Editoriale

Concertone del Primo maggio: teatro di ipocrisia venduta apparentemente gratis. Sullo sfondo, la divisione della sinistra e i giochetti di Ferrando

sabato 5 maggio 2007.
 

Ermanno Bencivenga mi ha di recente richiamato sulla divisione della sinistra italiana. Con l’estremismo e la ricerca della coerenza, ci si divide. Ma anche con l’allontanamento, leggi Partito democratico, dall’idea d’una sinistra che riformi.

La politica è mediazione. Mi pare, però, che questa banalità si legga spesso come se fosse così: la politica è centrismo.

D’Alema ha rinunciato da tempo a riformare l’ex Partito comunista in linea con lo spirito della sua storia. Sono hegeliano, attenzione.

Bertinotti sta ora comodo e quieto perché intasca lilleri e lodi. La Cgil strizza l’occhio ai veri poteri forti, alla grande industria italiana che si multinazionalizza in Cina e nei paesi pezzenti.

In un quadro del genere, il concerto del Primo maggio non può che essere letto come l’ennesimo strumento, tra i più forti, di cui dispongono i progressisti-centristi-filocapitalisti oggi al potere.

Ho molta rabbia per le illusioni ai tanti giovani che arrivano ogni anno in Piazza San Giovanni, a Roma.

Al concertone, fra canzoni come la sicilianissima "Che ti lamenti" e musiche che non c’azzeccano un tubo, si respira un’aria di pluralismo e di trascendenza globalistica. Ma è solo una parvenza.

Il mio amico Francesco Basile, un comunista serio e integrale, non ci va più da un pezzo. E pensare che anni fa fece otto chilometri a piedi, con tanto di bandieroni e icona del Che, per assistere al concertone.

Magari Federico La Sala ora s’alzerà dalla sedia, non so. Ma mi aspetto un suo intervento, al solito critico e utile.

Dico che è arrivato il tempo per fare una valutazione reale di come sta andando la politica. E di agire di conseguenza.

A proposito, avete sentito che cosa ha combinato il tanto coerente Marco Ferrando?

Fuori da Rifondazione Comunista, stava fondando un nuovo partito. Ma, resosi conto che c’erano in mezzo tanti potenziali diversi, in senso politico, ha pensato bene di chiederne ufficialmente l’uscita. Tanto per dire come ci siamo ridotti a sinistra.

E mentre il Manifesto e gli analoghi tacciono, a corte dei prodi cavalieri, il professor Ferrando, dopo essere apparso varie volte dal simpatico e bravo Enrico Mentana, non pensa che a sinistra c’è almeno un 20% di scontenti, in ambito nazionale, e che occorre dare a questo popolo una voce e una rappresentanza?

No, è evidente: gli importa solo del suo personaggio.

Ma, come si dice, c’è tanta voglia di Dc, nel nostro paese. E, allora, via col Primo maggio dedicato ai lavoratori caduti - bravi, sindacati! -, quando, poi, non si dice una sola parola, nelle sedi proprie, sulle tragedie, lo sfruttamento, il precariato e la disumanità di questo (nostro) squallido sistema occupazionale.

Aveva ragione Gianni Vattimo a chiedere a Sky una rubrica dal titolo "Il coglione sinistro". Forse potrebbe essere il nome d’un partito non elitario e non funzionale ai ricchi.

Emiliano Morrone


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