Cronaca

La Patrizio confessa: ora l’accusa è di omicidio volontario aggravato. Isabella Bossi Fedrigotti, sul Corriere della Sera, chiede pietà per la donna

Non si tratta di infanticidio per rimuovere un ostacolo al successo. Scongiuriamo l’ipotesi che sia infanticidio per arrivare a una popolarità strapagata
venerdì 27 maggio 2005.
 

Il Corriere della sera s’abbaglia, qualche volta. E noi dobbiamo ripensare alle nostre parole di ieri. Maria Patrizio, Mary per la stampa, ha confessato, in modo confuso, il proprio coinvolgimento nella morte del figlio Mirko, un bimbo di cui non ho letto sopra i giornali. Continuo a vedere, fra stampati e audiovisivi, ragionamenti sopra la ragazza, Maria, debole, incerta, battuta dal «magistero della tv» - per Isa Fedrigotti, sul Corsera di oggi -, lo stesso che potrebbe garantirne il successo ontologico e, magari, editoriale. Le ricostruzioni degli inquirenti, che proseguono, hanno falsificato le sue strane dichiarazioni iniziali e hanno progressivamente allontanato l’ipotesi d’un ladro e di rapporti causali che, dal tentativo di rapina, avrebbero potuto determinare, per le prime supposizioni, il decesso di Mirko. La Scientifica non ammette controdeduzioni, di solito, anche davanti a un maestro d’esperienza come Taormina. E lo Stato ha fatto presto a montare i pezzi e rappresentare oggettivamente la dinamica del fatto, servendosi persino d’un bambolotto. Lo ha fatto il medico legale, Paolo Tricomi, che ha rilevato il segno della mano destra della mamma, sul capo di Mirko. Ma, dando al crimine il peggiore degli statuti o la più inimmaginabile efferatezza potenziale, era facile concludere, nella fattispecie, che un ladro qualsiasi, anche un demone, avrebbe ceduto davanti a un bimbo morente, a una creatura che sicuramente ha segnalato il suo dolore e l’agonia, non solo per la sofferenza fisica. Sono in totale disaccordo con la Fedrigotti, che, nel suo corsivo odierno sul caso, invita alla pietà e a non giudicare Maria Patrizio per la sua foto ammiccante, quanto scontata, assai indicativa, eloquente, esplicativa, invece. Se si vuole capire qualcosa di questo orribile episodio, bisogna guardare - mi venga incontro Vittorio Messori - a come la giovane si vedesse madre. E, magari, messo da parte quell’inattuale progressismo subitaneo della Fedrigotti, alla sua maternità. E capire, quindi, se, in coscienza, fosse consapevole la scelta d’un figlio, un atto d’amore, un progetto d’autenticità. O se, piuttosto, non fosse, nato il bimbo, qualcosa a cui abituarsi: non già un errore ma l’effetto di un’azione senza troppe riflessioni né problemi sulla responsabilità personale nel tempo. Io ho molto l’impressione che nel guardarsi in foto, la Patrizio si vedesse guardata (da un pubblico di individui desideranti e, nel senso più ampio, paganti). Ciò, ovviamente, non significa qualcosa sul piano della disciplina penale né comporta speciali ammende nella sfera dell’etico. Nel suo testo, la Fedrigotti parla di «penosi sogni indotti da certa tv». Riconosce, quindi, un rapporto psicologico di causa-effetto fra i contenuti d’una televisione (universale) e le comuni proiezioni individuali. Dopo, ci rivolge un appello alla pietà. Potremmo cristianamente sforzarci di comprendere, comunque, un dramma umano che sappiamo riguardare pure il suo protagonista, l’artefice, e che ci arriva, in seconda battuta, di là dalla sua spettacolarità. Ma, francamente, la pietà è un sentimento che ha pure delle ragioni politiche: teologia a parte, si può sempre inserire in un discorso di classi, sfruttamento economico e umano e giustizia sociale. Crediamo che i mezzi di comunicazione, l’America ricca insegna, stanno facendo passare bene questo messaggio: il successo può arrivare da un apparente insuccesso, dalla volontà di annientarlo, dalla capacità di eliminarne la sua rappresentazione materiale. Anzi, il risvolto più clamoroso - e prevedibile - è proprio la popolarità produttiva di redditi capitali conseguente a una risolutezza promossa. La pietà, per noi, è verso i più deboli, verso quanti non hanno i mezzi per opporsi a un sistema produttivo disumano e schiacciante. Non può essere, invece, per chi, adulto, non ne intende i pericoli e vi si inserisce in modo ambiguo o, non sappiamo ancora e rifiutiamo finché si può, col calcolo opportunistico. Non riteniamo affatto, si tranquillizzi la Fedrigotti, che la Patrizio abbia commesso un infanticidio per liberarsi di una zavorra, di un ostacolo al successo. Ma non ci sfiora neppure l’idea che si arrivi a sopprimere una parte di sé, un figlio, per quella crisi interiore, scientificamente ratificata, che la donna deve affrontare dopo il parto.

Emiliano Morrone


Kristian Magni e Maria Patrizio - In foto, i genitori di Mirko, il bimbo ucciso inspiegabilmente
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