La morte della religiosa uccisa ieri in Somalia nella ricostruzione di una consorella
"Sudava freddo, mi ha stretto la mano e ha detto tre volte perdono"
"Leonella si è spenta come una candela"
Suor Marzia racconta gli ultimi istanti
Ancora incerto il movente dell’agguato avvenuto ieri a Mogadiscio
La nunziatura del Kenya: "Nessuna prova di un collegamento con le parole del Papa" *
ROMA - "Perdono, perdono, perdono". Suor Leonella Sgorbati, la religiosa uccisa ieri a Mogadiscio, è morta pronunciando queste parole e stringendo la mano alla consorella Marzia Feurra. A raccontarlo è stata la stessa suor Marzia in un’intervista alla Misna, l’agenzia di stampa dei missionari cattolici nella quale ricostruisce gli ultimi istanti di vita di suor Leonella Sgorbati, al secolo Rosa Sgorbati.
"Erano nascosti tra le macchine parcheggiate lungo la strada che divide l’ospedale pediatrico e il villaggio ’Sos’ dove vivono le suore missionarie della Consolata di Mogadiscio. Erano due uomini e sono sbucati all’improvviso, aprendo contemporaneamente il fuoco contro suor Leonella e la guardia che, come di consueto, ci scorta quando attraversiamo la strada", ha raccontato suor Marzia, missionaria della consolata in Somalia dai tempi dell’ex-dittatore Siad Barre.
"Ero in casa - ha rievocato ancora la religiosa - e ci stavamo preparando per il pranzo, quando abbiamo sentito lunghe raffiche di mitra provenire dalla strada. Ci siamo stupite perché era da qualche giorno che non sentivamo più colpi di arma da fuoco. Proprio mentre parlavamo di questo un ragazzo è entrato ad avvertirci di quello che era accaduto. Ci siamo precipitate fuori mentre caricavano suor Leonella su una barella".
L’agguato è avvenuto a soli tre metri dal cancello della scuola che, come quello del villaggio ’Sos’, è protetto da due uomini armati. Secondo alcune fonti, le guardie avrebbero risposto al fuoco degli assalitori. "Abbiamo seguito la barella e siamo entrati nell’ospedale - ha proseguito suor Marzia - dove Leonella è stata subito sdraiata in sala operatoria. Gli addetti hanno portato 4 o 5 sacche di sangue, ma tanto ne mettevano, tanto ne usciva. E’ stata colpita sette volte e perdeva molto sangue. Quando è arrivato il chirurgo ci ha detto che non c’era più niente da fare".
"Suor Leonella era ancora viva, sudava freddo. Ci siamo prese per mano - ha raccontato ancora suor Marzia - ci siamo guardate e, prima di spegnersi come una candelina, per tre volte mi ha ripetuto perdono. Perdono, perdono, perdono...Queste sono state le sue ultime parole".
Resta per il momento sconosciuto il movente dell’omicidio. La stampa somala questa mattina ha collegato il delitto alla rabbia scatenata nel mondo islamico dalle parole di papa Benedetto XVI contro Maometto, ma in un nota la nunziatura del Kenya sottolinea che al momento non ci sono elementi certi per attribuire l’uccisione di suor Leonella al fanatismo religioso.
"Purtroppo - aggiungono dalla nunziatura - non è la prima volta che missionarie cattoliche operanti in Somalia subiscono minacce. Senza dimenticare, poi, che un’altra operatrice di pace, Annalena Tonelli, è stata uccisa l’anno scorso. In Somalia la situazione non è affatto semplice e le autorità spesso non mostrano un atteggiamento benevolo nei confronti dei religiosi cattolici".
Intanto anche la magistratura italiana si è messa in moto. Il procuratore aggiunto della procura di Roma, Italo Ormanni, che ha aperto un’inchiesta per omicidio volontario sull’uccisione in Somalia di suor Leonella, sta verificando la notizia secondo cui due persone sarebbero state arrestate perché ritenute responsabili, prima di decidere quali iniziative intraprendere contro di loro. Il magistrato è in attesa, inoltre, di un’informativa della Digos che ricostruisca la dinamica dei fatti.
* la Repubblica, 18 settembre 2006
Le ultime parole di Suor Leonella: «Perdono»
Il corpo è giunto in serata a Nairobi in aereo, accompagnato dalle due consorelle che erano con lei nella capitale somala *
ROMA. Le ultime parole di suor Leonella sono state un’invocazione per il perdono. «Era ancora viva, sudava freddo» ha raccontato all’agenzia missionaria Misna suor Marzia, una delle consorelle della religiosa uccisa in un agguato a Mogadiscio, «ci siamo prese per mano, ci siamo guardate e prima di spegnersi come una candelina, per tre volte mi ha detto: ’perdono, perdono, perdonò». Fonti dell’agenzia a Nairobi hanno fatto sapere che il funerale di suor Leonella sarà giovedì alle 10 nella chiesa della Consolata nella capitale kenyota.
LA TESTIMONIANZA DI SUOR MARZIA
Gli aggressori, ha raccontato suor Marzia Feurra, missionaria della Consolata in Somalia dai tempi dell’ex- dittatore Siad Barre, «erano nascosti tra le auto parcheggiate lungo la strada che divide l’ospedale pediatrico dal villaggio ’Sos’, dove vivono le suore. «Due uomini sono sbucati all’improvviso, aprendo il fuoco contro suor Leonella e la guardia che, come di consueto, ci scorta quando attraversiamo la strada» ha ricordato.
L’agguato teso ieri alle 12 (le 11 in Italia) ha sorpreso le religiose, in una Mogadiscio dove da qualche tempo sembrava tornata la calma. «Ero in casa e ci stavamo preparando per il pranzo, quando abbiamo sentito lunghe raffiche di mitra provenire dalla strada« ha aggiunto suor Marzia, «un ragazzo è entrato ad avvertirci di quello che era accaduto. Ci siamo precipitate fuori mentre caricavano suor Leonella su una barella». Gli aggressori, ha detto la missionaria alla Misna, conoscevano bene le abitudini delle suore e sapevano che l’attraversamento della strada era l’unico momento per colpire.
Sia la struttura del villaggio che quella dell’ospedale sono ben protette: il cancello della scuola, come quello del villaggio Sos, è sorvegliato da due uomini armati. Proprio le guardie, secondo alcune fonti, hanno risposto al fuoco e si sono lanciate all’inseguimento degli aggressori, catturandone uno. Suor Leonella era l’unica missionaria della Consolata che lavorava la domenica: il suo giorno di riposo era il venerdì, come quello dei suoi studenti musulmani.
Come gli altri giorni si era alzata presto per preparare la lezione e a mezzogiorno aveva salutato i ragazzi e stava rientrando a casa per il pranzo. «Abbiamo seguito la barella e siamo entrati nell’ospedale» ha aggiunto suor Marzia, »in sala operatoria sono state portate 4 o 5 sacche di sangue, ma tanto ne mettevano, tanto ne usciva. È stata colpita sette volte e quando è arrivato il chirurgo ci ha solo potuto dire che non c’era più niente da fare«.
LA RABBIA E IL DOLORE
In pochi minuti l’ospedale si è riempito di gente: tutti volevano sapere come stava suor Leonella. «Quando mi sono affacciata fuori dall’ospedale ho visto la strada piena piena di gente» ha raccontato suor Marzia ai volontari di ’Sos Italià, «tutti erano in silenzio, con gli occhi bassi.
Mi sono commossa e sono scoppiata in lacrime. Leonella ha amato la Somalia e la Somalia ha amato Leonella». Nulla, nei giorni precedenti l’agguato, lasciava presagire ciò che sarebbe successo. «Siamo sempre state aiutate e protette dalla popolazione di Mogadiscio» ha detto la suora, «ogni tanto, nei periodi turbolenti, arrivavano delle persone del posto e ci avvertivano di abbandonare le attività: in cinque minuti eravamo già lontano. Oppure, in altre situazioni di crisi, ci dicevano di stare tranquille, che non c’erano rischi reali per noi. Ma questa volta tutto è stato così fulmineo, repentino, che non abbiamo potuto reagire. La situazione in Somalia è sempre a rischio: ma noi siamo missionarie, la nostra ragione di vita è quella di servire i poveri a costo della nostra vita e non abbandoniamo chi ha bisogno solo perchè ci sono delle difficoltà».
Alcuni anni suor Marzia fu rapita e fu proprio la popolazione di Mogadiscio a ottenere la sua liberazione. «Le persone hanno reagito al mio rapimento con tale veemenza, furore e una ferrea opposizione a tale sopruso, che persino i rapitori si sono spaventati e mi hanno liberata» ha raccontato, «La gente è stata una forza incredibile. Per questo mi sento di dire che il bene non è perso, nonostante questo dramma». Il funerale sarà celebrato da monsignor Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio. La salma verrà sepolta il giorno stesso nel cimitero della Consolata all’interno del Nazareth Hospital, alla periferia di Nairobi. Le altre tre religiose della Consolata: suor Marzia, suor Annalisa e suor Gianna Irene, sono già a Nairobi con i responsabili dell’associazione internazionale "Sos".
* www.lastampa.it, 18.09.2006)
SOMALIA: SUORA UCCISA, CONDANNA TRIBUNALI ISLAMICI *
MOGADISCIO, 17 SET - I Tribunali islamici somali che controllano Mogadiscio hanno condannato «il barbaro assassinio» della religiosa cattolica italiana, uccisa da uomini armati in un ospedale nel sud della capitale somala. «Noi condanniamo l’assassinio di questa religiosa», ha detto lo sceicco Muktar Robow, vice responsabile per la sicurezza del Consiglio supremo islamico di Somalia (Sics). «È un atto barbaro e contrario agli insegnamenti dell’Islam (...) noi siamo desolati per quello che è accaduto». «Uno dei due uccisori - ha precisato Robow - è in prigione (...). Noi speriamo di arrestare presto anche il secondo uomo». (ANSA-AFP).
* www.ildialogo.org, Lunedì, 18 settembre 2006
Piccardo (UCOII), addolorati per uccisione suora *
SOMALIA: PICCARDO (UCOII), ADDOLORATI PER UCCISIONE SUORA = I CHIARIMENTI DEL PAPA PONGONO FINE A POLEMICA Imperia, 17 set.
-(Adnkronos/Aki) - «Sono addolorato per l’uccisione della suora italiana in Somalia ed esterrefatto per la speculazione politica che si sta montando sulle spoglie di questa vittima»: è questa la prima reazione di Hamza Piccardo, portavoce dell’Unione delle comunità islamiche in Italia (Ucoii) alla notizia dell’uccisione di suor Leonella avvenuto questa mattina a Mogadiscio. «Mentre improbabili personaggi somali vengono accreditati come esponenti islamici di rilievo - afferma Piccardo - per rivendicare un omicidio che non può avere nessuna giustificazione religiosa, ribadiamo il nostro appello affinchè cessi ogni agitazione anticristiana in tutti i paesi islamici». Secondo l’esponente della più importante organizzazione islamica italiana, i chiarimenti forniti oggi da Papa Benedetto XVI sono sufficienti per porre fine a qualsiasi polemica.
Per questo il portavoce dell’Ucoii chiede ai musulmani di tutto il mondo di porre fine a qualsiasi dimostrazione di protesta. «Se mai una civile espressione di dissenso poteva avere un senso fino a ieri - aggiunge Piccardo - oggi le precisazioni della segreteria di Stato e le parole del Papa all’Angelus dovrebbero essere sufficienti per chiudere la questione. In questo contesto ogni violenza di cui siano vittime le persone, le istituzioni, i luoghi di culto o i simboli cristiani si configura come provocazione contro la comunità islamica nel suo insieme e contro la pace. Alla famiglia della suora uccisa, alle sue consorelle e a tutti i cristiani porgiamo le nostre sincere condoglianze». (Ham/Pe/Adnkronos) 17-SET-06 17:43 NNN
* www.ildialogo.org, Lunedì, 18 settembre 2006
Un appello di pace
per l’Africa
Beatificata la suora missionaria Leonella Sgorbati *
Il martirio di suor Leonella Sgorbati «invita a deporre le armi e a trasformarle in strumenti di lavoro e di pace» nella «terra somala, prima pacifico territorio dell’Africa orientale, oggi luogo di desolazione e di morte». Lo ha sottolineato il cardinale Angelo Amato, durante la beatificazione della suora missionaria della consolata uccisa in odium fidei a Mogadiscio nemmeno dodici anni fa.
Sabato mattina, 26 maggio, nella cattedrale di Piacenza, il prefetto della Congregazione delle cause dei santi ha presieduto il rito in rappresentanza di Papa Francesco. Si è trattato della prima beatificazione nella diocesi di Piacenza-Bobbio, dove Rosa, questo il suo nome al secolo, era nata il 9 dicembre 1940. «Il martire cristiano - ha detto il porporato all’omelia - non è un fanatico distruttore, ma un messaggero di fraternità umana, di carità, di perdono». In proposito il cardinale Amato ha ricordato come negli ultimi decenni la presenza della Chiesa cattolica in Somalia sia «stata brutalmente cancellata: con la cacciata dei missionari, con la repressione dei fedeli e con le uccisioni cruente e ingiustificate di testimoni della fede». Come, ha ricordato, «monsignor Salvatore Colombo, primo vescovo di Mogadiscio; il missionario francescano Pietro Turati; il medico Graziella Fumagalli, direttrice del centro antitubercolare della Caritas italiana; la missionaria laica Annalena Tonelli, fondatrice di opere a favore di sordomuti e di bambini disabili». E, ha aggiunto, «suor Leonella fa parte di questo corteo di benefattori dell’umanità povera e bisognosa, uccisi in odio alla fede cristiana». Proprio lei che «aveva sempre desiderato si avverassero le parole del canto: “Signore con cuore semplice e gioioso ho dato tutto”».
Papa: suor Leonella morì perdonando
Saluto in lingua polacca da Castel Gandolfo
(www.lastampa.it, 24.09.2006)
CITTA’ DEL VATICANO. Prima di recitare l’Angelus, il Papa ha oggi voluto ricordare Suor Leonella Sgorbati, la suora assassinata a Mogadiscio, in Somalia, alcuni giorni fa.
Benedetto XVI, affacciatosi al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, ha menzionato i «tanti cristiani che, con umiltà e nel silenzio, spendono la vita al servizio degli altri a causa del Signore Gesù, operando concretamente come servi dell’amore e perciò ’artigianì di pace».
«Ad alcuni -ha detto Ratzinger- è chiesta talora la suprema testimonianza del sangue, come è accaduto pochi giorni fa anche alla religiosa italiana Suor Leonella Sgorbati, caduta vittima della violenza.
Questa suora, che da molti anni serviva i poveri e i piccoli in Somalia, è morta pronunciando la parola ’perdonò: ecco la più autentica testimonianza cristiana, segno pacifico di contraddizione che dimostra la vittoria dell’amore sull’odio e sul male».
A MARIA FAMIGLIE ADOTTIVE E CASE-FAMIGLIE
«A Maria affidiamo tutti coloro che hanno cura dei bambini, e singolarmente le famiglie adottive e le case-famiglie». È il pensiero che Papa Benedetto XVI ha voluto rivolgere questa mattina al termine dell’Angelus recitato da Castel Gandolfo, prendendo spunto dalla liturgia odierna: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me». Salutando in lingua polacca, il Papa ha così affidato a Maria tutti coloro che lavorano con i bambini.
L’AMORE UMANO INGANNATO DALL’EGOISMO
L’uomo «spesso sbaglia nei modi concreti di amare, e così da una tendenza all’origine positiva, inquinata però dal peccato, possono derivare intenzioni e azioni cattive». Benedetto XVI è tornato oggi ad affrontare il tema dei limiti dall’amore umano, al centro della sua enciclica ’Deus caritas est’ citando la Lettera di san Giacomo letta nella messa di oggi.
«Dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è - ha ricordato - disordine e ogni sorta di cattive azioni. La sapienza che viene dall’alto invece è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialitaj, senza ipocrisia».
«Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace», ha ricordato ancora il Papa citando San Giacomo. Infatti, «la logica del Cristianesimo - sono state ancora le parole del Pontefice - risponde alla verità dell’uomo creato a immagine di Dio, ma al tempo stesso contrasta con il suo egoismo, conseguenza del peccato originale.
Anche il Vangelo di Marco, mette in risalto il forte contrasto tra la sua mentalità e quella dei dodici Apostoli, che non solo non comprendono le parole del Maestro e rifiutano nettamente l’idea che Egli vada incontro alla morte ma discutono - ha concluso Papa Ratzinger - su chi tra loro si debba considerare il più grande».
LE ESEQUIE
È stata sepolta nel cimitero della Consolata insieme con altri religiosi che, come lei, hanno dato la loro vita per il continente. L’omaggio al somalo, musulmano, morto nel tentativo di salvarla
Suor Leonella ora riposa nella «sua» Africa
I funerali a Nairobi. La madre superiora: «Ci lascia la sua opera e la sua testimonianza»Un migliaio di persone alla cerimonia di addio. Presenti autorità locali ed europee Il libro delle condoglianze si riempie di firme e messaggi: «Salama», pace.
Dal Nostro Inviato A Nairobi Claudio Monici (Avvenire, 22.09.2006)
La maggior parte è a piedi nudi. Ma qualcuno calza scarpette usate, anche più d’una volta, da quelli che ce l’hanno fatta a diventare grandi. Sono i bambini figli delle raccoglitrici di tè, ma anche orfani, che l’anziana suor Marcolina, nonostante gli acciacchi dell’età, si sforza nel sostenere come può, per permettere loro di frequentare la scuola elementare dei poveri. I bambini nelle loro divise verde arancione, un poco confusi dalla presenza di tutta quella gente che si fa attorno alla bara bianca, intonano un dolce canto mentre sventolano ramoscelli di bouganville viola. Il furgone funebre con il feretro di suor Leonella Sgorbati, assassinata a Mogadiscio, preceduto da quattro consorelle che portano la croce di legno bianca, imbocca il vialetto di acciottolato.
Seguito dal mesto corteo di addio, il convoglio gira attorno all’ospedale Nazareth per fermarsi nel cimitero della Consolata. La fossa è già scavata. Tutto intorno, dove è ammonticchiata la terra rossa, fresca e argillosa, ci sono ottantanove sepolture che raccontano la storia di altre religiose, di due sacerdoti e una laica che hanno donato la vita per l’Africa. Le lapidi testimoniano di esistenze che si sono spente anche a più di 100 anni di età. Viene intonato un Salve Regina, mentre si sente il fruscio delle robuste corde di canapa fissate alle maniglie della bara che poi sarà fatta calare nella buca. Nell’aria c’è il profumo dell’erba appena tagliata, e poco più in là si sente il muggire dei bovini che pascolano. Tutto attorno, seppure siamo a 2100 metri d’altezza e c’è freddo portato da pesanti nuvole, sono colline e piantagioni di tè che fanno sembrare questo angolo di Kenya a trenta chilometri da Nairobi un pezzo di Paradiso. Di colpo, ma è un attimo, è come se tutti si sentissero disorientati. Improvviso, cala il silenzio. Solo il frusciare di un eucalipto accompagna quel ritmico tonfo che fa la terra rossa mentre viene lasciata cadere sul feretro da mani che tremano di dolore. Gli occhi si rie mpiono di lacrime. Poi gli operai useranno i badili. «La morte è un passaggio della vita. La fede ci sostiene. È la separazione umana che si fa sentire, che trafigge i cuori e fa gonfiare gli occhi. Soprattutto quando avviene in modo violento e improvviso.
Di suor Leonella resta la sua opera e la sua testimonianza che in Somalia andava al di là dello spirito umanitario. E poi non dimentichiamo che con lei è stato ucciso anche un somalo, musulmano. Morto nel tentativo di salvare la vita a una cristiana. Forse da questo episodio può nascere un dialogo. Il Signore lavora, lo sentiamo e lo vediamo ogni giorno. Certamente Lui a volte è drastico nei suoi disegni per farci capire che cosa vuole da noi», sono le parole che la madre superiora suor Giuseppina Barbero pronuncia mentre sistema le semplici corone di fiori, rose bianche e rosse, deposte sulla sepoltura. Si è conclusa al tramonto, nel distretto di Kiambu, la lunga giornata di commemorazione funebre per suor Leonella. Nella casa di riposo delle suore della Consolata del Nazareth Hospital. Una sosta per consentire alle dodici anziane consorelle, tra i 78 e 94 anni, impossibilitate a raggiungere la «lontana» Nairobi, di vedere la «loro» Leonella per l’ultima volta.
Una giornata cominciata di mattina presto, sotto un cielo freddo e grigio, nel santuario della Consolata, la parrocchia degli italiani costruita dai padri missionari negli anni Cinquanta dell’altro secolo. Una chiesa che si è riempita così tanto che quasi nessuno ci credeva: un migliaio di persone. Autorità del Kenya, rappresentanti della Comunità europea e delle Nazioni Unite, l’ambasciatore d’Italia Enrico De Maio, ancora increduli per quanto accaduto, responsabili di «Sos children village» a Mogadiscio, dove la suora prestava la sua opera anche nella formazione degli infermieri.
E poi tante le congregazioni religiose rappresentate in Kenya e molti semplici cittadini bianchi e neri, trascinati in chiesa dal cuore. Presente anche l’inviato speciale del g overno italiano per la Somalia, Mario Raffaelli, che fa sapere di un telegramma inviato dalle Corti islamiche somale alla famiglia di suor Leonella e al governo italiano. Ringraziano, le Corti, per il servizio svolto dalla suora in Somalia e aggiungono che «l’omicidio della suora italiana è un atto intollerabile che tende a distruggere il processo di pace». Poi si promette che sull’episodio «verrà fatta chiarezza e ci sarà la dovuta informazione».
Sono tre i vescovi presenti al rito funebre tenuto da monsignor Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio. C’è il vescovo di Muranga, quello di Marsabit e il vicario generale di Garissa al confine con la Somalia. In rappresentanza del nunzio apostolico, assente perché in Europa, c’era il suo segretario.
Nella sua omelia, monsignor Bertin evidenza un particolare e offre una lettura del delitto che gli fa dire che «un nuovo mondo dove si vive in pace e assieme, come quello cercato da suor Leonella, è possibile». E assieme alla figura della suora uccisa, il vescovo di Gibuti fa emergere anche quella di Mohammad Mahmmud, la guardia somala morta per difenderla: padre di quattro bambini. Solo una coincidenza?, si domanda monsignor Bertin che poi entra nel merito della sua osservazione: «La morte di una italiana e la morte di un somalo. La morte di una europea, la morte di un africano. Una bianca, un nero. La morte di una cristiana e la morte di un musulmano. La morte di una donna e la morte di un uomo. Questo ci dice che è possibile vivere insieme, se insieme è anche possibile morire. Vivere insieme nella speranza di un mondo migliore».
Un momento toccante pervade le alte navate del santuario, quando il coro delle novizie della Consolata intona i canti che suor Leonella amava di più e tanti sono stati i volti, anche tra le autorità, che si sono rigati di lacrime. Viene letto il messaggio che il Santo Padre, attraverso il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, ha fatto avere alla superiora generale della Consolata in Italia e nel quale si «invita a prendere esempio da suor Leonella impegnata a favore della vita nascente, barbaramente uccisa. Sua Santità auspica che il sangue versato diventi seme di speranza per l’umanità». All’esterno della chiesa, il libro delle condoglianze si riempie di firme e di messaggi: una partecipazione al dolore che è possibile riassumere in una sola parola, lasciata da un funzionario internazionale musulmano: «Salama». Pace.
Telegramma del pontefice alle consorelle della religiosa uccisa in Somalia *
Suor Leonella: Papa, «Violenza da deplorare»
«Il sangue versato da una fedele discepola del Vangelo diventi la speranza per costruire un’autentica fraternità tra i popoli»
CITTÀ DEL VATICANO - Il Papa «deplora ogni forma di violenza» e «auspica» che, con l’uccisione di suor Leonella Sgorbati in Somalia, «il sangue versato da così fedele discepola del Vangelo diventi seme di speranza per costruire una autentica fraternità tra i popoli nel rispetto reciproco delle convinzioni religiose di ciascuno». Lo scrive Benedetto XVI in un telegramma di cordoglio a madre Gabriella Bono, superiora generale delle missionarie della Consolata, consorelle della religiosa uccisa. Il pontefice inoltre definisce suor Leonella la «compianta religiosa che svolgeva con gioia apprezzata opera al servizio popolazioni somale specialmente in favore della vita nascente e nell’ambito della formazione sanitaria».
* www.corriere.it, 19 settembre 2006
A suor Leonella
Un ricordo della suora barbaramente uccisa in Somalia
di Tusio De Iuliis *
Quando si deve scrivere qualcosa perché una grande persona muore, è difficile, molto difficile, almeno per me.
Suora Leonella, assassinata a Mogadiscio da un gruppo di stupidi fanatici, è la perdita più grande che le donne e i bambini di Mogadiscio potessero mai avere.
Mentre i nostri capi si dannano a emettere sentenze e condanne, o a cercare nuovi nemici, o a crearne se questi mancano; mentre tutti si affannano a buttare benzina sul fuoco dell’odio e della vendetta; mentre noi ci confortiamo nell’odio e nel rancore; calpestiamo anche il suo volere: l’amore profondo che suora Leonella aveva verso l’Africa, verso quei milioni di bambini, di donne e uomini che come in una macchina infernale, muore all’insaputa o nell’indifferenza di questa società troppo distratta e distante.
Suora Leonella amava gli ULTIMI, i diseredati più diseredati, quelli che non hanno nulla, né acqua e né pane, ma che lei sapeva benissimo, meglio di tutti noi messi assieme, come anche loro avessero un’anima e un cuore, il pianto e la felicità, per avere, come noi, gli stessi diritti negati dalla nostra stupidità di svuotare la nostra esistenza e i giorni, di ogni contenuto e di ogni valore.
Quando una grande persona viene a mancare, pare di scoprire “l’originale“ umano, invece siamo solo noi che abbiamo perso anche nel ricordo, la dignità dell’esistenza e la sostanza di vivere.
Mentre lei perdonava anche i suoi assassini e lentamente ci lasciava, le donne somale, tutte, perché tutte la conoscevano e la amavano, rincorrevano gli assassini e li consegnavano alla polizia; esempio difficile anche e soprattutto nel nostro opulento occidente.
Lei amava straordinariamente ed era amata altrettanto straordinariamente.
Le parole e gli impegni confermati dell’assessore regionale alla sanità B. Mazzocca e quelle del prof. Lelli Chiesa mi rincuorano e spero che come loro, nessuno abbandoni la Somalia, le donne e i bambini di Mogadiscio.
Questo è l’atto che suor Leonella avrebbe voluto, ed è questo che la politica dovrebbe riacquistare: l’umanità della concretezza e l’onestà.
Spoltore 19 settembre 2006
*
www.ildialogo.org, Martedì, 19 settembre 2006