"FORZA ITALIA"!!! LA LUNGA MARCIA DI GIANFRANCO FINI, PER LA RINASCITA DEL POPOLO D’ITALIA, DEL "POPOLO DELLA LIBERTA’" ...

FIERA DI ROMA, CONGRESSO PDL: DISCORSO DI FINI. LA PLATEA IN PIEDI, CON BERLUSCONI, APPLAUDE. Nella giornata di ieri è stato invece il discorso di Berlusconi, zeppo dei suoi cavalli di battaglia, a segnare il congresso.

Il Pdl non esisterebbe «senza la lucida follia che a volte sembra guidare il presidente del Consiglio» che «ha creduto nel Pdl quando era difficile crederci».
sabato 28 marzo 2009.
 
[...] Al congresso è arrivato anche un messaggio del presidente Napolitano, in cui ringrazia «per il messaggio che mi è stato indirizzato nel giorno della nascita del nuovo partito del Popolo della libertà». «Ho colto nel messaggio - scrive il Capo dello Stato - insieme con accenti di cordiale riconoscimento ed omaggio, riferimenti puntuali agli indirizzi che ho perseguito e perseguo nell’esercizio delle funzioni che la Costituzione assegna al presidente della Repubblica, come imparziale garante di valori, principi ed equilibri sanciti nella Carta. Confido - conclude il presidente della Repubblica - che il Popolo della libertà vorrà assecondare ogni sforzo rivolto ad affermare una leale collaborazione tra le istituzioni e a favorire un clima politico di maggiore corresponsabilità nel superiore interesse della nazione e della sua unità» [...]

Berlusconi alla Fiera di Roma. Comincia il congresso del Pdl *

Sabato è la volta di Gianfranco Fini: a una settimana dallo scioglimento di An, altro discorso, altro palco.

Alla Fiera di Roma, dove nasce il Popolo delle Libertà, il presidente della Camera ringrazia il premier, Silvio Berlusconi e poi dice la sua. «Berlusconi è stato chiarissimo- aggiunge- nel dire cosa è il Pdl: non è Forza Italia al quadrato, non è la fusione fredda tra diversi soggetti politici, non è un nuovo cartello elettorale ma un soggetto di popolo, sintesi delle esperienze di donne e uomini che arrivano storie diverse ma che hanno ben chiaro che l’obiettivo della politica è il bene comune». Poi aggiunge: il Pdl non esisterebbe «senza la lucida follia che a volte sembra guidare il presidente del Consiglio» che «ha creduto nel Pdl quando era difficile crederci».

È bene che il Pdl discuta nelle prossime settimane su come orientare il proprio voto al referendum elettorale di giugno, continua Fini riprendendo l’auspicio di Silvio Berlusconi per un sistema bipartitico. Quel referendum, ha detto Fini, consente una «accelerazione verso quel sistema». «Non so se siano maturi i tempi, se ci siano le condizioni per il bipartitismo - ha aggiunto - ma il Pdl può mettere nel suo dibattito interno la decisione su come comportarsi in quel referendum. Anche se questo comporterà la necessità di discutere, tra noi, e anche con gli alleati». Il riferimento è alla Lega, dal principio contraria al referendum.

«Rilanciare una grande stagione costituente», Fini torna a parlare di riforme. Ammette che fa «bene» il presidente del consiglio a «rivendicare maggiori poteri», ma fin quando la Costituzione è questa «i presidenti di Camera e Senato hanno il dovere di rimarcare il ruolo centrale del Parlamento» nel processo di formazione delle leggi. Il presidente della Camera chiede allora di cominciare a discutere sul rapporto tra governo e Parlamento, del rapporto tra le due Camere, puntando al «federalismo istituzionali, con la formazione della Camera delle regioni o delle autonomie». «Se si dà vita a una nuova forma di Stato, è doveroso -avverte Fini- discutere della forma di governo».

«Se vogliamo evitare le polemiche che entrano e escono dai giornali», sottolinea Fini bisogna «rilanciare una grande stagione costituente e bisogna farlo per davvero», dopo che il governo, per bocca del ministro Calderoli, ha espresso parere favorevole all’ordine del giorno del Pd per ripartire dalla bozza Violante. La riforma dei regolamenti «è solo un anello», bisogna affrontare il discorso nel suo complesso per «costruire un’Italia proiettata in avanti».

Infine, le conclusioni: «Abbiamo un leader che si è imposto, abbiamo un popolo che è un popolo di consenso e abbiamo una enorme potenzialità organizzativa. Dobbiamo impegnarci per dimostrare di avere le idee giuste per costruire l’Italia di domani. Sono convinto che se continueremo all’insegna della lealtà, che è alla base di tutto, il tempo dimostrerà che abbiamo quelle capacità di capire il futuro e inizieremo a costruirlo per far sì che l’Italia di domani sia migliore di quella di oggi».

La platea si alza in piedi, primo fra tutti il presidente del Consiglio, per applaudire il discorso del presidente della Camera.

Nella giornata di venerdì è stato invece il discorso del presidente Silvio Berlusconi a segnare il congresso. La platea lo applaude, lui risponde con il pugno chiuso. Poi, è lo stesso Berlusconi a ringraziarlo in apertura del suo intervento.

Al congresso è arrivato anche un messaggio del presidente Napolitano, in cui ringrazia «per il messaggio che mi è stato indirizzato nel giorno della nascita del nuovo partito del Popolo della libertà». «Ho colto nel messaggio - scrive il Capo dello Stato - insieme con accenti di cordiale riconoscimento ed omaggio, riferimenti puntuali agli indirizzi che ho perseguito e perseguo nell’esercizio delle funzioni che la Costituzione assegna al presidente della Repubblica, come imparziale garante di valori, principi ed equilibri sanciti nella Carta. Confido - conclude il presidente della Repubblica - che il Popolo della libertà vorrà assecondare ogni sforzo rivolto ad affermare una leale collaborazione tra le istituzioni e a favorire un clima politico di maggiore corresponsabilità nel superiore interesse della nazione e della sua unità».

Il discorso di Berlusconi è zeppo dei suoi cavalli di battaglia: «Siamo il partito degli italiani che amano la libertà - dice - e che vogliono restare liberi». «Il Pdl è forte, il più grande partito per consensi, e vincente perchè si è già affermato nelle urne», aggiunge. Poi è la volta die suoi amati sondaggi, quelli «veri - dice - non quelli fasulli di chi ci gioca con i sondaggi: ci danno al 43,2%. è inutile nascondere che puntiamo al 51% e sappiamo come arrivarci. Sono sicuro - prosegue - che ci arriveremo». Poi cita De Gasperi e Don Sturzo. E la sfilza di alleati che sono confluiti nel Pdl: da Baccini a Della Vedova, da Rotondi a Nucara, fino a Giovanardi.

Poi parte l’affondo alla sinistra e alla sua concezione dello Stato che «ci allontana dalla libertà e dalla civiltà». Il premier accusa la sinistra di considerare lo Stato «quasi un moloch, divinità, ma ha solo le sembianze della divinità perchè in realtà» quello che gli interessa «è solo l’esercizio del potere per una oligarchia». Al contrario, sostiene Berlusconi, per il Pdl esiste «la religione della libertà».

L’ossessione per i «comunisti» non gli è passata: Berlusconi ricorda la sua discesa in campo contro «la sinistra uscita quasi indenne dalla tempesta politico-giudiziaria, risparmiata in modo chirurgico dalle inchieste della magistratura militante, che entrò nelle macerie della prima Repubblica come l’Armata rossa a Varsavia e Berlino, dopo aver opportunisticamente atteso alla frontiera». Poi ricordando il cambio di nome del Pds, dice: «Non si diventa democratici soltanto sostituendo una parola». E ancora: «La sinistra non ha mai avuto il coraggio e la forza di rinnegare il comunismo e chiedere scusa agli italiani. La destra italiana si è rinnovata, loro hanno solo fatto finta». Per il premier gli ultimi 15 anni sono «un carosello di trasformismi e di autentici trasformisti: trasformisti botanici: dalla Quercia all’Ulivo, dall’Ulivo alla Margherita». Per non parlare, aggiunge il premier, dei «tradimenti, delle risse e degli psicodrammi parlamentari. Per esempio- conclude- stendiamo un velo pietoso sull’ultima esperienza governativa» di Romano Prodi.

E ancora: «Questa sinistra è incapace di governare, è sempre divisa e sa solo insultare. Anche per questo continua a perdere ogni consultazione elettorale». Ne ha anche per Veltroni, che per lui è stato «un bluff, l’ennesima finzione o almeno un improbabile azzardo», e per Franceschini, che «ha subito rinnegato quello che era stato il suo segretario per cercare di salvare il salvabile». Infine, si appella a «una sinistra riformista e un’opposizione moderna» perché «non possiamo caricarci i loro problemi sulle spalle» ma «abbiamo promesso solennemente di governare anche per quegli italiani che non ci hanno votato».

* l’Unità, 27 marzo 2009


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