[...] E poi Facebook, nella speranza di attirare i giovani: "Verranno realizzate - dice Bondi - delle pagine dei principali protagonisti come Garibaldi, Mazzini, Cavour, che dialogheranno direttamente, come se fossero vivi, con i loro "amici" sulla Rete". Infine l’Italia in Dvd: "Venti Dvd da allegare ad uno dei maggiori quotidiani italiani per raccontare i momenti più importanti e i personaggi che hanno caratterizzato i primi 150 anni della storia d’Italia". Un solo quotidiano, ma al momento non è specificato quale. [...]
Il programma per le celebrazioni del 150esimo anniversario per esaltare le "libertà locali"
Un "Tg del Risorgimento", l’orchesta di Arbore e su Facebook gli "amici" di Garibaldi e Mazzini
Dialetti e nuovo nome a piazza Venezia
Ecco il piano per l’Unità d’Italia
di FRANCESCO BEI *
ROMA - Una celebrazione "pop", poco istituzionale, che molto concede ai nuovi fenomeni di comunicazione tipo Facebook e alla televisione. Con una decisa coloritura leghista sull’insieme e diverse sorprese, come quella di cambiare nome a piazza Venezia a Roma per ribattezzarla "piazza dell’Unità d’Italia". È il programma per le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità che Silvio Berlusconi e Sandro Bondi hanno illustrato ieri al capo dello Stato. Repubblica è in grado di anticiparne i contenuti, in attesa che il comitato dei Garanti presieduto da Carlo Azeglio Ciampi si pronunci nel merito.
E proprio Napolitano, preso atto "con soddisfazione" che il governo ha recepito il suo impulso a definire "senza ulteriori ritardi" il programma delle celebrazioni, ieri ha chiesto a Berlusconi il "pieno coinvolgimento" del comitato Ciampi.
"Che cosa è l’Italia per noi?", si è chiesto Bondi in Consiglio dei ministri illustrando le proposte. La riposta, musica per le orecchie di Bossi, è stata questa: "Il nostro governo ha sempre pensato alle molte Italie, perché la caratteristiche principale del nostro paese è di avere storie diverse". L’obiettivo del governo è quindi quello di "dare valore alle differenze in chiave federale". E per far questo ci sono molte strade. Anzitutto la "valorizzazione delle molte anime del Risorgimento". Non più o non solo "quella monarchica e quella democratico-liberale, ma anche quella federalista" di Cattaneo, nume tutelare del Carroccio.
Nella bozza del ministro si prevede inoltre un’antologia degli statuti comunali per esaltare le "libertà locali" delle Repubbliche italiane precedenti al Regno d’Italia. In quest’operazione rientra anche la riscoperta dei dialetti locali, che Bossi vorrebbe introdurre nelle scuole. "Un censimento dei dizionari dai vari dialetti all’italiano - sostiene Bondi - fotograferebbe la variegata realtà linguistica del dopo Unità e risponderebbe anche ad un’esigenza avvertita". E certamente sentita dalla Lega.
Ma visto che si parla di partito del Sud, anche i nostalgici dei Borbone saranno accontentati. Il piano del governo ipotizza infatti una manifestazione a Gaeta, la rocca dove venne schiacciata l’ultima resistenza di Francesco II, come "riconciliazione fra piemontesi e borbonici". Altre "chicche" del piano sono il cambio di nome di piazza Venezia a Roma e una grande manifestazione di avvio delle celebrazioni nel marzo 2011 all’Altare della Patria, a cui dovranno partecipare "tutti i sindaci d’Italia". Un’adunanza di più di 8000 primi cittadini.
Nel regno del magnate della tv, importanza primaria viene ovviamente data al piccolo schermo con un massiccio coinvolgimento della Rai. L’idea più originale è quella di dar vita a un "Tg del Risorgimento", un racconto della Storia "come fosse il Tg delle venti", per descrivere le giornate più memorabili dell’unificazione: "Titoli di apertura, corrispondenze dai campi di guerra, i retroscena della politica, le interviste ai protagonisti, gli editoriali". Spazio anche ai concerti. Quelli di musica classica, ma anche quelli dell’orchestra di Renzo Arbore.
E poi Facebook, nella speranza di attirare i giovani: "Verranno realizzate - dice Bondi - delle pagine dei principali protagonisti come Garibaldi, Mazzini, Cavour, che dialogheranno direttamente, come se fossero vivi, con i loro "amici" sulla Rete". Infine l’Italia in Dvd: "Venti Dvd da allegare ad uno dei maggiori quotidiani italiani per raccontare i momenti più importanti e i personaggi che hanno caratterizzato i primi 150 anni della storia d’Italia". Un solo quotidiano, ma al momento non è specificato quale.
* la Repubblica, 5 settembre 2009.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
(per leggere gli articoli, cliccarvi su)
E BASTA CON QUESTA OPPOSIZIONE!!!
ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE? GIA’ FATTO!!!: IL SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE GENERA MOSTRI
Inno, è obbligatorio impararlo a scuola
Senato dà ok: 17 marzo giornata Unità d’Italia
ROMA - D’ora in poi sarà più difficile notare sportivi che rimangono in silenzio o persone che inseriscono parole a caso mentre suona l’inno di Mameli: impararlo a scuola è obbligatorio. Il Senato, infatti, tra le accese proteste della Lega, ha dato il via libera definitivo al ddl che prevede l’insegnamento dell’inno tra i banchi. La norma, che è passata con 208 voti a favore, 14 contrari e 2 astenuti, istituisce inoltre il 17 marzo giornata nazionale dell’Unità d’Italia, della Costituzione, dell’inno nazionale e della bandiera.
In base al testo approvato oggi, a partire dal prossimo anno scolastico, nelle scuole di ogni ordine e grado saranno organizzati "percorsi didattici, iniziative e incontri celebrativi finalizzati ad informare e a suscitare riflessione sugli eventi e sul significato del risorgimento nonché sulle vicende che hanno condotto all’unità nazionale, alla scelta dell’inno di Mameli, alla bandiera nazionale e all’approvazione della Costituzione, anche alla luce dell’evoluzione della storia europea".
Lo scopo che si prefigge la legge con l’istituzione di questa nuova festività (che non avrà comunque effetti civili, non sarà insomma un giorno di vacanza o di ferie) è quello di "ricordare e promuovere" nella giornata del 17 marzo, data della proclamazione nel 1861 a Torino dell’unità d’Italia, "i valori di cittadinanza, fondamento di una positiva convivenza civile, nonché di riaffermare e consolidare l’identità nazionale attraverso il ricordo e la memoria civica".
Le reazioni. Accese le proteste della Lega prima dell’approvazione del testo. Alcuni senatori hanno lasciato l’Aula prima del voto. "Senatori del Parlamento italiano, magari ex ministri, non possono affermare di non sentirsi italiani. È vergognoso", ha detto il senatore Udc Achille Serra intervenendo in Aula. Attribuisce ’grande valore storico’ alla decisione presa dal Senato il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: "Da oggi - ha detto - il 17 marzo diventa il giorno di tutti gli italiani che, attraverso una memoria finalmente condivisa, avranno la possibilità di riaffermare i valori dell’identità nazionale". Per il coordinatore nazionale del Pdl, Ignazio La Russa, l’inno è parte integrante della nostra storia: "È importante che proprio a scuola, culla dell’insegnamento e della cultura, i giovani possano imparare non solo il testo, ma ciò che esso rappresenta per tutti gli italiani". "Con questo ddl - ha detto il senatore del Pd Antonio Rusconi - alle scuole è affidato un compito importante: recuperare e rinnovare le radici di una Nazione, dei sacrifici compiuti e di quelli che si è ancora disposti a compiere insieme’’.
150° UNITA’: GELMINI, IL 17 MARZO SCUOLE RESTINO APERTE
I presidi replicano: ’’Valore ricorrenza non va sottaciuto’’ *
La posizione ufficiale del governo sui festeggiamenti dei 150 anni dell’Unita’ d’Italia non e’ ancora nota nel frattempo pero’ di registrano i vari punti di visti dei ministri.
Ultima in ordine tempo ad intervenire, il ministro Maria Stella Gelmini che al Consiglio dei ministri di ieri, si sarebbe schierata per una festa passata al lavoro.
’’La ricorrenza - avrebbe detto la Gelmini - potra’ essere celebrata in classe durante l’orario normale dedicando una particolare attenzione a quel momento storico cosi’ importante. Un modo per dare piu’ valore a questo appuntamento, altrimenti si correrebbe il rischio di considerarlo solo un giorno di vacanza in piu’’’. Per questo il ministero dell’Istruzione starebbe preparando una circolare che spieghera’ alle scuole come comportarsi.
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PRESIDI, IMPORTANTE CHE SCUOLE RESTINO CHIUSE.
Di diverso avviso i presidi. Il 17 marzo le scuole devono restare chiuse e poi magari recuperare il giorno perso in un’altra occasione. Ha sottolineato Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp).
’’A me pare sia invece importante - ha detto ancora Rembado - sottolineare la ricorrenza con una vacanza scolastica che, se si pone attenzione o preoccupazione alla necessita’ di non perdere un giorno di scuola, si puo’ recuperare nell’ambito del calendario scolastico. Non voglio dire io quando, la decisione potrebbe essere demandata alle scuole stesse’’.
Il presidente dell’Anp ha pero’ voluto sottolineare che ’’non vogliamo assolutamente recuperare un giorno di vacanza ma festeggiare la ricorrenza. Il valore simbolico della data e’ tale che non deve essere sottaciuto’’.
* www.asca.it
150 anni dell’Unità d’Italia: il 17 marzo festa nazionale, ma solo per quest’anno *
ROMA - Il 17 marzo, festa del tricolore per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, sarà festa nazionale. Lo ha annunciato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta: «Penso che non si andrà a scuola né al lavoro. Ma sarà festa nazionale solo per il 2011, l’anno della ricorrenza», ha precisato.
Letta ha poi spiegato alcuni dettagli: «Il 2 giugno prossimo saranno invitati 26 capi stato europei, più quelli degli Stati Uniti e Russia, a cui si aggiungeranno quelli dei paesi in cui ci sono le comunità italiane più numerose, più radicate e più legate all’Italia. I capi di stato parteciperanno alla parata del 2 giugno caratterizzata sui 150 anni, poi, dopo la colazione al Quirinale, in Campidoglio daranno un saluto all’Italia».
Ancora il 17 marzo il presidente Napolitano si recherà non solo all’Altare della patria, ma anche al Pantheon, dove è sepolto re Vittorio Emanuele II che fu il primo Capo di Stato italiano. Ma, prevenendo ogni ulteriore quesito o polemica, Giuliano Amato, presidente del comitato per le celebrazioni, ha precisato: «Questo non significa che altri successori potranno essere più o meno traslati nella stessa sede. L’Italia - ha sottolineato - fu fatta da Mazzini, Cavour, Garibaldi e da Vittorio Emanuele».
* Il Messaggero, Giovedì 20 Gennaio 2011 - 14:44 Ultimo aggiornamento: Venerdì 21 Gennaio - 14:54
Sull’Unità d’Italia dimissioni a catena
di Simonetta Fiori (la Repubblica, 23.04.2010)
E’ qualcosa di emblematico nella burrasca che scuote il comitato per le celebrazioni dell’Unità d’Italia. Dopo le dimissioni del presidente Carlo Azeglio Ciampi, dettate da ragioni d’anagrafe, s’annunciano altre defezioni illustri, firmate da Dacia Maraini, Ugo Gregoretti, Marta Boneschi e Ludina Barzini. Tra i nomi dei dimissionari è circolato ieri anche quello di Gustavo Zagrebelsky, il quale però precisa: «Non esiste alcun atto formale. Siamo ancora in alto mare, non so bene come andrà a finire. Quel che posso esprimere è solo un sentimento di disagio».
Se è vero che anche le precedenti celebrazioni - nel 1911 e nel 1961 - si svolsero nel segno della disunità, queste del prossimo anno rischiano di saltare del tutto: anche per scarsa convinzione - da parte dei seguaci di Bossi, ma non solo - che vi sia qualcosa da festeggiare. Ora il nuovo contrasto, di cui non erano mancate le avvisaglie. Ma conviene procedere per ordine. Ciampi scrive una lettera di dimissioni a Berlusconi e Bondi dai toni molto sereni («Negli ultimi tempi sto avvertendo una riduzione delle mie energie, che si traduce in un senso di affaticamento, fisico e psicologico. Nulla di grave. Tutto in linea con... i dati anagrafici»). Una missiva che in sostanza riconosce al governo il merito di avere avviato le celebrazioni, e che dunque sembra sgombrare il campo da ogni malizia (ora, per la sua successione alla presidenza, si fanno i nomi di Giovanni Conso, Lamberto Maffei e Giuliano Amato).
Però alcuni "saggi" del comitato colgono l’occasione per annunciare il proprio ritiro. Tra questi Dacia Maraini, che sul sito dell’Espresso dichiara: «Con il passare dei mesi il ruolo del comitato è stato svuotato. Non contavamo più niente, non potevamo decidere niente. Mi sembrava poco dignitoso restare lì a fare la foglia di fico e così ho mandato una mail a Zagrebelsky, anche lui preoccupato per la deriva del nostro lavoro, dicendogli: "Ma che ci stiamo a fare?". Zagrebelsky ha scritto una lettera di dimissioni piuttosto dura e motivata, che è stata firmata da me, da Gregoretti e da Boneschi». Zagrebelsky mostra cautela: «È solo una situazione in movimento, la lettera è un documento privato». Di più lo studioso non vuole dire, anche perché «tradirei la riservatezza di altri membri del comitato».
Quel che si percepisce è il sentimento di inutilità diffuso tra i "saggi", messi da parte dalle autorità che guidano le celebrazioni. La Maraini racconta di aver provato a impegnarsi in prima persona con due proposte, una rassegna di film sul Risorgimento e una serie di iniziative sulla lingua italiana. «Nessuno mi ha mai risposto. Poi improvvisamente ci è stato detto che non c’era più una lira, che non si poteva fare più niente. Abbiamo continuato a vederci lo stesso, sperando di sbloccare la situazione, ma è stato inutile. In tutte le nostre riunioni siamo riusciti ad approvare una sola cosa, un disegno con tre bandierine che sarà il logo delle celebrazioni».
Anche il programma finora definito - il restauro dei monumenti, un museo virtuale del Risorgimento, un paio di convegni e poche altre cose - era apparso a diversi membri del comitato molto debole, inadeguato a restituire il senso del processo unitario e di una storia lunga un secolo e mezzo. Un progetto che in sostanza restituiva la scarsa convinzione con cui l’attuale governo si predispone a omaggiare la data fondativa della nostra identità italiana.
Ma abbandonare oggi il comitato potrebbe avere conseguenze indesiderate. Il rischio è che saltino le celebrazioni o subiscano l’influenza di chi ancora crede che l’Italia sia "un’espressione geografica". È dai primi anni Novanta che alcune forze politiche oggi al governo mettono in discussione il processo storico unitario e l’assetto statuale dell’Italia. È anche per sottolineare il valore di un anniversario - contestato "con toni rozzi e inaccettabili", come dice la Maraini - che molti avevano accettato con entusiasmo di impegnarsi nelle celebrazioni. Ora però sembrano venute meno le condizioni per il proseguimento della collaborazione. Un bel pasticcio. Gli storici del futuro potranno usare anche questa vicenda come indicatore del debole stato di salute del nostro sentimento nazionale.
La fine di un ciclo
di Rossana Rossanda (il manifesto, 04.09.2009)
Lo scenario politico degli ultimi anni sta arrivando a consunzione. Non sarà facile metterne alla luce uno più decente tanta è la bassezza, istituzionale e culturale, in cui siamo per responsabilità di molti, forse di tutti, nell’inseguire una transizione verso una seconda repubblica che, in assenza di un progetto di qualche spessore, si è risolta soltanto nel tentativo di minare lettera e spirito della Costituzione del 1948 - largo a un mercato da Far West, concessioni illimitate a una proprietà senza coraggio, abbattimento, e possibilmente fine, di ogni diritto sociale. Risultato, un decisionismo cialtrone sommato alla tradizione nazionale di evadere il più possibile la legge e il fisco.
In questo quadro, l’ascesa folgorante di una figura come quella di Silvio Berlusconi ha la sua logica. Non è solo per le sue imprese sessuali - ciliegina sulla torta della legge sulla sicurezza più indecente d’Europa - che si ride di noi, perduto quel rispetto che nel dopoguerra eravamo con fatica riusciti a conquistarci. Tale è l’imbarazzo che circonda l’Italia che siamo usciti perfino dalle abituali statistiche, non siamo neanche un’anomalia, siamo da non prendere sul serio.
Gli scricchiolii si avvertono a destra e a sinistra. Sulla sinistra è perfino superfluo tornare, è detta estrema solo perché ha una certa attenzione alle sofferenze del lavoro e una certa sensibilità allo scombussolamento delle coscienze, ma non è in grado di uscire dalla ripetitività di formule da una parte, Ferrero e Diliberto, e dall’altra dal troppo silenzio di un Vendola diventato oggetto di tiro regionale al bersaglio.
Né è possibile attendersi dal Partito democratico almeno un aggiornamento del keynesismo a livello 2009 - la crisi è tornata tutta nelle mani di chi l’ha provocata e a pagarne le spese sono i ceti più deboli e i lavoratori di ogni tipo, per il calo continuo dell’occupazione. Questo non è solo un problema nostro, anche Obama è in pericolo, incastrato com’è fra il corporativismo della società americana e l’eredità sempre più avvelenata del Medio Oriente.
Insomma "sinistra", parola che credevamo impraticabile per mollezza, è diventata addirittura simbolo di estremismo, neanche il Pd la pronuncia senza scusarsi, cosa che non succede neppure alla Spd, per non dire della Linke. Di Bersani non ricorderemo certo i voli di pensiero, noioso com’è a forza di buon senso emiliano, e di Franceschini ci rimarrà in mente lo sforzo d’un democristiano perbene per tenere assieme ai ds un settore cattolico lusingato da sirene da tutte le parti.
Questa inaffondabilità dei cattolici è il solo processo che emerga con qualche chiarezza assieme alla crisi del ciclo berlusconiano. Come succede con i personaggi del suo tipo, sarà una fine agitata, a colpi di coda, ma il suo blocco si è rotto.
La scelta del cavaliere per la Lega - unica vera tendenza di fascismo localista e in abiti nuovi - ha posto Fini in posizione di challenger, in nome di una destra meno turpe che non gli sarà facilissimo rappresentare; certo ce la mette tutta. Se l’ex Forza Italia non sa bene dove guardare, An è divisa fra lui e un Gasparri che lo sfida. Lega e Pdl sono entrati in conflitto con la Chiesa (s’erano tanto amati!) per le intemperanze del cavaliere e di Feltri: così pieni di sé che la prudenza è andata a farsi benedire.
Così sotto traccia riappare la voglia di un partito cattolico, sia in chi sta scomodo nel Pd sia in chi sta scomodo nel Pdl, via Casini. L’Italia continua a replicare la partizione tricolore, con un rosso sempre più sbiadito, un bianco sempre più sporco e un verde da giocare non con la Lega, ma con il Vaticano.
Verrebbe da dire "tanto rumore per nulla", se il suicidio del Pci e del Psi non avesse spostato a destra l’asse del centro. È curioso che il paese dove più lunghe sono state le code del sessantotto sia destinato a diventare di nessuna, o scarsa, importanza per l’Europa.