Berlusconi: show in Campidoglio dopo quello a Porta a Porta
di Mariagrazia Gerina *
Nuova gaffe di Berlusconi. Proprio non ce la fa a tenersi. A non parlare di ragazze e belle donne. È in Campidoglio con Alemanno per celebrare i "fasti" della capitale sotto il suo governo e la riforma che ne riconosce lo status, approvata insieme al federalismo fiscale. «Oggi si realizza un sogno che io personalmente ho inseguito per quindici anni», ha appena finito di dire: «Prima di me il traguardo già se l’era posto un amico che si chiama Bettino Craxi», si loda il premier, che si lascia andare a qualche nostalgia politica. E perfino a un riferimento archeologico: «Il sindaco dal balcone sui Fori mi ha appena fatto vedere il punto esatto da cui partono tutte le misurazioni del mondo».
Poi, l’aneddoto del giorno: «Quando sono andato in visita in Finlandia», racconta, «mi hanno portato a vedere una chiesa di legno del ’700...», si interrompe per fare con la mano il gesto che a confronto delle bellezze di Roma in quel paese è tutto da cancellare. A parte le finlandesi: «Adesso parleranno di una nuova gaffe, ma io amo la Finlandia e le finlandesi», si schermisce il premier. Pausa: «Purché abbiano più di diciotto anni». Risata. È la sua idea di cultura, di «Roma caput mundi», la sua idea dell’Italia che «ha un’azienda su cui puntare, che è nostra e qui deve restare», spiega il premier: «La cultura, il turismo». Tutto sta a capire come il premier e il sindaco di Roma che parla di una rapida attuazione di Roma capitale «entro tre mesi» abbiano intenzione di sfruttarla. Si vedrà.
Per ora, Berlusconi, dopo l’«assolo» di Porta a Porta, approfitta della visita capitolina per concedersi un piccolo bagno di folla. Il cerimoniale ricalcherebbe quello della visita del Papa di due mesi fa o quanto meno dei capi di stato, ma il premier, appena sceso dall’auto presidenziale, si prende subito la prima licenza e si getta sorridente verso turisti e studenti in gita scolastica che si affollano oltre le transenne.
Qualcuno grida: «Viva Veronica». Lui non si scompone. Strette di mano, battute, complimenti. Ricambiati da qualche gridolino. «Mi ha detto che bel sorriso che hai», si volta subito a raccontare tutta emozionata alle amiche Daniela, 14 anni, scuola media San Giovanni Bosco di Napoli in gita nella capitale. «Anche a me ha stretto la mano», annuncia trionfante Rossella, che non vuole essere da meno.
Incontenibile Berlusconi si ferma a sistemare il foulard a una signora e per ultimo omaggia l’attrice Ramona Badescu, delegata del sindaco per i rapporti con la comunità romena. «Forza Romania», le grida il premier.
Mentre Alemanno lo insegue con la fascia tricolore sulla piazza michelangiolesca trasformata in palcoscenico del presidente del consiglio. C’è tempo per i saluti ufficiali, per i discorsi già scritti. Ma non per questo chiusi al «guizzo» imprevedibile del premier, che tra un lode e l’altra di Roma e delle sue meraviglie trova il modo di occuparsi delle «ragazze finlandesi». Da vero tombeur des femmes. Capace però con un oplà di ritornare "statista".
E allora via con la firma sul «libro d’oro» del Campidoglio. E con gli applausi al «clima bipartizan» che ha consentito l’approvazione della riforma per Roma capitale, all’unisono con il federalismo fiscale caro alla Lega. Berlusconi se ne compiace. Loda addirittura l’opposizione per il risultato, che addita a Cicchitto e Gasparri, presenti per l’occasione, come precedente da prendere a modello. «La collaborazione d’ora in poi sarà molto importante», scandisce il premier. «Grazie per quello che sei riuscito a fare per noi», lo omaggia il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che pure lancia il suo appello bipartizan per governare la città. «Abbiamo i muscoli pronti, presidente», assicura come un giocatore prima di una partita: «Ma senza di lei non ce l’avremmo fatta». Grazie e arrivederci. Ma prima i doni: la Lupa capitolina per il presidente del Consiglio, il fermacarte di Palazzo Chigi per il sindaco di Roma. «Ma dal presidente Berlusconi - assicura Alemanno - ci aspettiamo ben altri regali». «Presidente, la città ha ancora bisogno di te, dice il sindaco di Roma. Variazioni sul tema «Meno male che Silvio c’è».
* l’Unità, 06 maggio 2009
Lo specchio infranto
di Curzio Maltese (la Repubblica, 06.05.2009)
Ma che effetto avrà fatto agli italiani vedere in mondovisione il presidente del Consiglio costretto a discolparsi di non andare con le minorenni? Dice proprio così, «Non è vero che frequento le minorenni». Come sostiene non un passante, un avversario politico senza scrupoli, un giornalaccio scandalistico, un sito di gossip, ma la madre dei suoi figli.
Eccolo, il premier più popolare del mondo, secondo i suoi stessi sondaggi amato dal 75 per cento degli italiani, ma compatito, con punte di disgusto, dalla donna che gli sta accanto da trent’anni. Perché, sostiene Veronica, «è una persona che non sta bene». Eccolo, il re nudo, con i suoi settantadue anni e i capelli nuovi, il cameraman di fiducia, nel salotto amico, mentre spiega che figurarsi se lui frequenta le ragazzine, come sostiene Veronica. Figurarsi se voleva candidare le veline all’europarlamento. Figurarsi se Veronica, che gli sta accanto da trent’anni, conosce la verità. Figurarsi, d’altra parte, se lui candida qualcuno per altri meriti che l’impegno negli studi, la competenza, l’idealismo, come del resto «nel caso di Gelmini, Carfagna, Brambilla...». Ma si capisce, certo.
Nella sempre spettacolare parabola di Silvio Berlusconi questo rimarrà il vertice. Ma stavolta non è stato lui a scegliersi la scena e neppure la parte. Lo ha costretto la moglie. L’unica persona vicina a infrangere lo specchio e a rompere il muro dell’omertà, retto per tanti anni da centinaia di schiene di cortigiani politici, giornalisti, avvocati, amici, disposti a chiudere un occhio, due, tre in tutti questi anni sullo scempio di legalità e moralità. E lui ha dovuto andare in televisione, in mondovisione, a raccontare che sua moglie è male informata sul marito, vittima di un complotto della sinistra, dei giornali di sinistra, di Repubblica. «Non a caso Repubblica». Vero. Da chi doveva andare Veronica, in un paese classificato nella libertà di stampa dietro al Benin, dove il marito controlla gran parte dell’informazione? Non c’era molta scelta. Neppure Berlusconi ha fatto una scelta originale, andando da Vespa per riparare i danni dell’attacco dei vescovi. Dove, sennò?
La claque lo sostiene, lo applaude a ogni passaggio della difficile arrampicata di sesto grado sugli specchi, sullo specchio del volto gigantesco di Veronica alle sue spalle. Sembra una scena di un film di Fellini, la Donna stupenda e immensa, e l’omino laggiù, una formica, che si dibatte in alibi puerili, strepita innocenza, sputa minacce. Gli spettatori italiani, dopo tanti anni di teleserva, non faranno più caso all’atteggiamento di Bruno Vespa, accondiscende fin dal titolo. Il più surreale mai escogitato da Vespa: «Adesso parlo io». Adesso parla Berlusconi? Perché, gli altri giorni degli ultimi quindici anni? Tuttavia, tanto per dare un’idea vaga di giornalismo, bisognerebbe ricordare il genere delle questioni poste a Bill Clinton dal suo intervistatore per il caso di Monica Lewinski (peraltro abbondantemente maggiorenne). Queste: quando, dove e come vi siete conosciuti? Quante volte vi siete visti in seguito? I genitori erano al corrente del vostro rapporto e in quali termini? E’ venuta a trovarla a Washington (a Roma)? E’ andato a trovarla a casa di lei? Dove dormivate? Avete avuto rapporti sessuali? Di che tipo? Quante volte? Quante volte completi? E Bill Clinton ha risposto a tutte le domande, senza citare neppure alla lontana una teoria del complotto. Alla fine è andato a scusarsi da sua moglie, nel salotto di casa, non nel salotto televisivo del ciambellano. Ha chiesto perdono a sua moglie, che aveva offeso. Si è ripresentato all’opinione pubblica quando lo ha ottenuto, dopo aver ammesso nel dettaglio più intimo e vergognoso le proprie colpe. Così accade in un paese democratico e civile.
Forse a Silvio Berlusconi sarà bastato passare una sera dall’amico Vespa, nel calore della claque, per ricominciare da domani come nulla fosse. Magari bisognerà pure rassegnarsi, con realismo, a capire che in questa storia l’unica che non potrà più liberamente andare in giro per le strade di questo paese è la vittima, Veronica Lario. Già inseguita dalla muta dei cani che hanno appena cominciato a delegittimarla in tutti i modi.
Sottili equilibri
di Massimo Franco (Corriere della Sera, 06.05.2009)
Si avverte una miscela di disagio e realpolitik nelle reazioni delle gerarchie cattoliche alla saga familiare dei coniugi Berlusconi. Disagio non tanto per l’annuncio del divorzio, ma per il modo spettacolare, per usare un eufemismo, con il quale è stato comunicato. Quanto alla realpolitik si scorge dietro l’assoluto silenzio vaticano e nelle parole sobrie con le quali il presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco, ha commentato e avallato a posteriori la presa di posizione del quotidiano Avvenire, vicino alla Cei: un articolo forse più dovuto che voluto, perché intervenire su questioni di vita privata declassate di fatto a pettegolezzo crea un imbarazzo evidente.
Tanto più perché i protagonisti della vicenda sono un presidente del Consiglio considerato l’interlocutore principale del Vaticano, e sua moglie. E qualunque parola di troppo rischia di alimentare una spirale di pettegolezzi in bilico fra politica, etica, moralismo e soldi. L’apparente distacco dalla lite fra Silvio Berlusconi e Veronica Lario nasconde la speranza impossibile di vedere il caso archiviato al più presto; e la realtà di un disappunto e di una richiesta di tenere atteggiamenti più responsabili, rivolta tacitamente ad entrambi. A questo si aggiunge il timore di un uso politico della vicenda in un momento delicato della vita del Paese. Berlusconi sembra consapevole di dovere affrontare una situazione scivolosa.
La rivendicazione di rapporti ottimi con la Santa Sede, ripetuta ieri sera in tv, riflette un dato di fatto ma forse va completata. Assume un significato diverso se viene letta insieme alla sua certezza di non perdere «la simpatia» del mondo cattolico a causa delle tensioni con la moglie: parole che in realtà tradiscono l’oscuro timore di essere danneggiato politicamente ed elettoralmente da quello che si ostina a considerare in modo un po’ troppo sbrigativo un gigantesco malinteso. Ma si tratta di un pericolo che in realtà non riguarda solo quell’universo. L’opinione pubblica sembra sconcertata e divisa senza distinzioni.
Non significa automaticamente che si prepari ad abbandonare il centrodestra. Anzi, le polemiche che alcuni esponenti dell’opposizione stanno facendo contro gerarchie accusate di essere «governative», potrebbero rivelarsi a doppio taglio. Invece di far risaltare una sorta di incompatibilità morale prima ancora che politica fra valori cattolici e berlusconismo, rischiano di accentuare la distanza fra centrosinistra e Vaticano. Sarebbe un risultato paradossale, nel momento forse più difficile del premier da quando ha vinto le elezioni nel 2008. Eppure, quanto è accaduto e può succedere nelle prossime settimane suona come un monito per Berlusconi. Dovrebbe fargli capire che non bastano i limiti politici degli avversari a scongiurare le critiche, i malintesi e alla fine un logoramento, alimentati in buona misura anche da certi suoi comportamenti. Di colpo, potrebbe ritrovarsi appesantito da una zavorra di voci che finora hanno contribuito in modo discutibile ad alimentare i suoi successi.
Primi segnali d’allarme sul gradimento dei giovani e
timori per l’immagine estera del presidente del Consiglio
La delusione: tanti dei miei incapaci di difendermi
di Marco Galluzzo (Corriere della Sera, 06.05.2009)
ROMA - Sarà stata una casualità, ma il sondaggio è arrivato nelle mani del Cavaliere poco dopo la polemica sulle veline. Dopo che la moglie ha definito «ciarpame senza pudore» l’uso che delle donne, a suo giudizio, viene fatto nella liste elettorali del partito di suo marito. L’ultimo affondo prima di comunicare l’intenzione di divorziare. Ebbene i numeri di quella ricerca d’opinione, che ha allarmato più di un ministro, dicono che c’è una visibile inversione di tendenza nel consenso che i giovani, soprattutto in cerca di lavoro, tributano al partito delle Libertà.
Per lo stato maggiore della neonata formazione politica è più di un campanello d’allarme. Così come per Silvio Berlusconi. Per la prima volta un sondaggio segnala che la «questione veline» è filtrata in modo diffuso nell’elettorato. Vero o falso che sia il dato di cronaca (per il Cavaliere assolutamente falso, inventato ad arte dalla sinistra e dai suoi quotidiani) c’è una percezione che si sta diffondendo fra chi vota: nel partito del capo del governo si può fare carriera anche grazie all’estetica. Ovviamente la cosa comincia a disturbare chi un lavoro lo cerca (e in questo periodo in modo sempre più travagliato) in base al solo curriculum. La storia delle veline è stato «un danno al Pdl», ha detto ieri sera il capo del governo a «Porta a Porta ».
Forse pensava anche ai numeri che in questi giorni sono circolati fra i dirigenti del suo partito. Poi ha citato l’altro danno, «al sottoscritto ». E in questo caso una delle cose che più lo ha scosso è stato vedere come la materia è stata trattata dai media internazionali. «Sono molto preoccupato per la mia immagine all’estero», è uno dei crucci più dolenti di questa vicenda, spiegabile anche con la psicologia di un uomo che all’immagine tiene in modo quasi maniacale. Come e più di ogni politico.
Le accuse della moglie all’estero sono arrivate senza filtro: quella di frequentare una minorenne, quella di non essere un buon padre, quelle di non sapere mettere un limite ai desideri. Rilanciate dai siti d’informazione, dalle televisioni e dai quotidiani di tutto il pianeta. Per chi nella politica estera riscontra la maggior parte del suo lavoro, che nei vertici internazionali enfatizza gli effetti diplomatici del rapporto personale con gli altri leader, è un danno potenzialmente incalcolabile, che brucia e provoca imbarazzo.
C’è infine un altro dato che lo scontro con la moglie ha amplificato, richiamando nel Cavaliere sentimenti che ha già provato in altri momenti di difficoltà. Le accuse subite addolorano, bruciano, ne vengono soppesati gli effetti interni ed internazionali. Esiste però almeno un altro effetto, di natura intima, psicologica, che non emerge dalle chiacchiere con lo staff, con i principali collaboratori, ma solo nelle conversazioni con gli amici, ed è una sensazione di solitudine: «Sono deluso da molti dei miei, anche da molte delle donne del Pdl, da un’infinità di gente che sembra incapace di difendermi...».
Insomma mentre Bossi ironizzava sulle esigenze delle mogli, che non devono essere trascurate dai mariti, mentre molte esponenti del centrodestra (forse con la sola eccezione di Daniela Santanchè) formulavano giudizi che spiccavano per i distinguo e non per la difesa a spada tratta del Cavaliere, mentre dalle parti di Arcore a Fini continuava ad essere attribuita parte della responsabilità oggettiva del primo affondo di Veronica (contro le veline, criticate in un articolo della rivista della fondazione vicina al presidente della Camera), proprio in quei momenti Berlusconi rifletteva sul fatto che «i miei sono incapaci di difendermi»: misurando forse la solitudine politica di chi viene coinvolto in vicende che di politico hanno ben poco.
Quella telefonata con Letta
La «sorpresa» di Veronica
Anche Confalonieri ha contattato la moglie del premier
MILANO - Doveva essere una serata tranquilla. Nella villa di Macherio, a cena - la prima dall’annuncio della separazione -, erano invitati alcuni amici di famiglia. Invece Veronica Lario si è trovata ad affrontare l’ennesima situazione di tensione: suo marito a Porta a Porta a parlare della fine della loro storia. Una scelta che la moglie del premier ha appreso soltanto nel pomeriggio. Ed è superfluo dire che è rimasta sorpresa. No, questa mossa proprio non se l’aspettava. Non dopo la frase pronunciata da Silvio Berlusconi nei giorni scorsi: «Vorrei che la storia del divorzio rimanesse nella sfera privata».
Invece il presidente del Consiglio, nonostante i suoi più fidati collaboratori glielo avessero sconsigliato, ha deciso di andare lo stesso in tv. Ed ha parlato per la prima volta con Bruno Vespa della sua vicenda familiare. A lei, a Veronica, ieri sera non è rimasto che sedersi sul divano del salotto a guardare il marito parlare in televisione. Una scelta «spudorata», secondo alcune care amiche, quella di Berlusconi. Ma non è questo che ha sorpreso di più Veronica Lario. Semmai, a colpirla, è stato il silenzio calato attorno a lei in questi giorni. Degli amici di sempre, Fedele Confalonieri è stato uno dei pochi a chiamarla. E poi, la scorsa settimana, c’è stato un lungo colloquio telefonico con Gianni Letta, nel corso del quale il braccio destro di Berlusconi avrebbe provato a sondare il terreno per capire i margini di una possibile riconciliazione, dovendo poi concludere che erano praticamente nulli. Anche a Letta, come alle persone a lei più care, Veronica Lario avrebbe spiegato le ragioni che l’hanno spinta a questo gesto così sofferto e complicato.
Non è stata solo la partecipazione di Berlusconi alla festa di Noemi Letizia a Napoli la causa scatenante della rottura - ha detto - ma più che altro la lunga serie di frequentazioni avute negli ultimi anni dal marito, come anche il suo stile di vita. Tutte scelte che, secondo lei, avrebbero leso la sua dignità di donna e di madre. A tal punto, da spingerla a dire basta a un matrimonio senza più prospettive. Dopo dieci anni - ha chiarito - non voglio più mercanteggiare. O mi ammalavo o facevo questa scelta, l’unica possibile per salvare la mia immagine privata e pubblica.
Tra l’altro è sicura, Veronica, che la strada intrapresa, quella della separazione, farà del bene anche al marito. I figli, invece, rappresentano un capitolo a parte. Sicuramente non le hanno fatto piacere, ad esempio, le spiegazioni date da Berlusconi in tv a proposito delle presunte assenze alle feste di compleanno dei tre ragazzi. Chi la conosce, racconta che spesso Veronica ha dovuto insistere molto con lui per farlo partecipare. Quasi sempre senza risultato.
Barbara, Eleonora e Luigi per ora preferiscono non commentare. In questa guerra a distanza tra i genitori, hanno scelto di tenersi in disparte. Almeno pubblicamente. Ma è abbastanza certo che negli ultimi mesi avevano sperato che tra la madre e il padre potesse durare quella sorta di tregua sopraggiunta dopo la nascita del piccolo Alessandro, il figlio di Barbara. Quel nipotino, del quale Berlusconi ha parlato con affetto anche ieri sera a Porta a Porta, sembrava aver ridotto le distanze tra i due. Sanato un po’ le ferite. E le foto mano nella mano a Portofino ne erano la prova.
Il privato di un imperatore
di Pietro Spataro (l’Unità, 06.05.2009)
La domanda, senza tanti giri di parole, è questa: è davvero affare privato che un premier venga accusato dalla moglie di "frequentare le minorenni"? Ovviamente no, è un affare politico di prima grandezza. Eppure scivola via come una puntata del Grande Fratello o suscita le reprimende di qualche editorialista guerriero della privacy. Ultimo arrivato è Pierluigi Battista che ieri sul Corriere ha messo alle strette il vero colpevole: Dario Franceschini. Che ha osato lanciare l’allarme sul degrado morale dell’uomo che governa l’Italia e che è portatore di un immenso conflitto di interssi. Verrebbe da dire: poveri noi. Questa teoria della “intangibilità del privato” l’abbiamo letta in più versioni. E però: come si fa a giudicare fatti privati certe accuse così brucianti che in altri paesi avrebbero fatto tremare il palazzo? E infatti ieri sera il premier ha dato la prova più plateale: è andato a Porta a Porta e ci ha sbattuto in faccia i suoi vizi privati sulla tv pubblica.
Il fatto è che l’etica della politica oggi non è problemino da poco, tantomeno per Berlusconi. Da chi governa un paese e fa leggi che toccano le vite uno pretende comportamenti coerenti e sobrietà. E invece si assiste a spettacoli sempre più indecenti di fronte ai quali troppi tirano dritti. «In Italia non c’è più capacità di indignarsi» ci ha spiegato il corrispondente del Time. Detto da un giornalista straniero ferisce ancora di più. Forse ha proprio ragione Veronica Lario: che strano questo paese che tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
LA "PROFEZIA" DI MARSHALL MCLUHAN: NARCISO E LA MORTE DELL’ITALIA.
IL SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE GENERA MOSTRI.
Sul cavaliere della I - THAILANDIA....
di Federico La Sala (2003)
Caro Direttore
A mio parere, in tutte le discussioni e le analisi che sono portate avanti sulla situazione italiana è proprio l’analisi del berlusconismo che va approfondita e chiarita. Io non posso concepire, nemmeno in THAILANDIA (cfr. Piero Ottone, IL CAVALIERE DELLA THAILANDIA, La Repubblica del 26.04.2002: "Thaksin ha fondato un partito, Thai Rak Thai, il cui nome significa, a quanto sembra: I thailandesi amano i thailandesi") che in una nazione che si chiama ITALIA, ci possa essere un PARTITO che si chiama forza ITALIA...
Il trucco del NOME (Forza ITALIA) è da manualetto del... piccolo ipnotizzatore e da gioco da baraccone ...politico! E penso che aver lasciato fare questa operazione, io la ritengo la cosa più incredibile e pazzesca che mai un popolo (e sopratutto le sue Istituzioni e partiti) abbia potuto fare con se stesso e con i propri cittadini e le proprie cittadine: è vero che stiamo diventando tutti vecchi e vecchie, ma questa è roba da suicidio collettivo!
Questa la mia opinione, se si vuole, da semplice e analfabeta vecchio cittadino italiano e non da "sovietico" comunista della "fattoria degli animali" orwelliana. Mi trovo a condividere e sono più vicino alle opinioni e alla posizione della "mosca bianca" Franco Cordero, che non a quella di molti altri.
LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI: si tratta solo e sopratutto di non de-ragliare e, umanamente e politicamente, mantenerci (e possibilmente avanzare) sul filo e nel campo della democrazia. Non c’è nessuna demonizzazione da fare: si tratta solo di capire, e, anzi, io trovo la situazione - pur nella sua grande ambiguità e pericolosità - incredibilmente sollecitante nel senso di svegliarsi e reagire creativamente (come sembra che stia avvenendo) alla situazione determinatasi. Il cavaliere ha lanciato la sua operazione e la sua sfida: possiamo leggere la cosa come una cartina di tornasole per tutta la nostra società.
Vogliamo vivere o vogliamo morire: una cosa del genere più o meno, con altre parole, ci sta dicendo il Presidente CIAMPI da tempo. Se ci facciamo togliere da sotto i piedi il fondamento costituzionale e si rompe la bilancia dei poteri della democrazia non ci sono più cittadini e cittadine ma pecore e lupi e riprende il gioco mai interrotto, come dice il vecchio saggio della giungla, del "chi pecora si fa il lupo se la mangia".
Dentro questo clima, chiedere da anonimo stupido ingenuo e illuso e ’idealistico’ cittadino italiano di fare chiarezza e fermare il gioco (truccato, e pericolosamente surriscaldato e non lontano da clima di scontro civile) è solo un invito a tutte e due le parti e non a una sola a riconoscersi come parte della UNA e STESSA Italia.... e a ripristinare le regole del gioco!
M. cordiali saluti Federico La Sala.
(www.ildialogo.org, Venerdì, 30 maggio 2003)
FINLANDIA
Il premio Scarpa, massimo riconoscimento su architettura e natura, viene consegnato domani all’opera di Kaija e Heikki Siren, costruita a metà ’900
Helsinki, la chiesa nella foresta
Tra le migliori espressioni dell’arte del secolo scorso, la Cappella premiata sorge in una radura di un bosco, nella penisola dove ha sede il politecnico della capitale
di LEONARDO SERVADIO
A lla fine degli anni ’ 80 fece un certo scalpore la ’Cappella sull’acqua’ progettata da Tadao Ando a Tomamu, nell’isola di Hokkaido. Dall’interno di tale chiesa, attraverso una vetrata che occupa tutta la facciata, si osserva una grande croce che sorge all’esterno, da uno specchio d’acqua in cui si riflettono le cime dei vicini alberi. Una magnifica idea: l’architettura si fonde nella natura. Senza nulla togliere alla genialità di Ando, il concetto basilare di quel progetto era già stato esplorato diversi anni prima ( 1957) in Finlandia, dagli architetti Kaija e Heikki Siren, nel realizzare la Cappella di Otaniemi, che quest’anno sale agli onori della ribalta perché riceve il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino.
Giunto alla ventesima edizione, questo Premio, che sarà attribuito nell’ambito di una cerimonia domani a Treviso ( informazioni nel sito www.fbsr.it ), si distingue nettamente dalle molteplici iniziative che nel mondo mirano a segnalare opere architettoniche di pregio: si incentra infatti non tanto sulla produzione progettuale, quanto sulla composizione paesaggistica e sull’equilibrio tra intervento umano e natura.
Pertanto la specificazione ’ per il giardino’ è da intendersi nell’accezione più vasta: il mondo nel suo complesso potrebbe, e dovrebbe, esser inteso responsabilmente come luogo in cui realizzare con pacata sapienza un misurato insieme in cui si riconoscano come non contrapposti, ma contigui e mutuamente interdipendenti l’opera dell’uomo e il creato.
Così le scelte compiute dalla giuria del Premio derivano dal valutare la compiutezza di tale equilibrio ambientale, in cui l’aspetto estetico non è inteso quale impatto emotivo sconvolgente, né quale semplice ’ inserimento’ delle architetture nel contesto ( l’idea di ’ inserire’ infatti contiene in sé una invincibile alterità tra ciò che sopravviene e quanto esso incontra), ma quale convincente reciproco completamento di sintropiche presenze.
Vista sotto questa luce, l’attribuzione del Premio alla Cappella di Otaniemi diviene espressione di notevole forza emblematica. Come si dice nella motivazione del Premio, la Cappella « trova posto dalla metà del Novecento in una radura dentro un brano di foresta nel punto più alto della penisola nella quale viene trasferito il prestigioso campus universitario del Politecnico di Helsinki ».
Il masterplan del nuovo insediamento era stato affidato fin dagli anni ’ 40 a Alvar Aalto, ma la decisione di costruire la cappella universitaria fu degli studenti, che reperirono anche i fondi ( negli anni successivi diverrà di pertinenza parrocchiale). I due Siren, marito e moglie, avevano aperto il loro studio da pochi anni e avevano cominciato a progettare per la città giardino di Tapioca che sarà in parte legata al loro nome, insieme con altre realizzazioni quali la Sala concerti Bruckner di Linz ( Austria, 1973) e il Parlamento di Baghdad ( 1982).
La semplicità del progetto può apparire disarmante: due muri laterali definiscono un sagratello in mezzo al quale si erge un parallelepipedo di legni allineati su cui si eleva una croce; più avanti, ai muri si appoggia una tettoia che funge da ingresso e, oltre questa, una vetrata verticale e il tetto che digrada con unica falda all’indietro; l’altare sta in prossimità della vetrata e, nel rivolgervisi, con lo sguardo si abbracciano i vicini alberi.
Non è un’architettura fatta per essere guardata ma, al contrario, per guardare: è un punto di osservazione sul bosco, mediato attraverso la catasta crocifera, in cui il segno cristiano diventa elemento ordinatore che dà il senso all’insieme di linee parallele e ortogonali disegnate nella foresta. L’intimità del rapporto tra chiesa e intorno naturale è resa tanto evidente quanto sovradimensionata è la finestra che funge da parete di fondo per l’altare: l’edificio nel suo complesso altro non è se non una struttura che trasforma una vetrata in finestra, un cannocchiale che sceglie attraverso quali prospettive volgere lo sguardo alle fronde. E queste sono l’altare e la croce, in un allineamento che vincola la presenza umana e il bosco entro un unico slancio. « La foresta viene convocata nell’assemblea - scrive la giuria - nel ruolo di protagonista nell’aula rettangolare... natura e architettura dispongono delle stesse materie eppure restano figure radicalmente diverse. Nella loro alterità entrano in dialogo e vanno a far parte dello stesso luogo... » .
Ieri Berlusconi aveva parlato di una chiesa che in Italia sarebbe cancellata
e di amare le finlandesi "purché maggiorenni". La risposta: "Ci insulta ancora"
"La Chiesetta e le belle donne"
E i finlandesi si irritano col premier
ROMA - Indignazione, e anche un po’ di ironia, sui più importanti media finlandesi per le battute fatte ieri dal premier Silvio Berlusconi sulla chiesa settecentesca in legno che in Italia verrebbe "cancellata" e sulle donne finniche ("amo la Finlandia e le finlandesi, purchè siano maggiorenni").
L’ Helsingin Sanomat, il più grande quotidiano finlandese, titola: "Il premier italiano ha offeso di nuovo la Finlandia" e "ha paragonato Roma alla Finlandia in modo offensivo". Sintetico il sito della tv pubblica finlandese, che ironizza: "a Berlusconi piacciono le donne adulte finlandesi". Uno dei quattro maggiori quotidiani finnici, l’ Ilta-Sanomat, fa esplicito riferimento alla frase (i finlandesi "non sanno neanche cos’è il prosciutto") con cui Berlusconi nel 2001 si era opposto all’assegnazione alla Finlandia della sede dell’Authority alimentare europea poi insediata a Parma: "Non ha ancora imparato", sostiene il giornale. "Berlusconi sfotte di nuovo", titola l’ Ilta Lehti sottolineando: "Sparla della Finlandia" e "Non apprezza l’architettura finlandese". Il sito dell’emittente privata Mtv3 sottolinea "bizzarre dichiarazioni" che offendono "le chiese del Settecento". In realtà pare che il premier si fosse confuso con l’Islanda.
* la Repubblica, 7 maggio 2009
MILLE E PIU’ SCHIAFFI AL PARLAMENTO - E A TUTTA L’ITALIA: PIENA FIDUCIA SULLA SICUREZZA ... DEL GOVERNO DI BERLUSCONI: !!!
Caro Spinella
credo che tu abbia ragione: "Prosit per Berlusconi. Requiem per gli altri".
Grande è il sonnambulismo e la connivenza (conscia e inconscia) con il nostro Grande Fratello che ormai è già il Grande Presidente!!!
Tuttavia - da italiano - ti invito a meditare su quanto ha scritto oggi Barbara Spinelli (Il privato uccide la politica, La Stampa): BERLUSCONI (...) "non c’è mai stato posto nella sua mente per l’idea di pubblico. Non è questione solo della sua famiglia. Anche quando governa preferisce il recinto personale ai luoghi delle istituzioni: è nel recinto che riunisce ministri, convoca oppositori, nomina dirigenti Rai. Praticamente tutto si cucina a Palazzo Grazioli. È significativo che la dimora romana del Premier si sia metamorfizzata in Palazzo per eccellenza" -----
Forse vale la pena tenerne conto. E ricordarcene, considerando anche e soprattutto che A QUESTO SI è arrivati PER AVER CONCESSO DAL 1994 il COPYRIGHT SULLA PAROLA DELLA NOSTRA IDENTITA’, sul Nome "ITALIA", a un privato. L’ITALIA E’ STATA RECINTATA E BLINDATA, E’ diventata PROPRIETA’ DI UN PRIVATO E DI UN PARTITO e dei SUOI "SANTI" PROTETTORI....
A CHI dobbiamo rimandare L’ARDUA SENTENZA, AI SOLITI POSTERI?!?
M. cordiali saluti,
Federico La Sala