Cosmo de La Fuente

Cosmo de La Fuente, l’artista e opinionista più "porcello" del web, menestrello dell’ironia sull’hard, propone, per la serie "pompa magna", un pezzo metapompistico: "ignoranze funebri"

Pompe: da quelle orali a quelle funebri, il salto è grandissimo
martedì 8 maggio 2007.
 

Premesso che,come in ogni cosa,anche nel post mortem ci si affida a volte a seri professionisti altre volte a mediocri. Nel mondo delle ‘pompe funebri’ vi sono troppi furbetti che, per accaparrarsi il morto di turno, fanno proprio i ‘diavoli a quattro’. Nella foto allegata si vede il cartello dell’impresa appaltatrice del cimitero di Villar Dora, in provincia di Torino, su cui qualcuno ha cambiato le lettere e, anziché leggere ‘Girodo Corrado’, il vero nome dell’impresa, si legge ‘Giro o corro’, ignoranze funebri... Chissà se si tratta soltanto dello scherzo di un buontempone, della vendetta di un incazzatissimo cliente oppure di concorrenza spietata che di notte, scavalcando i cancelli cimiteriali, armati di torcia, cambiano i cartelli e gli epitaffi. Leggere questo cartello mi ha fatto pensare agli scandali delle pompe, quelle funebri, dopo un’accurata ricerca internettiana e qualche domanda in giro, dal vivo, mi sono reso conto che anche dopo morti si è vittime dello strapotere e dell’abuso dei soliti arruffoni che in vita hanno gestito tutto. Ci sarebbero dei medici rianimatori che vendono al miglior offerente i deceduti negli ospedali italiani. Esistono pochi casi in cui alcune famiglie rifiutano l’impresa funebre imposta e si rivolgono ad altre, che vengono maltrattate per questo e qualche volta minacciate. Proprio da ciò sono scattate molte denunce e l’intervento delle forze dell’ordine, ma il cammino è ancora arduo. Un caso che mi ha lasciato esterrefatto è quello di un personaggio che a Panza era molto in vista e una volta morto i familiari sono stati avvicinati, nel nosocomio, da un individuo che si è presentato come un agente delle pompe funebri contattato da un parente non identificato. I familiari del defunto, frastornati, hanno chiesto il nome del parente che l’aveva contattato, ma, non ricevendo risposta, hanno capito le intenzioni illecite e quindi l’hanno cacciato a male parole. Interpellata poi un’altra impresa questa, rispettando tutte le regole, e autorizzata dalla famiglia, decide di prelevare il defunto ma, alla stazione dei Carabinieri, perviene una denuncia di scomparsa di salma. La denuncia risulta firmata da dipendenti dell’ospedale ai quali, si scopre, era stata promessa una mancia premio se fossero riusciti ad assicurare il morto all’impresa ‘furba’. Morale della favola si scoprirà che un rianimatore riceveva 400 Euro per ogni morto dato in esclusiva. Non male no? Chissà se questo rianimatore, nell’esercizio della sua professione, in non desiderasse che i pazienti trattati tirassero un ultimo e redditizio respiro? C’è poco da stare allegri e occorre pregare di non finire mai nelle mani di gente del genere. Un cocktail micidiale di malasanità e mala morte insomma. Di casi simili ne è piena la storia dei funerali italiani. In Campania una buona percentuale di imprese funebri sarebbero in mano della malavita organizzata e della camorra, quindi la materia prima non mancherebbe mai. Dal produttore al consumatore: oggi li uccido e domani li sotterro, e i parenti mi pagano per averlo fatto secco. Che roba!! Signori andiamocene ai Caraibi finchè siamo in tempo, quando arriverà il nostro ultimo giorno meglio finire in pasto agli squali piuttosto che ricevere servizietti di questo tipo. Ho avuto modo di parlare con un impiegato di una nota e importante impresa funebre della Val di Susa, (tanto per cambiare) il quale mi ha raccontato che i titolari della ditta, stramilionari, spesso organizzano festini macabri, compleanni consumati nel magazzino delle casse dove, tra candeline e torte a forma di lapide, ballano, ridono, scherzano e si sdraiano nelle bare per farsi delle foto. Gentaglia che arriva persino a ridere sulle parole dei parenti dei defunti che hanno conosciuto in occasione di morte improvvise. Loro forse sono convinti di non dover morire mai. Chissà se non sarebbe preferibile nazionalizzare anche questo tipo d’attività. Non si può vivere sperando nella morte altrui. Come nella letteratura pirandelliana la gente si scomponeva al passaggio del calesse funebre quando il cocchiere, dimentico del suo ruolo reale e convinto di essere alla guida di una carrozza a noleggio per turisti, invitava a salire persone i passanti che, sconvolti dal presagio di morte, lo mandavano a quel paese, così ci possiamo sentire apprendendo che ospedali e imprese funebri si accordano sulla nostra pelle per un lauto guadagno. Tocchiamo ferro, grattiamoci i testicoli e facciamo pure tutti gli scongiuri del caso, soprattutto quelli napoletani, non solo al passaggio di un carro funebre ma anche se ci capiterà di conoscere qualcuno che lavorando in ospedale s’intrattiene a chiacchierare con qualche impresario. Saluti e baci.

Cosmo de La Fuente

www.cosmodelafuente.com


La foto incriminata, scattata da Cosmo
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