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DA CAGLIARI A PARIGI. SENZA CALCOLI, UN SUCCESSO. "Mal di pietre" di Milena Agus. Un romanzo sulla "Bovary sarda" è stato definito in Francia - a cura di Federico La Sala

domenica 8 aprile 2007.
 
[...] "Mal di pietre è una storia d’amore, certo, ma è anche una storia sul potere delle vocazioni nella vita delle persone. Il padre dell’io narrante è un pianista. Mentre suona, non si accorge nemmeno che in tv stanno trasmettendo lo sbarco sulla Luna. E la potenza di una ispirazione può essere tanto maggiore quanto più viene repressa: la Nonna manifesta fin da piccola una vocazione letteraria, ma visto che non le è permesso di continuare a studiare, e a scrivere, reagisce con la follia. O forse solo con un’esacerbata fantasia. La domanda cui volevo dare una risposta è: "Siamo più felici quando stiamo nel mondo della fantasia o quando stiamo in quello della realtà?". Perché è vero che la fantasia aiuta a vivere meglio, ma più spesso è la realtà a salvarci dalla fantasia" [...]

-  CASI LETTERARI / Le Monde l’ha definita la "Bovary sarda". E Mal di pietre di Milena Agus, ha conquistato la Francia. Più dell’Italia

-  In viaggio con la folle Nonna

di Francesca Frediani (la Repubblica/D, n. 542, 31.03.2007)

Su mali de is perdas, sono i calcoli renali. Per togliersi quei "sassi nella pancia", per curarli e riuscire così ad avere figli, la protagonista di Mal di pietre di Milena Agus è costretta ad affrontare un lungo viaggio, dalla Sardegna fino alle terme. Che sono "nel continente", un’Italia in faticosa ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale, dove lei avrà una sorpresa.

Uscito in sordina lo scorso settembre per la piccola ma raffinata Nottetempo di Ginevra Bompiani e Roberta Einaudi, questo libro è passato inosservato in Italia, dove solo la trasmissione culturale Fahrenheit di Radiotre l’ha visto eleggere "libro di gennaio" dai suoi ascoltatori. In compenso, Mal de pierres (Edizioni Liana Levi, 2007) ha immediatamente conquistato la Francia, dove le vicende della Nonna dell’io narrante, bellissima e "matta", che fa scappare i suoi pretendenti per la prorompente passionalità, e del marito e del misterioso Reduce, hanno entusiasmato critica e lettori. Nel giro di poche settimane il libro ha venduto 30 mila copie ed è schizzato in terza posizione nella classifica della letteratura straniera.

"Dov’era prima questa Agus? Cosa faceva, nell’ombra, di tutto il suo talento?", si è chiesto Le Monde. Non è finita qui: il romanzo sulla "Bovary sarda", come lo ha definito Le Nouvel Observateur, potrebbe diventare presto un film. Abbiamo cercato Milena Agus, che risponde da Cagliari, dove insegna italiano e storia all’istituto tecnico Meucci.

Signora Agus, qual è stata la sua reazione al successo in Francia?

"Un poco d’ansia, innanzitutto, perché mi trovo in situazioni completamente nuove: le presentazioni del libro, gli inviti ai festival letterari come Francoforte e Montpellier. È dura per una come me, abituata a vivere appartata, a frequentar gli stessi amici da una vita. Figuriamoci, i miei studenti non sanno neppure che ho scritto dei libri, mi imbarazza saperli intenti a leggere le scene di sesso che ho immaginato. E poi la qualifica di scrittrice mi fa paura: comporta una grande responsabilità. Preferisco considerarmi semplicemente una che scrive. Però sono felice e orgogliosa che il romanzo abbia avuto successo proprio in Francia, soprattutto perché mio figlio Alberto vive a Parigi. Ha 24 anni ed è un musicista, come lo sono molti dei miei personaggi".

Come spiega la follia della Nonna?

"Mal di pietre è una storia d’amore, certo, ma è anche una storia sul potere delle vocazioni nella vita delle persone. Il padre dell’io narrante è un pianista. Mentre suona, non si accorge nemmeno che in tv stanno trasmettendo lo sbarco sulla Luna. E la potenza di una ispirazione può essere tanto maggiore quanto più viene repressa: la Nonna manifesta fin da piccola una vocazione letteraria, ma visto che non le è permesso di continuare a studiare, e a scrivere, reagisce con la follia. O forse solo con un’esacerbata fantasia. La domanda cui volevo dare una risposta è: "Siamo più felici quando stiamo nel mondo della fantasia o quando stiamo in quello della realtà?". Perché è vero che la fantasia aiuta a vivere meglio, ma più spesso è la realtà a salvarci dalla fantasia".

Secondo lei che tipo di difficoltà incontrava una donna che voleva diventare scrittrice nella Sardegna della prima metà del Novecento?

"Le risponderò con un esempio concreto. Mia madre era bravissima a scuola, soprattutto in italiano. Il suo maestro andò di persona a chiedere ai miei nonni di permetterle di continuare a studiare. Ma in paese le scuole non c’erano e loro non avevano le possibilità economiche per mandarla in collegio a Cagliari. Però le similitudini tra mia madre e il personaggio del libro finiscono qui. Per il resto, "la Nonna" è ispirata piuttosto a me: e spesso mi sono chiesta come mi sarei comportata se fossi nata nel 1910 in un paesino sardo. Io scrivo per capire alcune cose, perché i personaggi, una volta creati, camminano con le loro gambe, e danno una risposta alle domande da cui sono nati".

Quindi che risposte si è data?

"Credo che anch’io mi sarei comportata come la Nonna. Certo non sarei arrivata a ferirmi sulle braccia, o a tagliarmi i capelli "come una rognosa"; ma avrei sognato l’amore nel suo stesso modo. La verità è che lei ha amato il marito, a dispetto di tutto. Anche se non sembra".

Il libro fa spesso riferimento al piano di rinascita della Sardegna, definendolo sbagliato, e alle ondate migratorie verso il "continente".

"Dopo la Seconda guerra mondiale, in Sardegna l’idea iniziale era quella di utilizzare i fondi della Cassa per il Mezzogiorno comprando terra da dare agli agricoltori. Invece, alla fine quei soldi furono destinati all’industrializzazione: vennero costruiti impianti mostruosi, cattedrali nel deserto che non avevano nulla a che fare con la nostra tradizione. Hanno inquinato il territorio e non sono servite a nulla. Infatti i picchi di ondate migratorie dall’isola si ebbero proprio negli anni Sessanta, e nonostante le nuove industrie".

Si riconosce nella tradizione della letteratura sarda, da Grazia Deledda a Salvatore Niffoi?

"In realtà sono nata a Genova perché mio padre era militare di Marina. Però vivo a Cagliari dai tempi delle medie, e la mia famiglia è sarda da generazioni. Detto questo, più che la scrittura credo che con Deledda e Niffoi ci accomuni un modo di "sentire" il mondo, di guardare le cose, un po’ da estranei. Noi pensiamo a qualsiasi cosa mettendoci il mare di mezzo. L’isolamento fisico crea una sorta di straniamento, soprattutto per chi vive nell’interno dell’isola: in una città di mare come Cagliari queste cose si sentono già meno. In generale, i miei personaggi hanno problematiche diverse dai pastori della Deledda o di Niffoi. Che tra l’altro adoro, e seguo da quando non era ancora famoso".

Quali sono i suoi modelli letterari?

"Ho letto e riletto Lessico famigliare di Natalia Ginzburg. Un vero faro, per la capacità di parlare dell’universale partendo dal particolare, dalle cose più piccole e umili. Ma senza ombra di minimalismo: nel suo straccio per lavare per terra, nella sua minestrina, c’è il mondo. Amo la Ginzburg anche per l’ironia. Quando qualcuno mi dice che si è divertito a leggere qualcosa che ho scritto, per me è il complimento più bello. Un altro modello è il Salinger del Giovane Holden".

Mal di pietre è il suo secondo romanzo. Di cosa tratta il primo, Mentre dorme il pescecane?

"È la storia di una famiglia squinternata, "sarda dal paleolitico superiore", dove tutti inseguono qualcosa. Il babbo insegue i problemi del mondo, e scappa in Sudamerica lasciando la famiglia. La zia insegue i fidanzati, che fuggono sempre. La mamma insegue l’idea di un mondo migliore, ma finisce male, perché un mondo migliore non esiste. La ragazzina-io narrante si rifugia nel mondo della scrittura, mentre il fratellino trova conforto nella musica. Il pescecane è la vita, quando dorme puoi scivolare fuori dalla sua bocca tra un dente e l’altro. Mandai il manoscritto a Nottetempo dopo aver letto un articolo sul Venerdì di Repubblica, a proposito di questa casa editrice che pubblica libri maneggevoli e dai caratteri grandi, pensati per la lettura notturna. L’avevo nel cassetto da un poco. Il titolo del pescecane che "dorme" mi sembrava adatto alla filosofia editoriale e soprattutto al nome della casa. Quando ricevetti la telefonata di Ginevra Bompiani, però, pensai a uno scherzo".

In Francia si parla già di produttori che vogliono i diritti di Mal di pietre per farne un film. Chiudendo gli occhi e provando a sognare, chi vedrebbe come regista e interpreti del film?

"Per dirigere il film vorrei Enrico Pau, il regista sardo di Pesi leggeri e Jimmy della collina. Nelle due parti maschili, vedrei bene Luca Zingaretti e Gérard Depardieu. E per la Nonna, il massimo sarebbe Sophia Loren da giovane".


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