NOI PROFESSORI DEL SUD.
RIFLESSIONI SULLE DICHIARAZIONI DEL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE GELMINI
di Luciana Mangano *
mi preme far notare alla Ministra dell’ Istruzione che le sue affermazioni anche se convalidate da Tests universitari e statistiche dimostrano una totale "ignoranza" della situazione in cui versano le scuole italiane al Sud.
Io stessa nel corso della mia carriera ho insegnato in Scuole senza locali propri ma situate in locali privati e quindi prive di qualunque attributo "pubblico", prive di tutto ciò che dovrebbe rendere una scuola un "istituto in cui i ragazzi si trovano in un ambiente favorevole all’apprendimento".
Inoltre in certi quartieri "a rischio" delle città come Napoli, Palermo e altre del Sud, i ragazzi venivano parcheggiati da genitori privi di istruzione, a volte senza lavoro fisso, con problemi economici che il Ministro neanche lontanamente immagina. Il libro "io speriamo che me la cavo" non era molto lontano da certe realtà.
Inoltre i problemi sociali e delinquenziali di certe zone del Sud non si possono certo paragonare alla vita "facile" delle famiglie del Nord.
Mi preme far riflettere su mafia camorra e ’ndrangheta e su tutto ciò che vi gira intorno. Comunque non è certamente separando Nord da Sud, buoni e cattivi che si potrà andare verso una vera integrazione dei discenti nel tessuto sociale ed economico della nostra Italia.
La meritocrazia è valore del singolo che scopre di valere e non di una società che lo giudica! Gli "ultimi" caro Ministro, da sempre devono essere "i primi" nell’attenzione e nel cuore di un docente che educhi alla eguaglianza, alla tolleranza, al rispetto e all’accettazione dell’altro.
I "primi della classe" che hanno alle spalle famiglie normali ed istruite imparano così che i "massimi" servono i "minimi" in senso di servizio amorevole, di recupero delle potenzialità e che il loro "valore o i loro talenti" non diminuiranno per questo.
Io vorrei tanto che il Ministro venisse a visitare le scuole del Sud, che hanno ancora a che fare con antiche carenze: mancano i locali, le aule sono piccole, mancano i supporti tecnologici per tutti, le palestre, i laboratori, gli spazi, il personale assistente etc.Vorrei che Lei dottoressa Gelmini si rendesse conto di come certe scuole vanno avanti grazie alle capacità e alla "buona volontà" e al "servizio" di ottimi insegnanti che si spendono per dare speranza, fiducia, senso e dignità a chi vive situazioni di disagio sociale e familiare.
Io a malincuore e per assecondare una maggioranza, ho dovuto cedere all’allontanamento dalla scuola per un "malinteso senso dell’insegnamento di contenuti essenziali" di piccoli geni e grandi talenti in campo artistico o musicale. Li incontro adesso a vendere frutta e verdura fuori da quella scuola che li ha rifiutati e ripetutamente "bocciati" , con uno struggente ma inconfessato desiderio di rioccupare un banco di scuola ove la vergogna dell’età avanzata ormai non permetterebbe più il loro rientro.
Dia invece gli utili supporti a questi docenti confusi che si sentono tirare un pò a destra e un pò a sinistra. Aumenti la presenza di psicologi a scuola, di assistenti, di laboratori utili allo sviluppo di competenze anche per i più deboli. Se proprio vuole "formare" questa classe di "fannulloni" (la invito a stare 5 o sei ore in una classe a leggere il giornale invece di lavorare.....credo che uscirebbe con i capelli dritti!) si rivolga a nuove tecniche e a nuovi strumenti in campo nazionale.....
I nuovi bambini vogliono una scuola nuova e non vecchia di 50 anni rispetto alla loro capacità e curiosità. Sa quanti talenti sprecati da un modo vecchio di vedere la realtà e l’insegnamento. Il mondo cambia nonostante noi e i nostri schemi mentali, i bambini sono creativi e vogliono mezzi che sviluppino la loro creatività e noi insegniamo sempre allo stesso vecchio modo cattedratico in cui pretendiamo che essi ascoltino noiose lezioni .....
Se smettiamo di attribuire colpe e ognuno si assume la propria personale responsabilità...
Che ognuno faccia la sua parte! Sa, il vero "buonismo e forse questo voler "mantenere un vecchio mondo diviso in buoni e cattivi per poter mantenere la visione di un Dio punitore e del "bravo cristiano" che ha così l’occasione di fare del bene e meritarsi il paradiso.
La bontà vera credo che nascerà quando riconosceremo il sacro in ogni aspetto e cosa esistente e attenderemo con pazienza "divina" che il seme dia i suoi frutti, qualunque frutto che giovi all’individuo che si riconosca parte di un TUTTO SACRO da rispettare e di cui non abusare.
Dovremmo insegnare l’equilibrio e la prevenzione del disagio e la liberazione dallo stesso che non avviene quando ci "uniformiamo" con un bel grembiulino, ma quando riconosciamo la bellezza della diversità e iniziamo a rispettare il filo d’erba, il libro di testo, l’aula che occupiamo e il pianeta che ci ospita, che ha immenso bisogno di amore e rispetto.
Dovremmo diventare educatori di equilibrio interiore e dare esempio di tale equilibrio. Forse inserire 20 minuti di meditazione obbligatoria per insegnanti e alunni ogni mattina prima di iniziare qualunque attività guidati da un insegnante di Yoga o altro maestro di programmazione neuro linguistica, darebbe migliori risultati in un reale cambiamento di ognuno di noi, anche Suo personale signora Ministro.....
E cambiando noi stessi cambia la società e il mondo e la finiamo di sparare giudizi e sentenze!
* Di questa lettera è oggi apparso - nella pagina delle "lettere" della Repubblica (05.09.2008, p. 30) - un breve estratto, commentato da Corrado Augias, con il titolo "La Gelmini affronti i nodi veri della scuola".
Da Mantova Pennac interviene nella «querelle» sulla scuola *
Dal Festivaletteratura di Mantova, Daniel Pennac alza la voce. Invitato per presentare il suo «Diario di scuola» edito da Feltrinelli, l’autore francese ne ha approfittato per criticare la riforma voluta dal ministro Gelmini. «Introdurre il voto in condotta», osserva Pennac, «non è espressione della vera autorità. L’ingresso nelle scuole di voti, grembiulini, uniformi è una pratica molto in voga nei paesi in via di sviluppo. Sono tutte forme esteriori che assume l’autorità. Ma non è questo il vero problema». Per più di venticinque anni, Daniel Pennac ha lavorato proprio come maestro elementare, maturando l’idea che nella scuola «l’autorità può essere solo di ordine intellettuale ed esemplare. Se un insegnante non è capace di comunicare passione per la sua materia e non sa avere un comportamento esemplare per esempio consegnando tempestivamente i compiti in classe corretti, cha autorità può avere? Ci deve essere un gioco di reciprocità». A meno che non si voglia una scuola che di tutto si occupi, tranne che delle esigenze di ragazzi e bambini.
* il manifesto, 05.09.2008.
Sulla pelle degli studenti
di Concita De Gregorio (l’Unità, 07.09.2008)
Sono un insegnante precario meridionale della scuola statale della provincia di Pordenone apprezzato dai miei alunni e dai loro genitori che ogni anno si battono per la mia riconferma. Dall’anno prossimo sicuramente a causa della riforma del maestro unico non lavorerò più.
Sergio Catalano
Comincia così una lunga lettera che racconta come dal tempo del «maestro unico» i saperi si siano allargati e specializzati, le classi cresciute di numero, la presenza di bambini stranieri aumentata, le risorse per il sostegno ai disabili diminuite ma come intatto resti invece il bisogno di chi ha sei anni o ne ha dieci di essere «seguito dalla presenza costante e attenta di uno sguardo adulto». Inoltre, dice il maestro Sergio, «i bambini di oggi non sono più quelli di vent’anni fa». Non lo sono più, non c’è dubbio, e a nulla servirà imporre loro di alzarsi in piedi quando entra l’insegnante, di mettersi il grembiule col fiocco, di imparare il Padre Nostro per obbligo come propone l’assessore veneto, di andare tutti il 4 novembre alla parata come suggerisce La Russa. È il mondo fuori che è cambiato, il mondo che i bambini delle elementari si portano in aula sugli schermi dei videofonini forniti da genitori ansiosi e assenti, di solito ansiosi in quanto assenti, e che gli insegnanti fino all’altro giorno non potevano sequestrare all’ingresso in classe perché sarebbe stato, appunto, un attentato alla proprietà privata. Intendiamoci. Cambiare la scuola ad ogni cambio di ministro è un’antica tradizione che ha prodotto guasti in ogni epoca e sotto ogni bandiera. L’assemblearismo e le «conquiste di libertà» non sempre hanno garantito progresso.
La decisione di non esporre i quadri coi risultati degli esami «per la tutela della privacy» è semplicemente grottesca, dice per esempio in una lettera il professor Mario Mirri da Pisa. Ha ragione. I miei figli hanno fatto le elementari andando uno in prima a cinque anni con la sperimentazione Berlinguer, uno a sette perché è nato a febbraio e la Moratti stabiliva al 30 gennaio il limite di ingresso, uno col tempo pieno, uno coi moduli, uno con la settimana corta l’altro con la giornata breve. Posso dire con certezza che cambia solo il grado di nevrosi dell’organizzazione domestica. Di nevrosi e di bisogno: una donna su cinque, ci dicono le cifre di ieri, quando fa un figlio smette di lavorare.
A parte le implicazioni culturali e sociali (enormi) il danno è economico, vorrei dire a Tremonti: il lavoro femminile, per usare il linguaggio berlusconiano, «muove l’economia». Dal punto di vista della didattica però - dal punto di vista dei bambini - quello che conta non sono i voti né i grembiuli. Sono gli insegnanti, le persone. Va bene il grembiule, ha il vantaggio di non scempiare una maglietta al giorno col pennarello indelebile. Vanno bene i voti, i giudizi, il debito o il credito, l’esame a settembre: è lo stesso. Va bene persino farli alzare quando entra il maestro, se la palestra a scuola non c’è almeno si sgranchiscono le gambe.
Dev’essere chiaro questo, però: il taglio di 87 mila insegnanti non ha nessuna motivazione culturale. È il taglio di 87 mila stipendi, tutto qui. È un risparmio giocato sull’unica cosa che in Italia funziona ancora meglio che nel resto del mondo: la competenza la passione e il talento delle persone che lavorano nella scuola elementare. Un governo che fa economia sui maestri è irresponsabile. Fa quadrare oggi conti che pagheremo tutti noi domani. L’unica risorsa di cui disponiamo è il futuro. Risparmiare sulla pelle dei bambini è criminale.
Non sciupate il tempo a fare discorsi seri!
Ma che ne sa della scuola la povera Mariastella Gelmini! e dei bambini, degli insegnanti, dei posti di lavoro, della fame, della miseria, del sud, della questione meridionale, ...ministra per merito (demerito) o meglio voluntas del Cavaliere.
Riassumo: ho sognato, l’altra notte, che, seduti a convivio, piangevano e si battevano il petto De Sanctis, Segni, Gui, Gonella, Bodrato, Malfatti, Moro e altri, più in fondo, che non mi è dato conoscere in questo momento!