corte, ebbe un "ruolo fondamentale nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia ed è stato altresì intensamente coinvolto nella sparizione dell’agenda rossa, come è evidenziato dalla sua reazione, connotata da una inaudita aggressività, nei confronti di Lucia Borsellino, impegnata in una coraggiosa opera di ricerca della verità sulla morte del padre". La Barbera è morto, l’inchiesta sulla scomparsa dell’agenda rossa è stata archiviata, ma a Caltanissetta, forze a maggior ragione dopo questa sentenza, si continuerà a indagare. Non si sono accontentati delle verità ormai passate in giudicato i pm della Procura Stefano Luciani e Gabriele Paci che, anche grazie alle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, hanno riaperto le indagini sulla strage scoprendo il depistaggio. E una nuova inchiesta è già in fase avanzata e riguarda i poliziotti che facevano parte del pool di La Barbera.
L’ANNIVERSARIO
Tutti in piedi con l’agenda rossa
Palermo ricorda Borsellino
Al via le commemorazioni per il 18esimo anniversario della strage di via D’Amelio in cui persero la vita il magistrato e i cinque uomini della scorta. Il procuratore capo di Palermo, Messineo: "Aperti squarci importanti, ma non so se sarà possibile raggiungere la verità"
PALERMO - Tutti in piedi, con l’"agenda rossa" in mano, nell’Aula Magna del palazzo di giustizia di Palermo. Così si è aperta l’iniziativa con cui la sezione distrettuale dell’Associazione nazionale magistrati commemora Paolo Borsellino, ucciso 18 anni fa in via D’Amelio. L’anniversario cade in realtà il 19 luglio, ma fin da oggi nel capoluogo siciliano sono previste alcune iniziative per ricordarne la figura. Un’aula gremita, in gran parte da esponenti e simpatizzanti del comitato "Scorta civica" che questa mattina ha organizzato anche un presidio davanti al palazzo di giustizia, esponendo come simbolo proprio l’agenda rossa del magistrato, fatta sparire subito dopo la strage in cui persero la vita anche cinque uomini della scorta.
E della strage ha parlato il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, dicendo che "sono stati aperti squarci importanti, ma non so se sarà possibile raggiungere la verità, si è parlato di una verità impervia e io sono d’accordo". Messineo ha ricordato che "c’è un’indagine condotta dalla Procura di Caltanissetta che si sta muovendo con grandissimo impegno e notevole efficacia, la cosa migliore è stare vicino alla Procura, supportarla e aiutarla nelle sue attività". Molti gli applausi con cui l’ingresso dei giudici è stato accolto in aula, "sono cose che ci fanno piacere e tra le poche gratificazioni che riceviamo - ha detto Messineo - è la conferma che nell’opinione pubblica c’e’ fiducia nella magistratura, per noi è un’esortazione ad andare avanti. Noi siamo convinti della necessità di fare il nostro dovere e lo faremo in qualunque condizione".
Sostegno ai magistrati è stato espresso anche dal fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, il quale ha detto che "un pezzo dello Stato insieme alla mafia ha impedito che Paolo potesse continuare il suo lavoro" e che "oggi siamo qui per far sentire il nostro sostegno ai magistrati che questa verità continuano a cercarla giorno dopo giorno". "Lunedì prossimo, 19 luglio - ha aggiunto- saremo di nuovo in via D’Amelio per celebrare i nostri funerali di Stato di Paolo e non vogliamo rappresentanti istituzionali e politici che indegnamente occupano il loro posto".
Mentre la sorella di Borsellino, Rita, ha osservato che "il momento attuale è peggiore del ’92. Allora sapevano chi erano gli amici e chi i nemici, con tutti i limiti del caso si sapeva a chi affidare la propria fiducia. Oggi non è così. Sappiamo che non possiamo fidarci praticamente di nessuno. Per anni ci sono state dette bugie proposte come verità. Oggi sappiamo che non c’è verità. La caparbietà dei magistrati che continuano a cercarla è il modo più bello per raccogliere l’eredità di Paolo".
Palermo, si diceva, si prepara a celebrare con una serie d’eventi la giornata del ricordo. Oltre al presidio della "Scorta civica" allestito al mattino in piazza Vittorio Emanuele Orlando, davanti al palazzo di giustizia, e la commemorazione da parte dell’Anm nell’aula del tribunale, alle 20.30 Presso la facoltà di Giurisprudenza dell’università si aprirà il convegno promosso dall’associazione "Antimafiaduemila" dal titolo "Sistemi criminali. Quanto sono deviati gli apparati dello Stato?". Al dibattito partecipiano - fra gli altri - Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinatoil procuratore aggiunto Antonio Ingroia, il procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato e il pm Antonino Di Matteo.
Domenica mattina invece partirà da via D’Amelio la marcia delle "agende rosse" mentre alle 20 è previsto un incontro presso l’ex cinema Edison. La commemorazione prosegue lunedì, con due cortei che attraverseranno le vie di Palermo: il primo partirà alle 18 e unirà via D’Amelio e l’albero Falcone, il secondo - la fiaccolata silenziosa - muoverà alle 20 da piazza Vittorio Veneto per arrivare in via D’Amelio intorno alle 23.
Intanto questa mattina verso le ore 9.30 una pattuglia dei Carabinieri in transito in via Libertà si è accorta che le due statue in gesso, raffiguranti i giudici Falcone e Borsellino, posizionate nel pomeriggio di ieri tra piazza Castelnuovo e Via Quintino Sella, erano state danneggiate da ignoti. Le statue, realizzate dallo scultore palermitano Tommaso Domina, erano state depositate da rappresentanti dell’Associazione Falcone-Borsellino di Palermo.
* la Repubblica, 17 luglio 2010
Migliaia in piazza con le agende rosse *
Sono già diverse centinaia le persone scese in piazza Bocca della Verità a Roma per partecipare al corteo ’Agenda Rossa’. Quasi tutti i manifestanti hanno in mano un libretto rosso che simboleggia l’agenda sottratta al magistrato Paolo Borsellino ucciso dalla mafia nel 1992.
«Vogliamo giustizia e verità sulle stragi di mafia», gridano in coro i manifestanti che espongono striscioni con su scritto: «Contro le stragi di stato», «Fuori le verità! Fuori l’agenda rossa»; «Io non mi arrendo, pretendo verità». Diversi cartelli riportano frasi dei giudici uccisi dalla mafia: «Gli uomini passano ma gli ideali restano e continueranno a camminare sulle gambe degli altri uomini», (Giovanni Falcone) e «Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri» (Paolo Borsellino).
Accenno polemico quello di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso dalla mafia nel 1992, che si dice «deluso dal presidente della Repubblica». Il capo dello Stato, secondo alcune ricostruzioni, avrebbe declinato l’invito rivoltogli dall’europarlamentare Sonia Alfano, dell’Italia dei Valori, a prendere parte alla manifestazione di oggi. «Sono deluso dal presidente
afferma Salvatore Borsellino- perché questa non è una manifestazione di partito ma il partito della gente onesta».
* l’Unità, 26 settembre 2009
Migliaia in piazza con le agende rosse
di Luciana Cimino *
C’e chi si è portato da casa un libro, chi un quaderno, una rivista, un blocchetto: tutti dalla copertina rigorosamente vermiglia e li sventolano in una piazza Navona particolarmente assolata come un simbolo, come un trofeo. E’ arrivata ieri pomeriggio a Roma la marcia delle “Agende rosse”, organizzata dall’Associazione Nazionale familiari vittime della mafia, in ricordo della vera agendina rossa di Paolo Borsellino, piena di appunti preziosi, scomparsa dalla borsa del magistrato e mai più ritrovata.
«Quando Paolo è stato ucciso - ha detto Salvatore Borsellino, fratello del magistrato scomparso - secondo me è stato anche per sottrargli quell’agenda rossa su cui aveva annotato tanti segreti sulle infiltrazioni della criminalità organizzata all’interno della magistratura, dei servizi segreti e dello Stato. Se venissero alla luce queste nefandezze probabilmente la storia dell’Italia cambierebbe di nuovo». Ma a far discutere sono le parole che il fratello del magistrato ucciso rivolge al capo dello stato. «Sono rimasto deluso dal presidente Napolitano che era stato invitato alla manifestazione e ha detto che non sarebbe venuto perché è una manifestazione di partito», dice Salvatore Borsellino, «ma non lo è, è partito della gente onesta. Chi sta da questo lato è gente onesta, chi sta dall’altra parte evidentemente non lo è».
Ma il corteo, nel quale non sono mancati gli slogan contro il presidente del consiglio («Berlusconi fatti processare», «Il lodo Alfano serve solo al nano», gridavano i circa 1500 partecipanti, nonché «Fuori Mancino dal Csm e fuori dell’Utri dallo Stato»), ha voluto essere soprattutto una testimonianza di incoraggiamento per il lavoro svolto da Antonio Ingroia e Sergio Lari. «Appoggio totale ai magistrati che hanno avuto il coraggio di riaprire i fascicoli sulle stragi - dice Gianluca Floridia, coordinatore di Libera Ragusa - la società civile deve finalmente sapere cosa è accaduto in quei momenti, a partire da Portella della Ginestra». Loris, studente ventenne di giurisprudenza, tiene in alto il suo cartello con su scritto «ma chi era Vittorio Mangano?». «In un paese normale - dice - la gente dovrebbe indignarsi nel sapere che lo stalliere del presidente del consiglio era in realtà un uomo di mafia, per questo vado in giro a domandarlo».
Luigi, Maria Grazia, Sergio, sono ricercatori e sono venuti apposta per la manifestazione rispettivamente da Parigi, Bruxelles, Londra. Rappresentano il classico esempio di fuga di cervelli. Si sono avvolti in una bandiera italiana: «ci dicono che siamo “anti italiani” ma noi ancora crediamo nella rinascita di questo paese, grazie a momenti come questi». «Il governo - nota Claudio, avvocato romano - dice di fare molto per la lotta alla mafia ma poi approva condoni per il riciclaggio, che sono una delle attività più proficue della criminalità, e riduce le risorse alle forze dell’ordine».
Per l’europarlamentare Luigi De Magistris, presente a piazza Navona con Antonio di Pietro, l’imprenditore calabrese Pino Masciari, Sonia Alfano e Gioacchino Genchi, «è straordinario come a 17 anni di distanza dalle stragi tanti giovani abbiano voglia di verità e giustizia, qua c’è quella parte di paese che vuole sapere quanta parte di politica e quanta di istituzioni ha contribuito a quel periodo buio e si è consolidata dopo le stragi. Non è la prima manifestazione e non sarà l’ultima, non ci faremo intimidire».
* l’Unità, 26 settembre 2009